Ambiente
Quando sostenibilità non fa rima con buon senso
Se l’ecocompatibilità diventa un business a rimetterci è il paesaggio, la natura e la società. Per Daniele Bordoni voler bene all’ambiente significa tenere conto delle conseguenze dei nostri gesti moltiplicati per molte volte
22 maggio 2010 | Daniele Bordoni

Presi dallâentusiastica esaltazione della sostenibilità , o forse colta lâopportunità di nuovi affari nel settore della sostenibilità ambientale, si sta assistendo, in qualche caso, a delle vere e proprie âsciocchezze ambientaliâ. Facciamo un esempio concreto: Una fabbrica, acciaieria o fonderia dismessa, che, per qualche ragione non si è voluta utilizzare come spazio di socializzazione, museale, congressuale o aggregativo, viene abbattuta. Il terreno potrebbe essere utilizzato con relativamente bassa spesa a verde pubblico in unâarea poco dotata da questo punto di vista. Questa sarebbe la soluzione logica e ambientalmente positiva, ma non redditizia, secondo una visione strettamente economica a breve termine. Ecco quindi lâidea di coprire lâintero spazio di pannelli solari, messi in bella vista davanti al passaggio di tutti, rendendo lâarea una fonte di reddito, ma sottraendo terreno utilizzabile, oltre che creando un danno paesaggistico.
Teniamo inoltre conto che nella zona in questione è già stato ristrutturato un ex-cinema adibito oggi a spazio dâinformazione turistica e che nella stessa area vi sono una scuola professionale alberghiera e una scuola media, oltre ad un torrente alpino. Uno spazio verde completerebbe alla perfezione la zona dandole quel respiro di cui necessita, in una cittadina con pochi spazi aggregativi in quanto risultato di una passata espansione industriale. Lo spazio verde in questione offrirebbe opportunità di comunicazione di relax, di scambio, di socializzazione di cui si sente la carenza. Un altro utilizzo pure interessante potrebbe essere quello di laboratorio agricolo per le scuole che si trovano poco distanti e che rientrerebbe in una linea di riavvicinamento alla terra di cui oggi tutti sentiamo la necessità .
Nel piccolo non ci si rende conto dellâassurdità della scelta, ma immaginiamo che grandi estensioni di terreno vengano sottratte allâutilizzo di colture per essere adibite alla produzione di energia elettrica âpulitaâ. à la stessa cosa che lâutilizzo di grandi estensioni di terreno per lâutilizzo di vegetali per la produzione di etanolo, come carburante âpulitoâ. Si tratta ancora una volta di fare bene la cosa sbagliata.
Tornando al nostro caso, a parte lâevidente problematica paesaggistica, di impatto sicuramente negativo, non si tiene conto del senso della scelta di fondo. Avere a cuore le problematiche ambientali, significa tenere conto di una visione più ampia che non comprende solo ciò che è davanti ai nostri occhi, ma anche delle conseguenze dei nostri gesti moltiplicati per molte volte.
Inoltre la prospettiva del guadagno facile ed immediato è una visione a breve termine, che non tiene conto di prospettive medie e lunghe ed è proprio ciò che ci ha portato alla precaria situazione ambientale odierna. Gli esempi sono numerosi, alcuni, come lâepisodio della petroliera Exxon-Valdez che rischiò di creare un danno irrimediabile in Alaska e oggi quello, ancora più grave, della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico, ancora lontano dallâessere risolto o quello assurdo del Pacific Trash Vortex (il continente della plastica, raccolto dalle coste asiatiche e americane e radunato al centro del Pacifico dalle correnti, che hanno creato un vero e proprio continente alto tre metri e largo quanto il Texas, o, se si prferisce, due volte lâItalia).
Le conseguenze di questi gesti non sono solo ambientali in senso stretto, ma anche economiche. Prendiamo un caso vicino a noi. Nella Pianura Padana Cremonese si coltiva mais da lungo tempo. Oggi coloro che da sempre si dedicavano a questa coltura hanno maggiori difficoltà , in quanto i prezzi dei terreni stanno salendo a seguito della richiesta da parte di aziende interessate allâutilizzo delle coltivazioni per la produzione di bio-carburanti. In una prospettiva più ampia, si osservi come la Cina stia acquistando grandi estensioni di terreno coltivabile in Africa, sottraendolo allâuso alimentare per destinarlo alla produzione di vegetali per biocarburanti. Su scala diversa, con conseguenze ancora più pesanti, ma il discorso è esattamente lo stesso.
Si tratta ancora una volta della stessa questione, analoga a quella di cui si è già accennato in un precedente articolo , in vista della sostituzione dei sacchetti di plastica (da petrolio) a quelli di plastiche biodegradabili ottenute dal mais o da altri vegetali. à la limitatezza della prospettiva, lâincapacità di prevedere quello che potrebbe accadere privando sempre più ampi spazi coltivabili per un utilizzo solo apparentemente favorevole allâambiente, che non tiene conto della sussistenza stessa delle persone.
