Mondo Enoico

Quando l'irrigazione della vite diventa una tecnica qualitativa

Presto anche i disciplinari più intransigenti dovranno prendere atto della necessità dell'irrigazione, almeno quella di soccorso. Come gestire un vigneto in deficit idrico controllato

11 maggio 2013 | Alberto Puggioni

NETAFIM

Le annate 2011 e 2012 hanno lasciato, in diverse aree produttive italiane, il segno. Piovosità scarsa se non assente, picchi termici, ventilazione dai quadranti meridionali, hanno esasperato il comportamento climatico verso scenari preoccupanti che si sono riflessi sulla qualità delle uve e dei vini. Anche regioni che non hanno patito danni tali da pregiudicare l’annata si stanno interrogando, già dallo scorso autunno, sulle opportunità offerte delle moderne tecniche di micro irrigazione del vigneto attraverso la somministrazione a goccia, anche di solo soccorso.

Una semplice circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (a firma del Direttore Generale Stefano Vaccari) ha di recente, finalmente, chiarito un concetto noto ai più, ma non ad alcuni funzionari ispettivi: e cioè che l'irrigazione di soccorso, quando le condizioni dell'annata la richiedono, NON è una pratica di forzatura ma un mezzo per evitare la morte delle piante, il crollo della produzione e il peggioramento qualitativo del prodotto. Perciò non esiste alcun motivo razionale per considerare tale pratica incompatibile con la produzione di vini a denominazione, anche quando non prevista dal disciplinare, purché usata correttamente.

Una corretta restituzione idrica, commisurata ai fabbisogni fisiologici minimi della vite, ha, infatti, effetto positivo sulla qualità dei mosti e quindi dei vini. Le moderne tecniche di controllo dei livelli di stress idrico sono parte degli strumenti a disposizione della viticoltura di qualità e dell’enologia mirata alla valorizzazione espressiva varietale, e consentono il mantenimento degli standard minimi di qualità attesi, necessari per una presenza competitiva sui mercati.

Si sta consolidando la ricerca di tecniche irrigue mirate che, se da un lato nascono dalle medesime considerazioni fisiologiche di partenza, dall’altra permettono di evidenziare comportamenti differenti secondo la tecnica colturale, degli obiettivi produttivi e del microclima delle diverse zone. La cosa, ovviamente, non stupisce più di tanto in linea generale, quanto invece è da apprezzare l’elevarsi della tecnica microirrigua a goccia da pratica saltuaria di soccorso, o di emergenza, a vera e propria pratica agronomica con precisi obiettivi produttivi e specifiche tecniche di applicazione.

È dimostrato che il mantenimento di uno stato idrico minimo nella vite è funzionale al corretto completamento della maturazione fisiologica e tecnologica, ovvero non solo zuccheri e acidità ma anche sostanze fenoliche e aromatiche. Una delle tecniche è lo stress idrico sostenuto che si basa sul mantenimento di un regime irriguo limitativo (minimo) costante durante tutto il ciclo colturale e determina un interessante miglioramento qualitativo della produzione e i risparmi idrici maggiori del 50%. La gestione dell’acqua permette di controllare diverse variabili anche utilizzando le tecniche di deficit idrico controllato che è quella tecnica di programmazione irrigua la quale tende a limitare la disponibilità idrica entro particolari fasi fenologiche: Allegagione, Inizio sviluppo grappoli e Invaiatura. Permette un importante risparmio idrico nell’ordine del 40-50%, migliora la qualità della produzione con una riduzione rispetto al pienamente irrigato. Pertanto e possibile fare una programmazione d’irrigazioni qualitative a basso volume, ravvicinate nel tempo, commisurate alla fase fenologica e alle variabili condizioni pedo-climatiche; meglio sarebbe monitorare lo stato idrico della vite.

