Economia

Ancora due anni di sofferenza per il settore agricolo

Secondo il Prof. Giorgio Amadei, presidente dell'Accademia nazionael dell'agricoltua, per il comparto primario i guai non vengono da Basilea 3 o dall'accesso al credito ma dalla crisi

13 novembre 2010 | Graziano Alderighi

Resta da capire quale sarà l’impatto di Basilea 3 sul mondo agricolo di casa nostra.
"Parliamo di un modello di agricoltura a maglie strette, nel senso cioè di superfici poderali decisamente inferiori rispetto ad altre realtà importanti a livello europeo, come Francia e Germania" afferma Giorgio Amadei, già professore della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura.
"Anzitutto, quando parliamo di sistemi di finanziamento all’agricoltura, non parlerei assolutamente di microcredito – premette Amadei -. Alcuni presentano questa forma di credito come una novità del terzo millennio. Non scherziamo, in Europa già nel ‘600 sorsero istituti di credito come i Monti Frumentari, e più tardi, nell’800 sorsero le Casse di Risparmio, le Banche Popolari, le Casse rurali ed artigiane per la raccolta del piccolo risparmio e l’erogazione del credito anche alle piccole imprese, agricole o non agricole. Le Casse rurali, ad esempio, furono fondate da Federico Guglielmo Raiffeisen tra e per le imprese contadine della Prussia e di lì si diffusero anche in Italia, soprattutto alla fine dell’800, per merito di Leone Wollemborg e di don Luigi Cerutti. Tuttora, operano in grande parte del territorio nazionale".

Tornando a Basilea 3 i nuovi requisiti metteranno in tensione gli equilibri delle banche italiane?
"Direi di no. Certo, dobbiamo distinguere fra istituti di credito di grandi dimensioni e il tessuto delle casse di risparmio, delle banche popolari, delle casse rurali e delle altre banche private che presentano un forte radicamento sul territorio. Per le prime forse sarà maggiore la necessità e la difficoltà di ricapitalizzare, ma anche per queste vi è una certa stabilità negli assetti proprietari, assicurata dalle fondazioni bancarie, requisito che garantisce una ragionevole tranquillità"

Cosa invece la preoccupa, guardando l’agricoltura in prospettiva?
"Abbiamo tutti gli strumenti per fare bene e competere, pur dovendo fare i conti con un forte costo del lavoro e con dimensioni aziendali medie spesso insufficienti. Ma possiamo fare leva sulla qualità e sull’immagine del Made in Italy agroalimentare nel mondo, sempre che si riesca a contrastare con maggiore vigore il fenomeno della contraffazione. Il cosiddetto “Italian sounding” penalizza notevolmente le imprese agricole e soprattutto agroalimentari italiane".

Accanto all’agropirateria pesa forse una crisi che l’agricoltura sta ancora subendo …
"Assolutamente. La situazione non è affatto semplice, se osserviamo i dati complessivi del settore. Nonostante qualche rimbalzo positivo dei listini, legato ad una carenza temporanea internazionale di materie prime agricole, amplificata da una forte ripresa dei giochi speculativi, numerose difficoltà stanno penalizzando il comparto almeno dal 2008".

Quali prospettive indica?
"Purtroppo per il momento non vi sono molti segnali di recupero. Alla ripresa dei prezzi dovrebbe corrispondere una ripresa dei consumi, che appare problematica. Inoltre, a questa dovrebbe affiancarsi una ripresa dell’export, che in verità nel primo semestre del 2010 c’è stata, senza peraltro compensare le forti perdite dell’anno scorso. Ci vuole tempo per guarire, ma ci riprenderemo, dopo questa cura dimagrante".

Ma quanto tempo ci vorrà?
"Credo servano almeno quattro anni. Quindi, se prendiamo il punto di tracollo mondiale del 2008, penso che saremo fuori dalla crisi, in via del tutto prudenziale, nel 2012. Sempre che tutto proceda per il meglio e senza intoppi".

Fonte: Veronafiere
Le imprese agricole possono dunque dormire sonni tranquilli per quanto concerne l’accesso al credito?
«Direi di sì, mediamente. Non vorrei sembrare troppo ottimista, visto che l’agricoltura non sta attraversando un momento di grande serenità, ma ritengo che Basilea 3 non influirà negativamente sul settore primario. Almeno non come in altri comparti».

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