Economia
Le piccole e medie imprese si accomodino alla porta... quella dell'export
In un periodo di profonda crisi economica, in cui i consumi alimentari si sono polarizzati, occorre saper sfruttare le opportunità di mercati esteri per far qualcosa in più che stare a galla alla meno peggio. Per aprirsi canali commerciali fuori dai confini nazionali occorre però cominciare a pensare oltre il prodotto
11 novembre 2013 | Alberto Grimelli
Sono un piccolo esercito le 80 mila piccole e medie imprese, impegnate nella produzione alimentare, al netto quindi delle aziende agricole, che ogni giorno faticano a stare a galla.
La crisi economica, secondo i dati presentati nel corso del convegno Italia's food talent, organizzato dall'osservatorio Big&Small, sono tornati indietro di decenni. Il cibo è tornato a occupare una quota esigua della spesa della famiglie, appena il 15%. La crisi ha acuito questa tendenza, facendo calare i consumi, come si evince anche dalla riduzione degli sprechi, e questa è una buona notizia, dai 105 kg del 2006 agli 80 kg all'anno di oggi.
“I consumi si sono polarizzati molto più che in passato – ha spiegato Mauro Loy, patron di Big&Small – non soltanto nell'ottica casa/fuori casa, ma soprattutto prodotti di fascia bassa/eccellenza. In quest'ultima fascia siamo indiscussi leader e abbiamo molti spazi da conquistare.”
A confermare questo legame tra cultura e domanda di prodotti del Belpaese è stato Bruno Colucci di Carniato Europe, azienda che da 30 anni esporta e distribuisce agroalimentare italiano in Francia. “Abbiamo portato oltralpe le nostre eccellenze - ha dichiarato Colucci - e i francesi, nonostante la storica diffidenza e l'attaccamento ai propri prodotti agroalimentari, stanno comunque riconoscendo la qualità del cibo italiano, soprattutto dei formaggi e del vino”. A testimoniarlo i numeri: Carniato distribuisce in Francia 2mila500 prodotti per un fatturato di 57 milioni che è in aumento nonostante la crisi.
“Negli Usa ci sono degli store - ha confermarlo il presidente di Popai Italia, Daniele Tirelli - che propongono nei loro scaffali fino a 900 diverse varietà di specialità italiane, specialità difficili da trovare persino a Milano. Specialità che tra l'altro vengono offerte in ambienti che ricreano l'italianità con musica e immagini e che quindi permettono di fare un vero e proprio viaggio in Italia, puntando sul forte legame tra territorio e prodotto. I produttori e i distributori più bravi trovano quindi delle risposte più che soddisfacenti in America. Per esportare è quindi necessario organizzarsi e utilizzare strumenti adeguati”.
Naturalmente esiste anche la possibilità che i consumatori esteri, attratti dalle prelibatezze italiane vengano nei nostri territori. Si tratta, però, ancora di un'esigua minoranza rispetto al potenziale dei mercati esteri. I dati presentati da Denis Pantini di Nomisma non lasciano scampo: sono 730mila i viaggiatori del gusto che percorrono ogni anno nel nostro Paese solo per motivi enogastromici. Vini e tartufi i prodotti più cercati, il Piemonte la regione più visitata. Il turista enogastronomico, tra l'altro, spende anche bene: 123 euro pro capite durante la vacanza solo per la gastronomia tra gli stranieri. Più tirchi gli italiani: 96 euro.
Ma in quanti e quali alleati può contare una piccola e media impresa italiana che voglia cercarsi spazio nei mercati esteri? Purtroppo molto pochi.
Come hanno ricordato Colucci e Tirelli, è vero che in Italia girano dei “talent's scout” alla ricerca delle eccellenze ma attendere passivamente il colpo di fortuna di una di queste visite non è certo una strategia vincente.
Esiste la possibilità, però, di far leva sulla ristorazione, visto che il “nanismo” e la vocazionalità nazionale della nostra Grande Distribuzione, creano qualche barriera in più per gli scaffali dei supermercati. I 6500 ristoranti che hanno ricevuto il marchio “Ospitalità Italiana” potrebbero essere un buon inizio, se non fosse che non sempre è chiaro, all'estero, cosa si intende per ristorazione italiana. Basta il cuoco? Oppure serve anche la materia prima? Ottimista Alessandra Moneti, giornalista Ansa e coautrice del volume, di prossima uscita, “Ci salveranno gli chef – il contributo della cucina italiana alla crescita del sistema agroalimentare.” edito da Agra Editrice.
Le opportunità ci sono ma sono le 80 mila piccole e medie imprese italiane, gli artigiani del cibo, secondo la definizione della Confartigianato Roma, a essere un po' acerbe. Tanto che il 60% del fatturato e il 72% dell'export è fatto da una piccola quota di aziende, quelle più grandi e strutturate.
Strutturate perchè occorre know how per esportare. Occorre sapere di packaging, comunicazione, legislazione, logistica, amministrazione. Occorrono anche le risorse finanziarie, almeno in fase di start up. “Le risorse strutturali dall'Ue ci sono - ha dichiarato Valerio Valla, founding partner di Studio Valla. - anche se spesso l'Italia risulta in perdita rispetto al contributo che assicura a Bruxelles. Tuttavia anche per questo è necessario cogliere tutte le opportunità possibili, cosa che soprattutto le piccole imprese faticano a fare, perché non hanno la capacità di intercettarle o addirittura non sono a conoscenza della loro esistenza”.
I mercati ci sono ma spesso le piccole e medie imprese, per difficoltà strutturali, non riescono a intercettare una domanda latente, che andrebbe coltivata per farla crescere. Il mondo ama il Made in Italy ma purtroppo non è contraccambiato. Le grandi aziende troppo spesso offrono un falso Made in Italy, costruendo così un gigante con i piedi d'argilla, e le piccole non sono sempre in grado di rispondere alle esigenze di buyer e importatori internazionali.
Accompagnamento all'internazionalizzazione, sotto tutti i diversi aspetti, è quello di cui le piccole e medie imprese hanno bisogno per crescere nei mercati esteri e proprio questa è la mission che si pone il sistema Unica Italia, come ha spiegato Mauro Loy, ideatore di Big&Small e marketing manager di Methos. “La nostra attenzione è rivolta soprattutto alle aziende più piccole - ha dichiarato Loy - che sono anche quelle che trovano maggiori difficoltà a uscire dai confini nazionali”. Unica Italia e le strategie e agli strumenti per l'internazionalizzazione e la crescita verranno presentati a Roma il prossimo 26 novembre, alla sesta edizione di Big&Small dal titolo "Dedicato al futuro".
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