Economia
Iva al 21%. Le cifre non tornano
Per alcuni beni alimentari, considerati voluttuari, si avrà l'incremento dell'imposta sul valore aggiunto ma è già scontro su quanto incasserà lo Stato. La protesta delle imprese vitivinicole
10 settembre 2011 | R. T.
E' stata votata al Senato e ci sono poche speranze che la Camera dei Deputati possa agire per modificare la misura dell'innalzamento dell'aliquota Iva dal 20 al 21%.
Un intervento che non risparmia il settore alimentare dove sono colpiti alcuni prodotti che vengono considerati di lusso e voluttuari come le bevande alcoliche, compreso il vino, i tartufi ma anche il semplice sughero.
Ma quanto incasserà lo Stato da questi provvedimenti? Ancora le cifre sono molto oscillanti.
Per Coldiretti vale poco più di 33 milioni di euro per vino e spumanti, ma per Confagricoltura arriva addirittura a 70 milioni. La Cia ha preferito non sbilanciarsi su numeri che appaiono assai contradditori.
“L’aumento dell’Iva - ha dichiarato Lucio Mastroberardino, Presidente di Unione Italiana Vini - rappresenta un ulteriore colpo per il nostro settore già duramente compromesso dalla crisi dei consumi interni e dagli aumenti generalizzati delle materie prime, in particolar modo quelle legate all’andamento dei corsi del petrolio ed energetici (vetro, carta, trasporti). Avere un’Iva al 21%, come fosse un genere voluttuario, mortifica un prodotto di consumo quotidiano, che da secoli è parte della nostra tradizione e che oltretutto è inserito a pieno titolo nella Dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio mondiale dell’Umanità, i cui prodotti tra l’altro scontano tutti un’Iva ridotta del 10% quando non del 4%, come pasta e olio. Se il consumo moderato e ai pasti di vino è considerato salutare dalla letteratura scientifica più autorevole, qual è il senso di scoraggiarlo in questo modo? Siamo l’unico Paese produttore di vino che fa di tutto per non supportare la sua eccellenza. Per questo, - conclude Mastroberardino - Unione Italiana Vini chiede al Governo non solo di far rientrare il provvedimento, ma di pensare seriamente a ridurre definitivamente l’Iva sul vino quanto meno al 10%: un’aliquota non di privilegio, ma assolutamente equa, e che si rifletterebbe positivamente sul carrello della spesa degli italiani, oltre a dare un tangibile segno di attenzione nei confronti di un settore che con i suoi 4 miliardi di euro di fatturato export è uno di pochi in attivo della bilancia agroalimentare, oltre a dare lavoro a oltre 1,2 milioni di persone che ogni giorno, con il loro lavoro, preservano e tutelano il paesaggio italiano dall’abbandono e dal degrado”.
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