Economia

NEL SUD LE OCCASIONI DI SVOLTA NON MANCANO. OCCORRE INDIVIDUARLE E CREDERCI

Abbiamo incontrato Pasquale Di Lena, già segretario generale di Enoteca Italiana, nonchè fondatore delle associazioni delle Città del vino e dell'olio. Oggi dirige una grande azienda molisana. Partendo da questa realtà produttiva è possibile cogliere alcuni modelli di sviluppo utili per tutto il Meridione, e non solo

21 maggio 2005 | Mena Aloia

Pasquale Di Lena non ha bisogno di presentazioni. Il suo ruolo nell'agroalimentare è ben presente a coloro che soprattutto si occupano di vino e olio. E' stato lui tra i fondatori delle associazioni delle Città del vino e dell'olio. Una strategia che si è rivelata senza dubbio innovativa e determinante. Già, perché si possono ottenere consensi soltanto valorizzando a dovere il territorio, ma partendo dal basso, dalle piccole realtà, dai comuni.



Oggi Pasquale Di Lena ha voluto confrontarsi con la realtà agricola scendendo personalmente in campo quale dirigente di una grande azienda molisana con sede a Petacciato, in provincia di Campobasso. Si tratta della Fattoria di Vaira. Lo spunto dell'intervista è nato da una nota per la stampa diffusa dalla Confederazione italiana agricoltori. "La Cia Molise denuncia la grave crisi dell'agricoltura regionale", è questo il titolo del comunicato. Ma è mai possibile, mi sono detta, che si debba sempre parlare di grave crisi per l'agricoltura? Non è un'uscita recente, suona quanto mai vecchia. Si parla di grave crisi da decenni, ma forse è più corretto dire da sempre.
Perché allora non trovare vie d'uscita?
Ecco dunque l'idea di incontrare Pasquale Di Lena.
Buona lettura.



Da un dispaccio della Cia, emerge una situazione critica per il mondo agricolo molisano. Cosa ne pensa?
La situazione è certamente critica nel suo insieme, un po’ ovunque. Il Molise non può tuttavia fare a meno dell’agricoltura. Come per l’intero Paese, d’altra parte, in termini di salvaguardia del territorio e di ambiente il futuro è nell’agricoltura.

Quali sono i settori in cui suggerisce di poter investire con successo?
Non sono tanto i settori in sé a suggerire investimenti che portino con certezza al successo o meno. E’ più in generale l’agricoltura che deve trovare un proprio modus vivendi, nel senso che deve individuare nuove forme di integrazione del reddito. Questa dimensione deve essere in grado di guardare altrove. L’agricoltura deve andare oltre se stessa. Dovrebbe per esempio puntare allo sviluppo delle varie filiere. Il coltivatore deve cioè essere in grado di organizzarsi in modo nuovo rispetto al passato, deve saperlo fare anche insieme ad altri. L’importanza e il peso delle associazioni, la necessità della cooperazione, sono elementi oggi di grande attualità. Si devono sviluppare le filiere per non cedere mai il valore aggiunto; e nel medesimo tempo, diventa necessario far perno esclusivamente su qualità e tracciabilità delle produzioni.

La nuova Pac può essere considerata come una utile spinta ad agire, ad attivarsi e trovare nuove soluzioni?
Ritengo che quanto stia oggi venendo fuori dall’Europa sia la strada giusta da percorrere. E’ l’agricoltore che si deve però adeguare alle politiche che si stanno formulando. Si tratta di uscire fuori da un passato, e forse ce la possiamo ancora fare. E’ indispensabile tuttavia mettere un po’ da parte la vecchia cultura dell’assistenzialismo. A parte il fatto che oggi il contadino non chiede nemmeno più aiuti, ha paura di rimetterci. Occorre guardare avanti ed entrare in una concezione nuova dell’agricoltura. Sono convinto che il ruolo dell’agricoltura diventerà sempre più centrale; anzi, è proprio il caso di dire che ci troviamo già oggi davanti a un settore di grande attualità.

