L'arca olearia

Il Made in Italy oliandolo visto da vicino, con le voci dei protagonisti /2

Unaprol, Aifo e Unasco a confronto. Ottimismo da parte del mondo della produzione sul 100% italiano che concordi affermano che l’olio certificato nazionale non ruba mercato a quello a denominazione d’origine

10 luglio 2010 | Duccio Morozzo della Rocca

Dopo aver ascoltato le voci di Assitol e Federolio (link esterno) è il momento di passare la palla al settore produttivo della filiera olio di oliva.
Nell’articolo precedente, il direttore Assitol Claudio Ranzani ha esposto preoccupazione per la perdita di competitività delle nostre imprese mentre Gennaro Forcella di Federolio ha denunciato la mancanza di una corretta e seria comunicazione che aiuti il settore.
Rimanendo però sul tema dell’origine e partendo dai numeri del monitoraggio Assitol, poniamo quindi lo stesso interrogativo: se da un lato il marchio 100% può contare su volumi fortemente maggiori rispetto alle denominazioni e può contenere i prezzi proponendo sul mercato un prodotto italiano più commerciabile, soprattutto nella GDO, non si rischia dall’altro di andare ad indebolire quelle nicchie costruite a fatica negli anni rappresentate da Dop e Igp?
Ecco i pareri di Unaprol, Aifo e Unasco.


LA VOCE DI UNAPROL

Massimo Gargano, presidente Unaprol

- -6% delle vendite di Dop/Igp/Bio negli ultimi mesi nella GDO italiana: perché, nonostante le campagne promozionali, non si riesce in Italia a far aumentare il consumo degli oli di fascia premium?
Il monitoraggio di Assitol è spietato, ma non dice nulla di nuovo perché conferma esattamente le nostre antiche preoccupazioni. La Gdo decide prezzi e strategie di marketing. Ci dice cosa mangiare e con la sua politica del comprare dove si vende sta strangolando le aziende. Non credo che si possa ridurre tutto ad una questione di centimetri lineari espositivi. In Italia, sullo scaffale, le campagne di promozione hanno più il sapore del detersivo che del territorio e sono piene di offerte da volantino dove il 3x2 e il sottocosto sono sì un richiamo fortissimo in tempi di crisi economica ma non producono alcun valore aggiunto alle aziende e al settore, rendendo tutti più poveri.

- E' stato un giusto investimento puntare sul made in Italy, che è la nicchia con il prezzo più basso sul mercato, o è una operazione che sta costando cara all'olivicoltura certificata italiana?
Se siamo i più copiati al mondo in tutti i settori produttivi ci sarà pure un motivo. E perché mai non dovremmo difendere i nostri gioielli di famiglia. O dovremmo girare la testa da un‘altra parte facendo finta di niente lasciando campo libero ai soliti prestigiatori? Il made in Italy certificato è un investimento vero a lunga scadenza. Un valore assoluto che non può essere messo in discussione. Tanto meno in un periodo così breve dall’entrata in vigore della legge sull’etichettatura.

- Se il 100% aumenta mangiando quote delle Dop e dell'Igp a chi giova?
Il quadro normativo europeo tutelava già le Dop e le Igp e tutela da un anno circa l’origine obbligatoria per l’olio extra vergine di oliva di tipo convenzionale che fino all’entrata n vigore della norma UE circolava in un mare magnum di confusione. L’errore più grossolano che si possa fare è cadere nella trappola di chi vede nell’origine obbligatoria un concorrente delle designazioni di origine protetta. Sono due segmenti ben distinti nel panorama dell’offerta di qualità e di eccellenza dell’olio extra vergine di oliva italiano. Metterli in competizione è una operazione miope che non porta nulla di buono al settore e alle stesse aziende.


LA VOCE DI AIFO

Piero Gonnelli, presidente AIFO, Associazione Italiana Frantoiani Oleari.

- -6% delle vendite di Dop/Igp/Bio negli ultimi mesi nella GDO italiana: perché, nonostantele campagne promozionali, non si riesce in Italia a far aumentare il consumo degli oli di fascia premium?
Partiamo dal distinguere il significato del termine campagna promozionale: se si intendono rivolte alla promozione del prodotto attraverso la leva del prezzo, queste non creano cultura e valore ma si basano sull’impulso immediato d’acquisto grazie all’offerta; se invece si incentrano sulla diffusione di informazioni esplicative ed accattivanti sui prodotti Dop/Igp/Bio, su larga scala, si riesce a rendere il consumatore un acquirente consapevole, anche nel medio-lungo periodo. Azione quest’ultima che non è stata mai realizzata da parte degli enti preposti. Basti pensare a quanto investono le società sul proprio marchio a livello pubblicitario, e cosa è stato fatto in questo ambito per i prodotti certificati di origine?

- E' stato un giusto investimento puntare sul made in Italy, che è la nicchia con il prezzo più basso sul mercato, o è una operazione che sta costando cara all'olivicoltura certificata italiana?
Definire la nuova normativa sulla commercializzazione degli oli di oliva vergini ed extravergini a tutela del "Made In Italy" significa avvallare un errore di fondo, dato che nel nostro settore il carattere italiano è presente al 100%.
L’italianità è data dalla materia prima che viene impiegata per realizzare quell'olio extravergine di oliva. Il 100% italiano è dato dalle olive delle nostre terre frante presso i frantoi italiani dislocati su tutto il territorio nazionale.
Far capire questo messaggio al consumatore significherrebbe dargli una spiegazione delle differenze di prezzo degli oli a scaffale che, ad oggi, non sembrano giustificabili ed, automaticamente, significherebbe rendere più remunerativo il lavoro svolto dagli operatori.

