L'arca olearia

Il Made in Italy oliandolo visto da vicino, con le voci dei protagonisti

Se Claudio Ranzani, Assitol conferma il deficit competitivo delle nostre imprese rispetto alla concorrenza internazionale, Gennaro Forcella, Federolio, reclama a gran voce una seria campagna comunicazionale e promozionale sugli oli Dop/Igp

03 luglio 2010 | Duccio Morozzo della Rocca

A quasi un anno dall’ottenimento dell’origine obligatoria in etichetta, è ora di tirare le prime conclusioni.
E lo facciamo partendo dai dati presentati durante il monitoraggio Assitol di tre settimane fa dove è stata messa in luce una situazione poco felice: lo scarso appeal del made in Italy sul mercato internazionale.
A dispetto della forte campagna estera, organizzata principalmente da Unaprol, il 100% italiano in terra straniera segna infatti un dato negativo con un -14,5% mentre salgono Dop/Igp e extra convenzionale.
In Italia troviamo invece la situazione opposta: le certificazioni Bio, Dop e Igp scendono, il 100% sale. E lo fa andando a pescare nel bacino dei consumatori più attenti, conquistando quote nella nicchia degli oli premium che valgono da alcuni anni stabilmente circa il 5-8% del mercato.
Il 100% promosso da Unaprol, sembra quindi aver captato l’interesse di chi fino ad oggi aveva scelto il prodotto Dop/Igp o Bio e che ora può acquistare questo nuovo marchio, che in pratica si sostituisce ad una certificazione, a prezzi decisamente più contenuti.
Il dubbio sorge spontaneo: se da un lato il 100% può contare su volumi fortemente maggiori rispetto alle denominazioni e può contenere i prezzi proponendo sul mercato un prodotto italiano più commerciabile, soprattutto nella GDO, non si rischia dall’altro di andare ad indebolire quelle nicchie costruite a fatica negli anni rappresentate da Dop e Igp?

Lo abbiamo chiesto ai diversi protagonisti della filiera.

Claudio Ranzani, direttore Assitol

- -6% delle venditedi oli Dop/Igp/Bio negli ultimi mesi nella grande distribuzione. Perché, nonostante le campagne promozionali ,non si riesce in Italia a far aumentare il consumo degli oli di fascia premium?
Non è un dato facile da leggere, tuttavia, sulla base degli andamenti generali del settore, mi sembra chiaro che la crisi economica ha condizionato fortemente le scelte dei consumatori. La minore disponibilità finanziaria che ha, tra l’altro, prodotto una contrazione dei consumi, sembra aver indotto ancor più del consueto gli italiani a scegliere il prodotto soprattutto sulla base del prezzo. Peraltro è un dato oggettivo che il segmento costituito da DOP/IGP e biologico rappresenti ancor oggi, dopo molti anni di campagne mediatiche, una nicchia di mercato, anche se interessante e profittevole per alcune nostre imprese.

- E’ stato un giusto investimento puntare sul made in Italy, che è la nicchia con il prezzo più basso sul mercato, o è una operazione che sta costando cara all’olivicoltura certificata italiana?
Quello dell’olio di oliva è un mercato caratterizzato già da tempo da una forte competitività: in un quadro del genere, acquisire credibilità e quote di mercato per il “100% italiano” non è un’operazione agevole né immediata. D’altra parte, poiché moltissimi operatori hanno questo prodotto nel proprio assortimento mi pare normale che la competizione tra loro porti ad un abbassamento dei prezzi di vendita. Non dimentichiamo infine che i grandi marchi, per conquistare

- Se il 100% aumenta mangiando quote delle Dop e Igp a chi giova?
Qualcuno parla già di “cannibalizzazione” delle Dop da parte del “tutto italiano”, tuttavia i dati sono troppo frammentari per trarre conclusioni. Quello che ci preoccupa, invece, e lo abbiamo ribadito di recente, presentando il nostro Monitoraggio, è la generale perdita di competitività dell’intero comparto. I nostri concorrenti, come la Spagna nell’ultimo anno, sono cresciuti puntando su prezzi competitivi e azioni di promozione all’estero. E’ su questo esempio, a nostro avviso emblematico, che ci piacerebbe si appuntasse l’attenzione dell’intera filiera e delle istituzioni.

Gennaro Forecella, Presidente Federolio

- -6% delle vendite di Dop/Igp/Bio negli ultimi mesi nella GDO italiana: perché, nonostantele campagne promozionali, non si riesce in Italia a far aumentare il consumo degli oli di fascia premium?
In primo luogo non consta che siano in corso campagne promozionali a favore delle dop e delle igp nel settore dell’olio di oliva. Sarebbe poi veramente singolare che tali campagne fosseroin atto e che nessuno se ne fosse accorto (certo non le imprese interessate). In ogni caso non andrebbe confusa con una campagna l’esangue iniziativa ministeriale conclusasi in uno spot passato inosservato che peraltro promuoveva il prodotto 100% italiano. Insomma, una campagna degna di questo nome a favore di dop e igp non c’è stata e noi invece vorremmo che ci fosse.
Detto ciò, in un momento di conclamata crisi come questo, non sorprende la difficoltà degli oli extra vergini di fascia premium (peraltro nel monitoraggio Federolio meno accentuata rispetto alle risultanze del monitoraggio Assitol).

- E' stato un giusto investimento puntare sul made in Italy, che è la nicchia con il prezzo più basso sul mercato, o è una operazione che sta costando cara all'olivicoltura certificata italiana? Se il 100% aumenta mangiando quote delle Dop e dell'Igp a chi giova?
In merito a queste domande, il “prodotto italiano” nel nostro monitoraggio occupa il 28% circa del mercato italiano dell’extra vergine e il 18% di quello estero: un po’ troppo per essere definito “di nicchia”. Deve dirsi che l’olivicoltura “certificata”(volontariamente o non sulla base del D.M. origine) può essere (e in una certa misura lo è già)anche quella recante l’etichetta di origine italiana. Comunque, secondo Federolio, lo sviluppo dell’”italiano” non è minimamente in contraddizione con quello degli oli dop/igp (né tanto meno con quelli bio). Piuttosto il comparto dop richiederebbe alcuni aggiustamenti: vale la pena insistere sulle mini dop?Una denominazione regionale (Puglia, Sicilia) non avrebbe più appeal?E poi, come già accennato, si dovrebbe finanziare qualche campagna seria e visibile. Deve anche dirsi che alcune difficoltà dei prodotti dop (si pensi al settore caseario)travalicano i confini del nostro comparto.

I pareri della parte produttiva della filiera, associazioni dei produttori e frantoiani, saranno pubblicati sul numero della prossima settimana.

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