Mondo Enoico
Il mal dell'esca della vite non va sottovalutato anche se i sintomi sono episodici
Resta un'emergenza da gestire in vigneto con accortezza e con la testa. L'esperienza di questi anni ci dice che occorre organizzare la potatura fin dall’impianto in modo da attuare una potatura “conservativa”
18 aprile 2014 | Giancarlo Scalabrelli
Nella potatura del vigneto, niente può essere affidato al caso. Mi sembra opportuno segnalare il problema preoccupante del Mal dell’esca, che rischia di mettere in crisi i nostri vigneti se non si eseguono razionalmente le pratiche colturali e si corre tempestivamente ai ripari. Si tratta di una malattia complessa che una volta colpiva solo le viti più vecchie, ma che adesso si manifesta anche in quelle più giovani. I sintomi classici si avvertono con l’ingiallimento o l’arrossamento seguito da necrosi delle foglie (tigrate), oppure con il disseccamento improvviso delle piante (colpo apoplettico), che in genere avviene nel mese di luglio e può portare alla morte l’intera pianta. La produzione del vigneto viene irrimediabilmente compromessa e anche se le viti apparentemente si riprendono, negli anni successivi manifestano nuovamente i sintomi.
Gli studi compiuti hanno evidenziato la presenza di più agenti fungini e anche più manifestazioni sintomatologiche che si registrano a partire dalle piante giovani (Esca giovane), oppure su piante adulte (Esca propria) o su piante vecchie (carie bianca), ciò indica un complesso di malattie che è assai difficile da fronteggiare in quanto non esistono ad oggi metodi curativi affidabili. Cioè una pianta ammalata non si può curare, ma si può solo cercare di prevenire e limitare la sua insorgenza. Nei vigneti che mostrano i sintomi sopraindicati sono stati rinvenuti una serie di agenti fungini che sono presenti anche nelle viti non sintomatiche, rendendo difficile la interpretazione sulle cause che possono determinarla comparsa di questi sintomi. Pertanto, è importante rendersi conto tempestivamente nel proprio vigneto, anche se di giovane età, quando e come si registrano i primi sintomi. La determinazione andrebbe fatta da esperti che possono avvalersi anche di esami di laboratorio. Allo stato attuale non bisogna sottovalutare la comparsa anche episodica dei sintomi per poter mettere in atto una serie d’interventi per fronteggiare questa emergenza.

Nel nostro territorio i vigneti vecchi sono ormai pochi, ed è per questo che se vogliamo garantire una lunga durata al vigneto bisogna essere prevenire il manifestarsi nei nuovi vigneti, poiché dobbiamo assicurare loro una lunga durata, non solo per diminuire i costi di ammortamento ma perché soltanto i vigneti vecchi possono garantire un vino di elevata qualità, come ormai dimostrato dall’esperienza che abbiamo maturato in vigneto.
Quindi potare bene, nel rispetto del sistema conduttore della vite, individuare le piante infette, potarle separatamente e disinfettare i tagli di potatura sono requisiti indispensabili per diminuire il rischio di contagio delle viti sane e preservare il vigneto dal decadimento, sono attività praticabili dalla maggior parte dei viticoltori.
L’esperienza che abbiamo accumulato in questi ultimi anni indica che occorre organizzare la potatura fin dall’impianto in modo da attuare una potatura “conservativa” e proseguire con tagli che non possono essere affidati al caso. L’utilizzo delle macchine e la necessità di risparmiare sui costi di potatura ha indotto a utilizzare agevolatrici e forbici pneumatiche che diminuiscono la fatica dell’operatore consentendo di fare tagli più grossi, che possono essere dannosi. Inoltre, sempre più spesso la potatura è affidata a mano d’opera esterna che non sempre la esegue in modo razionale.
Potare bene allunga la vita del vigneto, dice uno slogan, a cui aggiungo: “non si pota con le mani, ma con la testa”.
Sarebbe opportuno che i viticoltori, magari in forma associativa, prendessero in seria considerazione la possibilità di affrontare adeguatamente questa emergenza con la dovuta attenzione..
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