- Se il 100% aumenta mangiando quote delle Dop e dell'Igp a chi giova?
L’olio extra vergine 100% Italiano e la categoria degli oli di origine certificata hanno un posizionamento sul mercato ben distinto e rivolto ad un target di consumatori completamente diverso, e non sussiste quindi una tale problematica.
La coesistenza tra il 100% e gli oli Dop ed Igp ben può realizzarsi purchè siano spiegate in maniera chiara le differenze esistenti. Sarà poi il mercato a determinare le relative quote di vendita di ciascuna tipologia purchè la libera concorrenza avvenga in base a regole chiare e trasparenti. L’obiettivo a cui tendere è, pertanto, quello di informare in maniera corretta il consumatore al fine di fornirgli gli strumenti utili per una scelta consapevole.


LA VOCE DI UNASCO

Elia Fiorillo, presidente Unasco.

- -6% delle vendite di Dop/Igp/Bio negli ultimi mesi nella GDO italiana: perché, nonostantele campagne promozionali, non si riesce in Italia a far aumentare il consumo degli oli di fascia premium?
La situazione di congiuntura economica che sta investendo il nostro Paese e su larga scala tutta l’economia mondiale, coinvolge come è semplice immaginare anche il settore dell’olivicoltura. In particolare i prodotti con prezzi più alti.
C'è anche il fatto che le campagne promozionali e di sensibilizzazione verso un consumo di qualità dell’olio hanno bisogno di tempi lunghi per poter dare dei risultati. Non bastano iniziative spot. C'è bisogno di continuità. C'è bisogno di strategie mirate. Solo quando il consumatore acquisterà piena consapevolezza della differenza che passa tra un olio extravergine e oli di fascia premium ci saranno miglioramenti negli acquisti di questi ultimi. Attenzione che anche i retaggi culturali che il consumatore si porta dietro pesano sulle sue scelte. Ecco spiegata in grandi linee la flessione del consumo di questa fascia di mercato.

- E' stato un giusto investimento puntare sul made in Italy, che è la nicchia con il prezzo più basso sul mercato, o è una operazione che sta costando cara all'olivicoltura certificata italiana?
Per il nostro settore è fondamentale puntare sul made in Italy, sempre che alle campagne promozionali vengano realmente associati prodotti di ‘QUALITA’.
Nutro ancora molti dubbi quando vedo comparire sui bancali della GDO olio confezionato, venduto ad un costo inferiore a 5 euro, al di là dei momenti promozionali che, purtroppo per l'olio extravergine d'oliva pare non finiscano mai e non certamente educano il consumatore.
Spesso nella GDO si nota infatti che una bottiglia di litro di olio venduto come 100% italiano, costa 2.99 € e a volte anche qualcosa in meno.
Ma se da questa cifra sottraiamo solo le spese di confezionamento, ritiro olio e consegna, che si aggirano intorno a 1 € - 1.10€, notiamo che il prodotto contenuto nella bottiglia costa 1,70 € circa.
Ragionando, anche con le quotazioni delle migliori piazze italiane la cui media si aggira in questo periodo di forte contrazione su due punti e sessanta centesimi Kg, è impensabile che possa arrivare sul mercato Olio 100% italiano con prezzi così bassi.
C'è da dire anche che chi si aspettava aumenti rilevanti di prezzo con l'iscrizione in etichetta del made in Italy ha sbagliato i suoi calcoli. L'iscrizione in etichetta della provenienza andava fatta a tutela del consumatori, ma non era di per sé una garanzia di aumento automatico dei prezzi dell'olio alla produzione, come purtroppo è avvenuto.

- Se il 100% aumenta mangiando quote delle Dop e dell'Igp a chi giova?
L’incremento del consumo di prodotti made in Italy se per un lato premia il prodotto 100% italiano, non deve far pensare solo al fatto che tolga mercato al segmento DOP. Sono due mercati diversi con target diversi di consumatori.
Bisogna, comunque, essere positivi e pensare che questo passaggio, anche se il periodo economico non è dei migliori, si verifica grazie alla presa di coscienza del consumatore dell’utilizzo di prodotti made in Italy. Fenomeno questo che prima dell’ingresso del decreto 182 era poco frequente. Infatti, il consumatore acquistava olio extra vergine di oliva senza porsi il benché minimo dubbio sulla provenienza, manipolato anche dai maggiori brand italiani che intanto erano passati in mano a compagnie estere. Insomma, acquistava olio senza leggere l’etichetta e capire la provenienza geografica del prodotto.
Oggi, di contro, inizia a crescere la consapevolezza e la voglia di acquistare prodotto 100% italiano. Il passo successivo sarà quello di educare la scelta del consumatore in base alle qualità organolettiche del prodotto, così da dirigere la coscienza al consumo del prodotto premium di qualità.




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Il Made in Italy oliandolo visto da vicino, prima parte: link esterno

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