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LO SPRINT DEL VINO ITALIANO NEGLI USA SI E’ FERMATO. IL NOSTRO PAESE E’ STATO SORPASSATO DALL’AUSTRALIA

Continua la crescita dell’export Made in Italy ma l’Australia sorprende con performance eccezionali (+14%). L’Italia non ha perso la leadership ma l’exploit dei Paesi emergenti deve far riflettere

29 aprile 2006 | Ernesto Vania

Sul mercato statunitense per la prima volta le esportazioni di vino australiano con una crescita record del 13,7 per cento sorpassano in valore quelle Made in Italy che pure aumentano a un tasso del 7,9 per cento. Questi i dati dell’Italian Food & Wine Institute relativi al gennaio 2006, in occasione della diffusione delle analisi Istat sul commercio estero con i paesi extracomunitari.

L'Italia mantiene una quota di mercato rilevante, pari al 29,1%, che consente di mantenere saldamente la leadership tra i vini stranieri davanti alla Francia.
Aumenta tuttavia l'interesse per i nuovi paesi produttori come l'Australia che, con una produzione pari a 13,3 milioni di ettolitri, ha adottato una strategia di esportazione aggressiva fondata anche su prezzi contenuti, che già in passato aveva consentito per un breve periodo un sorpasso anche se solo in termini quantitativi.
Nonostante i notevoli progressi nelle produzioni locali nel gennaio 2006 i cittadini statunitensi hanno consumato più vini stranieri con un aumento della spesa del 10,1 per cento rispetto all'anno precedente.

Il fattore prezzo è decisamente importante, considerando che l’economia Usa, pur solida, non viaggia ai ritmi di crescita di qualche anno fa.
Competere tuttavia solo sul prezzo, per la viticoltura del Vecchio Continente, risulta controproducente, non disponendo della struttura ecomonico-sociale-aziendale per operare in questo senso.
Dopo aver a lungo cavalcato e utilizzato alcune formule di marketing e di produzione particolarmente azzeccate, le denominazioni d’origine e un certo european style del vino, l’aggressività e l’uso improprio di alcune menzioni geografiche, oltre che una diffusione delle tecniche agronomiche e di cantina per creare vini omologhi a quelli Ue, ha reso più difficile e ostico affrontare i grandi mercati esteri, primo fra tutti quello Usa.
Occorre quindi una riforma dell’assetto e del sistema vitivinicolo europeo, occorrono nuove “ricette”, uno sforzo di fantasia perché le aziende possano disporre di nuovi strumenti di marketing e di sistemi di differenziazione forti e irriproducibili.

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