Ambiente

La subsidenza della laguna di Venezia e del delta del Po

L’Istituto di scienze marine del Cnr in un recente studio evidenzia una significativa eterogeneità nella perdita di altimetria del suolo rispetto al livello del mare in questi vulnerabili ecosistemi. La laguna e la città sono stabili, il fenomeno aumenta nel sistema deltizio fino a 20 mm all’anno. Le bocche di porto della laguna, relative al progetto MoSE sperimentano cedimenti di oltre 30 mm/anno, la centrale elettrica di Porto Tolle di oltre 15 mm/anno

01 giugno 2016 | C. S.

Venezia è la città più nota nel mondo riguardo alla problematica della subsidenza relativa o Relative Land Subsidence, cioè la perdita di altimetria del suolo rispetto al livello del mare dovuta alla combinazione di subsidenza (abbassamento del terreno) ed eustatismo (innalzamento del mare). Laguna e delta del Po rappresentano quindi ecosistemi molto vulnerabili: la pianura costiera che li circonda è generalmente soggiacente il livello marino, anche di oltre 4 metri e il rischio idrogeologico e ambientale associato è particolarmente elevato, con rischi di inondazione e desertificazione. L’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) di Venezia e l’Università di Padova sono impegnati nello studio e nel monitoraggio della subsidenza di quest'area da oltre 40 anni.

L’articolo ‘Combining L- and X-Band Sar Interferometry to Assess Ground Displacements in Heterogeneous Coastal Environments: The Po River Delta and Venice Lagoon, Italy’ illustra il metodo innovativo che combina diverse tecniche. “Lo studio evidenzia, ancora più che le analisi eseguite negli anni passati, la significativa eterogeneità delle velocità di subsidenza a scala regionale e locale”, spiega Luigi Tosi dell’Ismar-Cnr. “Dal settore centrale della laguna, stabile, il fenomeno aumenta in direzione nord e sud, con valori massimi nel delta del Po. A scala locale, i valori possono raggiungere 8 mm/anno nel bacino lagunare di Venezia e 20 mm/anno nel delta; le aree agricole prossime alla costa sono soggette a valori tra 2 e 10 mm/anno”. Questi e altri risultati sono stati discussi al '2 Workshop on Coastal Susbidence' che ha visto riuniti in questi giorni a Venezia i maggiori esperti al mondo di subsidenza costiera.

La città di Venezia è caratterizzata da una relativa stabilità. “La subsidenza media è di 1,2 mm/anno, con alcune zone localizzate in cui sono stati misurati valori di 2-4 mm/anno. Tuttavia l’altimetria del suolo cittadino rispetto al livello del mare, ormai molto ridotta, la rende estremamente vulnerabile ad ulteriori abbassamenti, anche minimi”, avverte il ricercatore. “Le recenti costruzioni alle bocche di porto della laguna, relative al progetto MoSE attualmente in fase di completamento, sperimentano cedimenti considerevoli di oltre 30 mm all’anno”.

L’approccio multi-banda è risultato di particolare efficacia, ottenendo elevata risoluzione dall’utilizzo combinato di immagini dall’interferometria Sar (Synthetic Aperture Radar), tecnica per rilievi altimetrici in uso sin dal secolo scorso ma le cui applicazioni sono notevolmente migliorate. “La tecnica Sar-Psi (Persistent Scatterer Interferometry) in banda X consente di individuare un numero di punti misurabili sulle singole strutture e aree urbane con densità e precisione elevate, la

Sar-Sbas (Short-Baseline Sar Interferometry) in banda L permette di acquisire informazioni sugli spostamenti in aree umide e vegetate”, prosegue Tosi. “Così, per la prima volta, è stato osservato come la subsidenza delle aree naturali o agricole sia diversa da quella dei rilevati arginali (strade e corsi d’acqua) che le attraversano. Al margine settentrionale della Laguna la subsidenza delle aree naturali è circa doppia di quella dei corpi arginali (fino a 7 mm/anno contro 4), mentre nel delta del Po il comportamento è opposto, con le strutture antropiche che risentono di una subsidenza maggiore delle zone coltivate. Ad esempio la centrale elettrica di Porto Tolle è caratterizzata da cedimenti che superano i 15 mm/anno”.

Tali variabilità e peculiarità sono il risultato dei vari fattori geologici e antropici, quali la presenza di suoli di recente deposizione e i prelievi d’acqua di falda. Per questo la quantificazione dei movimenti è ancora una sfida da affrontare che aumenta la difficoltà di calibrazione dei risultati dei metodi Sar. La ricerca è finanziata dal Progetto Bandiera 'Ritmare-La ricerca italiana per il mare', i risultati del monitoraggio sono ottenuti processando le immagini acquisite dal satellite Cosmo-SkyMed (banda X) dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) e dal satellite Alos-Palsar (banda L) dell’Agenzia spaziale giapponese Jaxa. “L’aumento del numero di informazioni acquisite con l’approccio multi-banda integrato consente una più dettagliata quantificazione del processo e una più precisa interpretazione delle cause e dei meccanismi”, conclude il ricercatore Cnr. “Un metodo che offre quindi uno strumento potente per un monitoraggio affidabile e preciso che si auspica continui soprattutto in previsione degli scenari di incremento del livello del mare ipotizzati per i prossimi anni. Infine, i risultati offrono una base per valutazioni qualora si intendano attuare estrazioni di acqua dolce e idrocarburi dal sottosuolo lagunare”.

 

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