Legislazione 03/10/2014

Una nuova norma per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale

Per essere riconosciute come tali, le organizzazioni del commercio equo e solidale devono ottenere l'iscrizione nel registro della filiera integrale del commercio equo e solidale di un ente rappresentativo delle stesse


I punti qualificanti delle proposte in esame, di impianto sostanzialmente analogo, possono essere così sintetizzati:  introduzione nell'ordinamento di alcune definizioni di carattere generale tra cui in particolare quella di «filiera integrale» del commercio equo e solidale quando l'accordo con il produttore è stipulato dalle organizzazioni del commercio equo e solidale così come dalle medesime organizzazioni è gestita la fase della distribuzione; riconoscimento ufficiale del ruolo svolto da tutti i soggetti che attualmente operano, a diverso titolo, nel settore: le organizzazioni del commercio equo e solidale che, senza scopo di lucro, svolgono in via esclusiva o prevalente di attività di intermediazione commerciale all'interno della filiera; gli enti rappresentativi delle suddette organizzazioni che attestano il rispetto da parte di queste ultime dei requisiti della filiera integrale; gli enti certificatori della provenienza di un prodotto da una filiera del commercio equo e solidale nei casi in cui tale prodotto non sia importato o distribuito da un'organizzazione iscritta al registro della filiera integrale;  previsione di un sistema dei controlli, perno della disciplina, che è fondato sull'idea di una struttura a doppio livello. In concreto, si istituisce un albo nazionale in cui vengono iscritti gli organismi di certificazione e gli enti rappresentativi delle organizzazioni di commercio equo e solidale, cioè i soggetti poi deputati al controllo delle imprese e delle organizzazioni di commercio equo e solidale e si stabiliscono contenuti e modalità del controllo da esercitare sulle organizzazioni. Materialmente l'ente di certificazione prodotti controllerà poi il rispetto degli standards da parte delle imprese ordinarie o di coloro che comunque non potranno qualificarsi come organizzazioni di commercio equo e solidale; mentre gli enti rappresentativi delle organizzazioni controlleranno le organizzazioni di commercio equo e solidale; previsione di un sistema sanzionatorio a tutela delle denominazioni dei prodotti del commercio equo e solidale; promozione e finanziamento di azioni di sostegno a beneficio sia dei prodotti equo e solidali che delle organizzazioni, con agevolazioni ed incentivi, prevedendo a tal fine l'istituzione di un apposito fondo.

Tutte le proposte in esame hanno la finalità di favorire un più ampio e trasparente accesso al mercato nazionale delle merci prodotte, trasformate e distribuite attraverso le filiere del commercio equo e solidale, in un contesto di concorrenza leale e di adeguata protezione dei consumatori.  Sono inoltre introdotte alcune definizioni tra cui, nei diversi testi: commercio equo e solidale: rapporto commerciale o attività di cooperazione economica con produttori di beni e servizi organizzati in forma collettiva, di aree economicamente svantaggiate di Paesi in via di sviluppo. L'attività di cooperazione economica (C. 75) e l'accordo di commercio equo e solidale (C. 241 e C. 811) devono avere una serie di requisiti tra cui: il pagamento di un prezzo equo; misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità del prodotto realizzato dal produttore nonché a favore del sostegno della comunità locale cui appartiene; miglioramento degli standard ambientali della produzione; obbligo per il produttore di garantire condizioni di lavoro sicure; offerta di pagamento di una parte rilevante del prezzo al momento dell'ordine. Il focus della definizione si incentra sul «rapporto originario» ossia il rapporto tra il produttore e il primo partner. Esso è caratterizzato da un'attività di «cooperazione economica» che implica un rapporto paritario tra le parti della relazione commerciale stipulata, che potrà coinvolgere, sia produttori del Nord sia del Sud del Mondo purché appartenenti ad aree «economicamente svantaggiate»; prezzo equo, cioè idoneo a generare un reddito da destinare a investimenti e a consentire al produttore di remunerare i lavoratori in misura adeguata a condurre un'esistenza libera e dignitosa idonea a soddisfare i bisogni primari dei lavoratori e delle loro famiglie (articolo 2 e articolo 3 C. 75); filiera del commercio equo e solidale: l'insieme delle fasi di produzione, trasformazione, importazione e distribuzione di un prodotto agroalimentare o artigianale quando al produttore sono assicurate le condizioni dell'accordo del commercio equo e solidale. E’inoltre introdotta la definizione di «filiera integrale» quando l'accordo con il produttore è stipulato dalle organizzazioni del commercio equo e solidale così come dalle medesime organizzazioni deve essere gestita la fase della distribuzione all'ingrosso a al dettaglio; prodotto del commercio equo e solidale: prodotto realizzato importato e distribuito nell'ambito della filiera integrale ovvero la cui provenienza da una filiera di commercio equo e solidale (anche non integrale) sia attestata da un organismo di certificazione qualificato secondo le pdl in esame.  Il cuore delle proposte di legge in esame è costituito dalla disciplina dei soggetti del commercio equo e solidale. Al riguardo, se pure con alcune differenze, l'impianto delle diverse proposte è il medesimo.  Al centro del sistema sono riconosciute le organizzazioni di commercio equo e solidale (articolo 8 della proposta C. 75 e articolo 3 delle proposte C. 241 e C. 811) che hanno come scopo prioritario quello di creare partnership tra i produttori e i consumatori. In questo modo, le organizzazioni si pongono come strumento di comunicazione privilegiata tra consumatore e produttore facilitando la reciproca assunzione di responsabilità.

