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La lotta contro la peronospora, tra speranza genetica e nuovi formulati

L’efficacia dei comuni fungicidi per il controllo di Plasmopara viticola diminuisce quando gli stessi formulati commerciali sono applicati per diversi anni. Occorrono nuovi agrofarmaci ma il futuro è la genetica

26 giugno 2010 | Ernesto Vania

L’efficacia dei comuni fungicidi per il controllo della peronospora (Plasmopara viticola) sulle viti diminuisce quando gli stessi formulati commerciali sono applicati per diversi anni.

In una ricerca condotta da un team spagnolo, guidato da Gonzalez-Rodriguez, è stata valutata l’efficacia di cinque formulati commerciali, aventi cinque nuovi principi attivi: piraclostrobin, famoxadone, benalaxyl-M, iprovalicarb e benalaxyl.

Le prove sono state eseguite su un vigneto sperimentale a bacca bianca.

Dalla sperimentazione risulta che i principi attivi che meglio hanno controllato la peronospora sono il piraclostrobin e il benalaxyl.

Dopo il trattamento le uve bianche sono state vendemmiate e è stato studiato il destino di tali fungicidi dalla vite al vino.
La vinificazione in bianco consentiva l’eliminazione dei residui dei fungicidi a percentuali molto elevate, vicine al 95%, con l’eccezione dell’iprovalicarb (45%).

Le concentrazioni nel vino bianco filtrato si avvicinavano o erano inferiori a 0.01 mg/litro per tutti i fungicidi esaminati con l’eccezione dell’iprovalicarb e del fludioxonil. Al contrario i principi attivi ritrovati a dosaggi inferiori sono stati il famoxadone e il cyprodinil.

Ma per il futuro la speranza è la genetica, trovando vitigni che meglio reagiscono e tollerano attacchi di peronospora anche consistenti.
Una ricerca internazionale, che ha visto coinvolti anche italiani, ha infatti scoperto, basandosi su selezioni di incroci tra Chardonnay e Bianca un locus, situato in un intervallo 2.9 cM del locus Rpv3 sul cromosoma 18, responsabile per l’avvio della risposta ipersensibile (HR) nei siti di infezione entro due giorni dall’inoculo.

Ovvero nelle piante che hanno i geni ricompresi in questo locus attivi la necrosi localizzata era la differenza fenotipica più precoce rispetto agli individui suscettibili, non arrestava la crescita del patogeno, ma era associata ad una significativa riduzione della manifestazione del patogeno e dei sintomi della malattia.

E’ stata inoltre osservata una forte correlazione tra la capacità di una piantina da seme di instaurare una risposta ipersensbile in condizioni sperimentali controllate e la resistenza quantitativa della pianta adulta esposta a infezioni naturali in campo, espressa dal numero di foglie con sporulazione fungina, nel corso di due anni consecutivi di osservazione.

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