Mondo Enoico
In vigna l’innovazione è possibile. Anche con il sistema dei microsatelliti
In occasione dell’edizione numero 66 del congresso nazionale di Assoenologi a Orvieto, è stato affrontato il tema dei controlli in vigna e in cantina. L’enologo oggi è in grado di poter guardare lontano, ed è il caso di spingere le aziende vitivinicole a confrontarsi sempre più con la rete di conoscenze acquisite nel corso degli ultimi anni
24 settembre 2011 | Carlotta Baltini Roversi
L’ultimo numero del mensile “L’enologo”, organo ufficiale dell’associazione enologi enotecnici italiani, mette in giusta evidenza il frutto dei lavori della edizione numero 66 del congresso nazionale dei tecnici del settore vitivinicolo, incontro che si è svolto dal 9 al 12 luglio a Orvieto. Si tratta di un’opera davvero meritoria, quella degli enologi, possiamo dirlo senza alcuna ombra di dubbio, visto che conosciamo molto bene l’importanza e la centralità del ruolo di una categoria professionale di primo piano, per un ruolo che di decennio in decennio sta assumendo sempre più una valenza determinante.
Veniamo tuttavia a un aspetto in particolare, ai lavori inerenti la prima sessione del congresso, riguardanti un tema da non sottovalutare, ovvero le più recenti ricerche dsulla innovazione del controllo in vigna e in cantina. Va detto che di passi in avanti ne sono stati fatti, e di significativi. L’obiettivo è il controllo della qualità, come pure la gestione di tale qualità. Nel vigneto, tramite dei detector ottici; mentre in cantina entra in gioco la possibilità di monitorare i processi, e in special modo le fermentazioni, favorendone così la loro regolarità e di conseguenza il risultato finale. L’Assoenologi ha contribuito a fare la propria parte in maniera autorevole, puntando su temi oggi di grande attualità, tanto arrivare a mettere a disposizione, nel loro sito internet, nella sezione b2b i power point delle relazioni di tutti gli intervenuti.
La rivista “L’enologo”, occorre darne atto, si sta dimostrando un grande strumento di comunicazione, tanto che ci pare giusto segnalarla ai tanti produttori vinicoli, anche se non enologi di professine, in modo che si aggiornino attraverso la consultazione di fonti autorevoli sulle quali è bene soffermarsi. E così, come al solito, tornando alla questione delle innovazioni di controllo, va precisato come queste in fondo nascano sempre da situazioni di emergenza. Nel corso del congresso il presidente Giancarlo Prevarin ha precisato che gli enologi sono chiamati in prima persona a lavorare con l’annosa questione delle contraffazioni. E infatti il tema delle innovazioni di controlo nasce proprio dall’esigenza di dare risposte concrete ed efficaci ad alcuni casi sconcertanti, come per esempio è stato il giro d’affari sul falso Amarone, per una truffa di oltre un milione di bottiglie destinate al mercato danese.
La necessità di garantire la certezza dei vini messi in bottiglia diventa una priorità asoluta e gli enologi in questo senso sono le figure giuste per vigilare e agire prontamente, in modo da arrivare a “normare” i controlli, in particolare quelli relativi all’analisi varietale. “Per mettere a punto gli strumenti – ha precisato il presidente Assonenologi Prevarin – è necessario un impegno collaborativo congiunto tra i diversi attori della filiera vitivinicola e degli organi di controllo, e, allo stesso tempo, si deve lavorare alla realizzazione di metodologie di analisi di valenza più generale”.
Difendere i nostri vitigni da possibili abusi deve essere un proposito costante. In Italia il Cra-Vit di Conegliano ha il compito istituzionale di conservare e aggiornare il Registro nazionale delle varietà di vite. Secondo dati recenti, del mese di giugno 2011, ci sono nel nostro Paese ben 422 varietà di vino. Avere la certezza varietale rappresenta un fatto fondamentale da cui non si può prescindere, perché rappresenta “la pietra angolare del sistema” – si legge nella rivista “L’Enologo” – per poter svolgere e realizzare un programma di produzione di qualità. L’ampelografia è una scienza che va continuamente aggiornata. Si passa da ooservazioni visive ad analisi strumentali sempre più complesse e nuove e più specifiche. Diversi i metodi di approccio sin qui utilizzati, dalle schede ampelografiche all’ampolometria, dall’analisi dei metaboliti secondari all’analisi elettroforetica di sistemi isoenzimatici, dalla spettrometria di massa all’analisi del Dna. Quest’ultimo metodo, più recente, è il più sicuro, un po’ come se fosse la prova del nove. Ci sono diverse specifiche utili per ottenere il fingerprinting dei diversi vitigni, e ora si arriva perfino a sequenziare completamente il Dna di un vitigno. In più c’è da segnalare il sistema dei microsatelliti. Intanto l’obiettivo non ancora raggiunto è di poter caratterizzare tutti i cloni a livello di Dna. La prospettiva che guarda al futuro punta alla possibilità di apporre per ogni vitigno o clone una sorta di codice a barre basato su parti di geni. Vedremo.
Nel frattempo il Cra-Vit di Conegliano sta lavorando alacremente, allestendo due database che ci si augura possano essere on line entro fine anno. Il primo, più adatto ai produttori, troverebbe ospitalità nel registro Sian-Mipaaf ed è relativo alle varietà iscritte al Registro nazionale delle varietà di vite; il secondo, più scientifico, (Identivit) è espressamente rivolto ai ricercatori. Ciò che non deve mai essere sottovalutata, è la centralità dei vitigni e la loro corrispondenza a quanto indicato in etichetta: là dove si ritiene che la purezza varietale sia un elemento distintivo, non si può non favorire la messa a punto di metodiche adatte a verificare tale indicazione varietale in etichetta.
La qualità dei vini come ben sappiamo è notevolmente migliorata, ma la possibilità di migliorare i processi, soprattutto nel corso delle fermentazioni, favorendone regolarità e risultato, diventa un passaggio cruciale da percorrere in vista di una continua evoluzione della sxienza enologica. L’obiettivo è il monitoraggio a distanza della qualità del vino in cantina, sia per ciò che concerne aspetti più semplici come temperatura, livello e densità, sia altri apsetti, più complessi, come la presenza e la concentrazione di molti analiti. Un decisivo passo in avanti – secondo Tommaso Bucci – può delinearsi con l’introduzione a bordo del fermentino di un’evoluzione dell’analizzatore FT-IR, in grado, con opportune banche dati di misurare una ventina di parametri. Per ora si va avanti senza sosta, e finora l’unico neo da superare sono gli alti costi di certe tecnologie. L’analizzatore FT-IR, tanto per fare un esempio, costa quanto o poco più del fermentino stesso. E anche in questo caso, vedremo gli sviluppi della nuova scienza enologoca. Si va sempre avanti, ma occoorre anche che ci sia un’etica del produrre che non deve mai venire meno.
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