Le organizzazioni si caratterizzano per le seguenti specificità: svolgere in via esclusiva o prevalente attività di intermediazione commerciale all'interno della filiera del commercio equo e solidale; avere una struttura democratica; essere prive di scopo di lucro. Le proposte C. 241 e C. 811 prevedono anche lo svolgimento di attività educativa e informativa sulle tematiche del commercio equo e solidale e il perseguimento di modelli di sviluppo sostenibile nel rispetto delle persone e dell'ambiente.

Per quanto riguarda la forma giuridica delle organizzazioni, le proposte C. 241 e C. 811 prevedono che le stesse possano assumere la forma di società cooperative, consorzi, associazioni ed enti comunque costituiti. Tutte le proposte in ogni caso prevedono (articolo 11 della proposta C. 75 e 3 delle proposte C. 241 e C. 811) l'applicazione alle organizzazioni di commercio equo e solidale costituite in forma di cooperativa delle disposizioni in materia di cooperative sociali (legge n. 381/91) e in materia di impresa sociale (decreto legislativo n. 155/2006).

È inoltre esplicitamente prevista l'applicazione delle disposizioni in materia organizzazioni non lucrative di utilità sociale (decreto legislativo n. 469 del 1997) e in materia di associazioni di promozione sociale (legge n. 383 del 2000). Tutte le proposte contengono inoltre il divieto per gli enti pubblici, i partiti, le organizzazioni sindacali e gli enti da essi istituiti di assumere la qualità di organizzazioni del commercio equo e solidale.

Per essere riconosciute come tali, le organizzazioni del commercio equo e solidale devono ottenere l'iscrizione nel registro della filiera integrale del commercio equo e solidale di un ente rappresentativo delle stesse. Gli enti rappresentativi sono la seconda categoria di soggetti disciplinata dalle proposte di legge in esame . Si tratta di enti, a struttura associativa e con ordinamento interno a base democratica, che attestano il rispetto da parte delle organizzazioni del commercio equo e solidale dei requisiti della filiera integrale. Tutte le proposte prevedono che tali enti debbano: essere costituiti senza scopo di lucro; approvare un disciplinare della filiera integrale; adottare un sistema di controllo per verificare il rispetto del disciplinare da parte delle organizzazioni affiliate. La proposta C. 75 richiede che la base sociale di tali enti sia costituita da almeno 70 iscritti presenti complessivamente in almeno dieci regioni, mentre le proposte C. 241 e C. 811 fanno riferimento ad un'ampia base associativa e un'adeguata rappresentanza territoriale. Tutte le proposte prevedono specifiche disposizioni per il sostegno al commercio equo e solidale negli appalti pubblici.

In particolare le proposte C. 241 e C. 811 contemplano la possibilità per le amministrazioni pubbliche che bandiscono gare di appalto per la fornitura di prodotti di consumo, di inserire nei capitolati di gara meccanismi di promozione del commercio equo e solidale. Al riguardo si prevede per le amministrazioni aggiudicatrici dell'appalto un rimborso parti al 15 per cento dei maggiori costi conseguenti alla specifica indicazione di tali prodotti nell'oggetto del bando. La proposta C. 75 invece (articolo 14) configura non come possibilità, ma come obbligo per le pubbliche amministrazioni che bandiscono gare d'appalto per la fornitura di prodotti di consumo, di inserire nei capitolati di gara meccanismi di promozione del commercio equo.

di Marcello Ortenzi