Ambiente

Sostenibilità e sviluppo. Si guarda alla qualità della vita

Si possono far conciliare le risorse energetiche limitate con i bisogni teoricamente illimitati? Un intervento di Daniele Bordoni fa il punto su una questione molto attuale e dibattuta. La possibile ripresa? Passerà attraverso nuovi orientamenti e un ripensamento degli stili di vita

06 febbraio 2010 | Daniele Bordoni



Alla base di qualunque problema legato allo sviluppo e alla sostenibilità c’è il problema delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie per poterle utilizzare.
Quella più abbondante e teoricamente in grado, attraverso l’utilizzo di un’infinitesima parte del potenziale di risolvere l’intero problema energetico del mondo è l’energia solare. Il problema non è solo la tecnologia necessaria per l’utilizzo, ma anche la volontà politica ed economica per farlo, per cambiare rotta, per riscrivere la storia dell’intero sistema economico.

Ma non basta, l’energia geotermica è anch’essa in grado di risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico e in parte lo sono anche l’energia eolica e quella delle maree. Tutte fonti disponibili, rinnovabili e abbondanti.

Il punto è proprio questo, l’abbondanza: il principio secondo il quale tutto il sistema economico mondiale si basa è quello della scarsità delle risorse. Da tale scarsità scaturisce la necessità di regolazione attraverso la legge della domanda e dell’offerta. Ne consegue che la definizione universalmente accettata di economia sia: “'l'economia è la scienza che studia il modo in cui i mezzi scarsi sono impiegati in usi alternativi al fine di soddisfare al massimo i bisogni dell'uomo".

Si tratta quindi di conciliare risorse energetiche limitate e bisogni teoricamente illimitati. Da qui nasce il mercato, dal baratto al sistema monetario, ai mercati, a cui hanno accesso un numero limitato di operatori. La gente comune, in Paesi sotto la soglia della povertà resta esclusa dall’utilizzo di queste risorse e ha il problema della sopravvivenza.

Cosa accadrebbe se si passasse ad un sistema a risorse illimitate e abbondanti? In tale situazione neppure la definizione di economia sarebbe più valida. Potremmo per intenderci chiamarla la “Non Economia” ( Gli autori del Venus Project la chiamano “Resource Based Economy”: link esterno). L’accesso alle risorse sarebbe teoricamente generalizzato e l’intero sistema di rapporti di quello che in precedenza era definito “sistema economico” andrebbe riscritto.

È difficile affrontare un discorso su queste basi, tanto è radicata in noi la convinzione che lo stato attuale delle cose possa essere corretto, ma non rivoluzionato. In altre parole diamo per scontata la presenza di alcuni elementi, come diseguaglianze, ingiustizie, guerre e crimini, senza mai porci il quesito su come riuscire ad eliminarli.

La sostenibilità non si riferisce solo all’ambiente, ma alla qualità della vita in generale. Le implicazioni di questo nuovo stile di vita sono profonde e non possono essere imposte da nessuno. Occorre fare attenzione non solo agli obiettivi da raggiungere, ma anche al come raggiungerli. Il fine non giustifica i mezzi, anzi il fine è soprattutto nei mezzi impiegati per raggiungere lo scopo.

Le “scelte vere” sono quindi il risultato di un processo, di acquisizione di consapevolezza e di convinzione della strada da percorrere. Non possiamo separare gli obiettivi dai mezzi per raggiungerli, percorso e obiettivo sono legati e imprescindibili.

Se applichiamo questi principi alla sostenibilità, ci accorgiamo che il problema di conciliare la sostenibilità ambientale con la crescita e lo sviluppo, il problema della riduzione o addirittura dell’eliminazione della povertà esiste ed è piuttosto complesso. Comporterebbe una radicale revisione del nostro stile di vita. Occorrerebbe ripensare gran parte di quello che consideriamo normale e scontato. Dovremmo cessare di essere dei consumatori, ma utilizzatori di beni, dovremmo porre l’accento sulla qualità e non più sulla quantità delle cose, sulla crescita personale e non più sulla crescita della ricchezza. La valorizzazione dei rapporti umani resterebbe quindi un elemento irrinunciabile, soprattutto la considerazione che il nostro benessere dipende dal benessere di tutti gli altri.

Non è necessario arrivare a tutto ciò in un solo balzo e del resto sarebbe irragionevole pensare che si potesse fare a breve. Si potrebbe però iniziare a percorrere la direzione giusta. Nei principi della “Decrescita Felice” ( La decrescita felice La qualità della vita non dipende dal Pil,Maurizio Pallante, Editori Riuniti, novembre 2005, Critica sociale, Economia e Finanza etica, Decrescita. Vedere anche il blog link esterno), si fa riferimento ad un mutamento di rotta del pensiero e dello stile vita. Certamente la crescita degli individui non è misurabile attraverso il Pil (Prodotto Interno Lordo, l’indice principale di ricchezza di un Paese).

Si potrebbe anche chiamarla la “Crescita Felice” se si riuscisse staccare il significato della parola crescita dall’accezione economica del significato. Il mutamento richiesto da questa filosofia non è piccolo. Una crescita della conoscenza, piuttosto che una crescita nel possesso di cose, un’alimentazione sana con i ritmi giusti, piuttosto che un frenetico ingurgitare alimenti di scarsa qualità e dannosi per la salute. La lista è lunga: qualità, invece di quantità, tradizione e passato fanno parte del futuro, le mode sono effimere, non identificare il nuovo col meglio ecc.

Il problema è che non abbiamo ancora un termine appropriato a definire la “Non Economia”, quindi ricorriamo ad espedienti retorici come la “Decrescita Felice”, che colpiscono l’immaginazione e accendono l’interesse.

La recente crisi economica ha per la prima volta nel dopo guerra colpito anche le classi medie, precedentemente immuni o comunque poco influenzate dai cicli economici. Ha messo in grave pericolo il sistema economico e monetario, che si è salvato solo attraverso l’intervento concertato degli Stati e l’utilizzo di spropositate quantità di denaro, mostrando il limite del sistema e probabilmente causandone il ridimensionamento.

Oggi abbiamo sempre più l’impressione che la possibile ripresa passerà attraverso un ripensamento di stili di vita e un nuovo orientamento nelle scelte, in una misura che non si era mai vista in precedenza. L’auspicio è che questo possa diventare l’inizio di quel percorso, che pur non portando alla realizzazione delle utopie così come le abbiamo immaginate, sia l’inizio di qualcosa di nuovo e originale. Del resto senza sogni, come si può aspirare a raggiungere qualcosa?

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