Legislazione
Le novità agricole nella nuova legge europea
Dall'etichettatura del miele, fino alla "fallace indicazione" dell'origine in etichetta. Previsto l'innalzamento dell'Iva al 10% per cessioni di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia destinate all’alimentazione
10 marzo 2016 | Marcello Ortenzi
La finalità del disegno di legge è quella di compiere un ulteriore passo per adeguare la normativa italiana agli obblighi imposti dall’Unione, con riferimento alle procedure di pre-infrazione (EU Pilot) e a quelle d'infrazione e avviate nei confronti dell'Italia. Relativamente al settore primario il comparto è interessato da una serie di disposizioni che rivestono interesse in quanto atte ad incidere su argomenti oggetto di approfondita discussione.
L'articolo 2, avente ad oggetto disposizioni relative all’etichettatura del miele, prevede la non obbligatorietà dell’indicazione dei singoli Paesi di provenienza in caso di mieli prodotti in altri Stati membri e immessi sul mercato nel rispetto della disciplina comunitaria, permanendo la sola possibilità di indicare in tali casi semplicemente che i mieli provengano da Paesi dell'Unione europea o non Ue, ovvero da entrambi; in tal modo si sostituisce la vigente normativa italiana che invece stabilisce come obbligatoria l’indicazione analitica sull’etichetta del Paese di origine del miele.
L'articolo 3 interviene in tema di etichettatura dei prodotti alimentari, con particolare riguardo al profilo dell'effettiva origine del prodotto, modificando la vigente normativa (articolo 4, comma 49-bis della legge n. 350 del 2003) al fine di adeguarla alla disciplina europea, la quale include tra le indicazioni da opporre obbligatoriamente sull'etichettatura "il luogo d'origine o di provenienza, qualora l'omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare". La normativa italiana citata profila invece l'indicazione di origine su tutti i prodotti alimentari, senza verificare se il consumatore sia indotto in errore nei casi in cui il luogo di origine o di provenienza non è specificato. L'articolo in oggetto interviene pertanto a delineare il concetto di "fallace indicazione" dell'origine di un prodotto nel senso indicato dalla disciplina comunitaria, limitando l'ipotesi ai soli casi in cui le informazioni possano effettivamente indurre in errore il consumatore, e raccordando tale "induzione in errore" del consumatore alle previsioni europee.
Altri articoli hanno interesse per il comparto agricolo quali gli articoli 10 e 11 del provvedimento, ambedue volte all'innalzamento dell'aliquota IVA dall'attuale 4 al 10 per cento per la cessione di determinati prodotti. In particolare, l'articolo 10 si applica alle cessioni di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia destinate all’alimentazione, mentre l'articolo 11 è riferito alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti «preparati per risotti»). L'applicazione dell'aliquota super ridotta è infatti consentita dalla disciplina europea alle sole operazioni che al 1º gennaio 1991 già godevano di tale beneficio, mentre per i due casi citati la previsione normativa italiana era successiva.
L'articolo 12 interviene a sanare la procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato riguardante la concessione di presunti aiuti di Stato ai consorzi agrari in Italia, nell’ambito della quale la Commissione europea ha giudicato un aiuto di Stato esistente le agevolazioni fiscali di cui godono i consorzi agrari in virtù del riconoscimento quali società cooperative a mutualità prevalente. Infatti la normativa italiana di riferimento è stata ritenuta presentare elementi che alterano il modello cooperativo mutualistico, tali da incidere sugli scambi tra Stati membri, comportando un pregiudizio alla concorrenza. L'articolo in oggetto interviene ad adeguare l'attuale normativa nazionale alla decisione della Commissione europea, sotto due aspetti. Il comma 1 è volto a modificare l’articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004, portando dal 40 per cento al 50 per cento la quota di utili netti annuali soggetta a tassazione per i consorzi agrari (corrispondente così sostanzialmente all’aiuto concedibile ai consorzi agrari nei limiti del de minimis), mentre il comma 2 stabilisce che le modifiche al regime fiscale dei consorzi agrari citate si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
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