Lei è a capo della Fattoria di Vaira, sicuramente l’azienda più grande del Molise, sia per estensione in ettari, sia per capacità produttiva su più fronti d’azione. Finalmente, possiamo dire, un’azienda che sarà elemento di traino per altre realtà produttive?
Sì, su questo ruolo di traino non ho alcun dubbio. Da parte delle forze istituzionali della Regione Molise ho trovato la giusta attenzione, come pure dall’università. Parto da un ragionamento di fondo: essendo la Fattoria di Vaira l’azienda molisana più grande, può sicuramente diventare un modello per tutti. E’ molto importante che sui 530 ettari di proprietà si sperimenti qualcosa di utile al territorio. Io ho portato avanti questo progetto di distretto rurale che ho chiamato “terra di solidarietà” e ho trovato una notevole e qualificata attenzione. Ecco, dobbiamo riuscire a far partire questa progettualità, ch’è poi un discorso che include anche altre decine di progetti di prossima realizzazione.

Parliamo degli oli molisani. Perché ancora non decollano?
Intanto bisogna dire che l’olio in quanto prodotto da “promozionare” è ancora giovane. C’è ancora una cultura relegata al passato, dove contano di più le esperienze personali che non l’oggettività. Tutto ciò comporta che in molte occasioni non si riconosca a sufficienza la qualità come tale, al di là dei propri convincimenti. Invece è fondamentale educare alla corretta percezione della qualità. Solo quando si riuscirà a comprendere quale sia effettivamente la vera qualità, si potrà compiere il grande salto. La denominazione di origine protetta può in tal senso risultare molto utile, proprio perché comporta la definizione di un territorio e di conseguenza di certe pratiche culturali e dei processi di trasformazione. Ebbene, con un simile strumento il consumatore può affidarsi con piena fiducia.

La strada dell’imbottigliamento è da considerare ovviamente una carta vincente...
Non si può fare mercato senza imbottigliamento. L’olio, a mio parere, per la centralità di cui vanta nel Molise – essendo la coltivazione arborea più importante e per alcune aree come il basso Molise lo è ancor di più – è un prodotto che diventerà sempre più il testimone del territorio, ancora più del vino.

Sul fronte della qualità si è fatto qualcosa?
Si, sono cambiate le cose negli ultimi anni, anche l’ultimo produttore si è accorto che raccogliendo olive non mature si guadagna in qualità. Certo, non ci si deve mai fermare, ma non c’è dubbio che la cultura dei tempi di raccolta, dei metodi di trasformazione, è sempre più diffusa e questo aiuta molto il conseguimento della qualità. E’ solo la qualità a vincere sul mercato.
Il discorso della scarsa remunerazione esiste, non è facile affrontare il mercato. Altrove esistono costi di produzione più competitivi dei nostri. Inoltre, il mercato premia quel che costa meno. Il tempo tuttavia darà ragione a chi sceglie la strada della qualità, alla lunga si vince.

Per concludere, vista la sua presenza così significativa nel Molise, che prospettive intravede per il breve, medio e lungo periodo?
Sono di prossima uscita alcuni importanti bandi riservati all’agricoltura. E’ un’occasione utile per stimolare a dovere il rilancio del settore. Certo, bisogna stare sempre attenti, il mercato ora premia ora punisce. Se i prezzi per la nuova annata sono peggiori di quelli dello scorso anno, allora si può anche fare anche a meno di produrre. Viene voglia di chiudere. Però non deve essere così. Le soluzioni ci sono, io ho molta fiducia e non c’è dubbio che se arrivano nuove risorse sarà senza dubbio un momento buono per riprendere fiato e riorganizzare il futuro della nostra agricoltura. Futuro che vuol dire ambiente, paesaggio, turismo, tracciabilità, qualità dei prodotti... Facendo un intenso lavoro di ricerca sui prodotti tipici legati al territorio e optando per le denominazioni di origine, tutto può cambiare in meglio. Occorre crederci. Perché per esempio non c’è ancora una denominazione di origine protetta o una Igp per la pampanella di San Martino? Ecco, se non si fa una politica di rilancio del territorio, attraverso la valorizzazione dei suoi prodotti più caratteristici, tutto perde di significato e si scivola inevitabilmente nelle speculazioni. Non bisogna tirarsi indietro, è necessario impegnarsi con piena convinzione e tanta determinazione.

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