Nel recente passato si è spesso guardato positivamente a condizioni microclimatiche che inducono stress nelle viti, in alcuni areali (micro climaticamente vocati) il ripetersi cadenzato di determinate condizioni è segnalato come storicamente favorevole all’induzione di livelli contenuti di stress, con effetti positivi registrati sulla qualità dei frutti, di conseguenza del mosto. Questo, come sappiamo, non vuol dire che qualsiasi livello di stress sia sempre gradito. Si aggiunga che l’imprevedibilità caotica del clima sta scardinando la ripetibilità delle condizioni suddette. Lo "stress idrico" della vite si determina tutte le volte che la disponibilità d’acqua della riserva idrica del suolo risulta inferiore alla richiesta evapotraspiratoria dell'apparato fogliare della pianta. Questa condizione è poco frequente nel periodo primaverile, fino alla fioritura e successiva formazione dell'acino, per la presenza di riserva idrica naturale nel suolo e di apporti pluviometrici caratteristici del periodo. Molto spesso, invece, si verifica stress nel periodo che va dall'inizio dell'ingrossamento dell'acino fino all'invaiatura. Non inganni, quindi, che primavere ricche di precipitazioni possano essere sufficienti a garantire ovunque una buona stagione produttiva. Il terreno, vera discriminante per quanto riguarda la possibilità di accumulare riserve idriche in campo, gioca un ruolo chiave del quale bisogna tenere conto. Siamo quindi di fronte ad un problema da molteplici sfaccettature: non possiamo guardare un singolo aspetto, ma dobbiamo sviluppare una visione d’insieme, considerando ambiente, condizioni pedo-climatiche, vitigno, porta innesto, quantità idrica da restituire, fisiologia, attese produttive, standard qualitativi, ecc. Non possiamo limitarci ad irrigare solo per soccorrere (nell’eventualità meglio sempre disporre di impianto a goccia ad alta uniformità).

Parlando d’irrigazione qualitativa la gestione dovrà essere meticolosa, come evidenziano le prove sperimentali, con strategie irrigue a bassissimo impatto, in Deficit o Stress Idrico Controllato. Questa strategia è uno strumento tecnico di alto profilo adatto a tutte le aree viticole e capace di soddisfare le attese sia produttive che, soprattutto, qualitative, dal momento che l’irrigazione in deficit o stress idrico controllato pone la pianta in condizioni simili a quelle delle annate asciutte, evitando stress prolungati che possono comportare una riduzione di produzione e qualità causata da un’insufficiente elaborazione fotosintetica.

In concreto, occorre portare le viti a una condizione di stress idrico per poi reintegrare una quantità d’acqua programmata con irrigazioni pianificate. Influenzando lo sviluppo della bacca per avere un rapporto buccia/polpa vantaggioso, in termini di maggiore disponibilità degli antociani, e inducendo la pianta, nel contempo, a risparmiare sulle risorse da investire in germogli. Si può quindi intuire come, in zone viticole provviste d’impianti irrigui, sia facile ottenere vini d’ottima qualità. Vini d’alto livello si ottengono da uve provenienti da piante gestite mantenendo questo speciale e delicato equilibrio durante le fasi di crescita della vite. La pratica del soccorso quindi non è più un reato, se mai lo è stato, può essere realizzata in maniera più razionale (senza apporti eccessivi a stress prolungato già in atto) ed è possibile programmare le irrigazioni qualitative sfruttando la fisiologia della pianta in modo da migliorare la qualità del mosto che portiamo in cantina. Un miglioramento inteso come ricchezza organolettica e come equilibrio tra i diversi elementi chiave come, per esempio, acidità e contenuto in zuccheri.

Le competenze acquisite da NETAFIM nel corso degli anni e l’ampia gamma dedicata di soluzioni, rappresentano la miglior garanzia per un prodotto di qualità e per una gestione razionale dell’irrigazione finalizzata ad ottimizzare l’uso dell’acqua in termini d’efficienza e costi. Con strategie irrigue mirate al controllo dello stress idrico e alla preservazione delle ottimali condizioni d’umidità del terreno, NETAFIM offre soluzioni su misura che assicurano la qualità desiderata e il mantenimento delle attese produttive.

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