Mondo Enoico 04/03/2016

Il mondo del vino si confronta sulle nuove prospettive della ricerca

Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro Paese


Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l’utilizzo degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande impegno alla ricerca.

Il CREA, il più importante ente di ricerca agroalimentare italiano ha organizzato oggi presso la sede del CREA Viticoltura, a Susegana (Treviso), un incontro in cui il mondo del vino (produttori, istituzioni, ricercatori), moderato dalla prof.ssa Alessandra Gentile, commissario delegato CREA, si è confrontato proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle produzioni vitivinicole. Hanno partecipato, tra gli altri, Vasco Boatto – Università di Padova; Fabio Brescacin – Presidente Ecornaturasì; Oscar Farinetti – Vino Libero; Angelo Gaja – Viticoltore; Stefano Masini – Coldiretti; Mario Pezzotti – Vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria; Cinzia Scaffidi – Slow Food; Attilio Scienza -Università di Milano; Arturo Stocchetti – UVIVE; Domenico Zonin – Unione Italiana Vini. E, a testimoniare l’attenzione delle Istituzioni locali e nazionali, l’intervento dell’Assessore all’Agricoltura del Veneto Giuseppe Pan e le conclusioni del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.

Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro Paese. Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più attenzione al vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati radicali, gestione della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise).

Ma è la genetica che può giocare un ruolo essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di miglioramento genetico è possibile accelerare enormemente i tempi imposti dalle tecniche tradizionali (incrocio, selezione e mutagenesi). Queste nuove acquisizioni consentono di affrontare il miglioramento varietale, mediante l’uso di tecnologie che consentono di mimare quello che avviene attraverso l’incrocio o la mutagenesi , da sempre applicati alla vite, ma con tempi ridotti ed efficienza elevata.

Le prospettive della ricerca sono talmente interessanti che il Ministero delle Politiche Agricole, con un notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento specifico per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra cui la vite.

“Le ricerche che vogliamo intraprendere – ha affermato Salvatore Parlato, commissario CREA – permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso breve, ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più “naturale” possibile. E’ una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie genetiche. L’obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte della nuova via della viticoltura italiana”.

di C. S.