Alcune delle conseguenze economiche sono drammatiche. Diminuendo il numero delle aree coltivabili per lâalimentazione umana si produce un innalzamento di prezzi, sia dei terreni coltivabili, che dei prodotti stessi. Il risultato è evidente per tutti: coloro che hanno meno mezzi economici saranno i primi a pagarne le conseguenze. Moriranno di fame persone in più e noi non avremmo comunque risolto il problema del carburante, perché lâutilizzo del bio-carburante non si basa su una fonte energetica rinnovabile, ma consuma risorse necessarie. Quindi la soluzione, in prospettiva, non è qui.
Come sempre a questo punto si dice: cosa facciamo quindi? Usiamo il buon senso, lâunica vera fonte energetica rinnovabile, come ha affermato Carlo Petrini, fondatore e anima di Slowfood, durante la presentazione del suo ultimo libro âTerra Madreâ e cerchiamo di applicarlo alle nostre decisioni.
Prendiamo i pannelli solari. Se li poniamo sopra i capannoni industriali, otteniamo un duplice scopo: quello del risparmio energetico sia in termini di CO2 che in termini puramente economici, oltre a non contribuire ulteriormente alla deturpazione paesaggistica.
I bio-carburanti ottenuti da bio-masse di scarto, utilizzando la pulizia del sottobosco o la raccolta del taglio già necessario di vegetali che sarebbero altrimenti destinati allâaccumulo può permettere, con un utilizzo limitato a questo tipo di fonti, un risultato positivo.
Certo è che se vado a coltivare canna da zucchero dallâaltra parte del mondo, oltre a sottrarre terreno allâagricoltura, devo pensare al trasporto qui da noi. Come lo faccio? Con grandi navi cisterna, che per arrivare inquinano quanto e forse più che con utilizzo di carburante derivato da petrolio, senza tener conto del terreno sottratto allâalimentazione umana.
Lo stesso vale per i sacchetti di plastica biodegradabile. Se servono per la raccolta dellâumido e/o per il compostaggio domestico e solo per questo, possono andare bene, ma se invece servono da sostituto per la plastica âeternaâ, allora non andiamo bene.
In altre parole, quasi tutti i casi in questione trovano delle soluzioni possibili e delle altre impraticabili, occorre una visione spazialmente e temporalmente più ampia e non solo la pura attenzione al proprio âorticelloâ a breve termine e senza guardare oltre. à qui sostanzialmente la chiave della sostenibilità : il cambio di prospettive e di filosofia.
Il semplice buon senso è indispensabile, ma non basta. Nel nostro quotidiano, è importante ogni nostro piccolo gesto. Per esempio, cerco di utilizzare meno i cibi confezionati, privilegiando quelli sfusi, per diminuire lâimpatto degli imballaggi, per lo più di plastica. Utilizzo lâauto con raziocinio e non dissennatamente, con danno ambientale, oltre che economico (bilancia energetica, bilancio familiare). Privilegio il cibo naturale, che costa qualcosa in più e che comprerò un poâ in meno, soprattutto prodotti stagionali e non esotici, gettandone via meno. Porrò fine alla civiltà del consumo dissennato e degli sprechi e così via.
Fino ad oggi siamo stati la civiltà del âtutto e subitoâ (mangiare veloce, carriera veloce, denaro facileâ¦..) ora occorre cambiare passo. Occorre iniziare a vedere le cose in una prospettiva diversa. La nostra visione temporale arriva al massimo pochi anni davanti a noi e comunque mai oltre lâarco della nostra esistenza: dobbiamo cambiare e allungare la nostra prospettiva a 100, 150 o 200 anni e forse persino di più. Quello che normalmente facciamo riguarda lo spazio intorno a noi, o vicino a noi, nella nostra Regione, raramente nel nostro Stato: dobbiamo cambiare e guardare a quello che accade a 3, 4, 5, 6 mila chilometri di distanza e riflettere su quali conseguenze produrrà quello che facciamo qui e ora. Dobbiamo iniziare a pensare non solo come singoli individui, ma anche come razza umana, considerandoci parte di un tutto. Quello che accade oggi e che accadrà domani nel mondo riguarda anche noi.
Occorre cambiare filosofia di vita, anche qui guardando alle prospettive dei nostri gesti e non solo allâeffetto immediato, come fa troppo stesso la nostra economia e la nostra politica di Paesi ricchi : Quello che faccio oggi qui ha delle conseguenze domani e altrove.
Le nostre scelte devono iniziare ad essere orientate a prospettive temporali e spaziali di lungo respiro. Noi non vedremo le conseguenze realizzarsi nel tempo, ma le vedranno figli e nipoti e non possiamo lasciare loro lâeredità di un ambiente invivibile e di unâesistenza iniqua e non etica.
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