Mondo Enoico

Ridurre gli eccessi erbacei nei vini è possibile

Le metossipirazine sono componenti aromatiche che, in quantità troppo elevate, possono risultare sgradite. Meglio intervenire in campo che non in cantina

02 aprile 2011 | Graziano Alderighi

I composti della pirazina sono componenti molto importanti del flavor negli alimenti.

Le pirazine sono state identificate per la prima volta in uno studio sulla frazione volatile delle uve Cabernet Sauvignon, sinora sono riportate in diverse altre varietà a frutto bianco e colorato, tra cui Cabernet Franc, Merlot, Pinot Noir, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Riesling. 

Nel vino questi composti costituiscono un ristretto gruppo di odoranti estremamente potenti in quanto sono dotati di una soglia di percezione estremamente bassa (10 ng/L in vino). 

Le metossipirazine del vino, in particolare, sono reponsabili dei sentori olfattivi erbacei  di peperone verde, asparago, patata cotta, fagiolini cotti, toni terrosi. La 2-metossi-3-isobutilpirazina è responsabile dell’odore di peperone verde mentre la 2-metossi-3-isopropilpirazina di un odore gradevole e alcolico.

Associabili al frutto non maturo, risultano spesso poco gradite al consumatore. La più importante è la 3-isobutil2-metossipirazina (IBMP). Secondo alcuni autori talvolta anche la 3-isopropil-2-metossipirazina (IPMP) può essere la principale. Le metossipirazine sono presenti in quantità rilevanti in alcune varietà francesi (Sauvignon blanc, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Carmenère etc.), in tracce in altre varietà. IBMP è contenuta a concentrazioni tra 0,5 e 50 ng/L in Sauvignon blanc e Cabernet Sauvignon, a concentrazioni ancora maggiori nel Carmenère. È inoltre presente a concentrazioni fino a 40 ng/L nel Sauvignon blanc, nel quale determina la nota vegetale varietale.

La sintesi delle pirazine diminuisce con la maturazione, durante la quale tali sostanze subiscono anche reazioni di degradazione. È stata analizzata anche l'influenza delle condizioni climatiche sulle pirazine, che si sono dimostrate decisive nell'influire sulla concentrazione di questi composti durante lo sviluppo dell'uva. Da uno studio sulle variazioni delle pirazine durante lo sviluppo dell'uva Sauvignon bianco in due regioni climatiche della Nuova Zelanda nel 1987 (la prima regione aveva totalizzato una sommatoria di 2100 gradi e la seconda, quella più fredda, sommava 1430 gradi), è stato verificato che i contenuti di pirazina, all'approssimarsi dello stadio di maturazione (21 Brix), erano rispettivamente 1,3 e 9,5 ng/l. Nella regione più calda, la concentrazione era inferiore alla soglia di percezione, mentre in quella più fredda era circa 5 volte il valore della soglia.

La possibilità di ridurre la nota erbacea, massima all'invaiatura, fino a livelli accettabili per il vino, è quindi associata alle condizioni in cui avviene la maturazione, con un importante ruolo dell'ambiente, con vini più erbacei nelle regioni fredde, e delle pratiche colturali.

Justin J. Scheiner e il suo staff hanno condotto interessanti studi su Vitis vinifera L. cv. Cabernet franc e Merlot per valutare gli effetti del momento e dell’entità della rimozione delle foglie basali sulla concentrazione della 3-isobutil-2-metossipirazina (IBMP) negli acini d’uva.

I trattamenti consistevano nella rimozione del 50% o del 100% delle foglie dalla zona fruttifera 10 giorni dopo l’antesi, 40 giorni dopo l’antesi o 60 giorni dopo l’antesi. Nel secondo anno dello studio del Cabernet franc è stato effettuato anche un trattamento a 15 giorni dall’invaiatura.

In entrambi gli anni sono state rilevate significative diminuzioni del IBMP (dal 28 al 52%) prima dell’invaiatura rispetto al testimone in entrambi i trattamenti eseguiti 10 giorni dopo l’antesi (rimozione del 50% e del 100%).

Nel 2007, tutti i trattamenti di defogliamento riducevano in modo significativo le concentrazioni di IBMP negli acini di Cabernet franc alla raccolta rispetto al controllo (dal 46 al 88%), con una diminuzione più forte nel caso dei trattamenti con la rimozione del 100% di foglie 10 giorni dopo l’antesi e 40 giorni dopo l’antesi.

Nel 2008, il trattamento al 100% di rimozione eseguito 10 giorni dopo l’antesi e i trattamenti al 50% e 100% di foglie rimosse 40 giorni dopo l’antesi riducevano in modo significativo le concentrazioni di IBPM (dal 34% al 60%) negli acini maturi di Cabernet franc.

Nel caso del Merlot, tutti i trattamenti di defogliamento determinavano una diminuzione delle concentrazioni di IBPM (dal 38% al 52%) alla vendemmia.

La rimozione delle foglie basali all’inizio della stagione (10 o 40 giorni dopo l’antesi) causava una diminuzione dell’accumulo di IBPM in preinvaiatura rispetto al testimone in entrambe le prove, suggerendo che il defogliamento precoce costituisce una strategia di gestione del vigneto più efficace per ridurre l’accumulo di IBPM negli acini rispetto al defoglia mento eseguito più tardi nella stagione.

Bibliografia

Justin J. Scheiner, Gavin L. Sacks, Bruce Pan, Said Ennahli, Libby Tarlton, Alice Wise, Steven D. Lerch and Justine E. Vanden Heuvel; Impact of Severity and Timing of Basal Leaf Removal on 3-Isobutyl-2-Methoxypyrazine Concentrations in Red Winegrapes; Am. J. Enol. Vitic. 61:3:358-364 (2010)

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