L'arca olearia

Decreto etichettatura origine, Federolio non ci sta e ricorre al Tar per violazioni

Totalmente favorevoli da sempre all’introduzione dell’obbligo, ma non alle squinternate incompatibilità con l’ordinamento comunitario. Tutti dovrebbero chiedersi se sia giusta la strada che si è voluta imboccare con il decreto. L’intervento del presidente Gennaro Forcella

06 febbraio 2010 | Gennaro Forcella

Il presidente di Federolio Gennaro Forcella

La Federolio, maggiore organizzazione italiana di categoria nel settore del commercio all’ingrosso e del confezionamento dell’olio di oliva, ha impugnato il decreto ministeriale recante le disposizioni nazionali relative alle norme di commercializzazione dell’olio di oliva di cui al reg. Ce 182/2009 di modifica del reg. Ce 1019/2002.

Tale impugnazione non deve in alcun modo essere considerata in contraddizione con la posizione della Federolio totalmente favorevole all’introduzione dell’obbligo, per regolamento comunitario, della designazione dell’origine degli oli di oliva vergini ed extravergini, tanto quanto è stata sempre contraria agli squinternati tentativi di fare altrettanto con norme nazionali del tutto incompatibili con l’ordinamento comunitario.

Ciò premesso, va detto che numerosi sono i motivi alla base della decisione di impugnare il decreto ministeriale; le spropositate (e illegittime per via del tipo di provvedimento che le ha introdotte) sanzioni previste anche per minimi ritardi e/o errori nelle onerosissime registrazioni previste dal decreto nonché il fatto che le suddette registrazioni, nella buona sostanza, sono a carico delle sole categorie (segnatamente confezionatori e commercianti all’ingrosso, ma anche frantoiani) diverse da quella dei produttori olivicoli. Vistosa anche la violazione, posta in essere dal decreto, del più elementare diritto delle imprese alla riservatezza di alcuni dati relativi all’operatività aziendale (che debbono essere ovviamente accessibili agli organi di controllo ma non certo ad altri soggetti pubblici e privati).

Ben può dirsi che, in particolare, la clamorosa disparità di trattamento tra le categorie della filiera posta in essere dal decreto in oggetto non è solo di per sé palesemente illegittima ma anche che il sistema da essa realizzato crea le premesse per una perdurante incertezza (per usare un cauto eufemismo) sulla entità della produzione nazionale e sulle sue forme di diretta commercializzazione.

Tutto ciò, per la verità, era stato posto ripetutamente in evidenza - nelle riunioni presso il Ministero delle Politiche agricole che hanno preceduto il varo del decreto - non solo dalla Federolio ma anche dall’industria e da tante organizzazioni orizzontali e verticali del settore agricolo ovviamente diverse dalla Coldiretti e dall’Unaprol. Queste ultime, invece, hanno ispirato il decreto, trovando un’inaspettata sponda nel Ministro Zaia che pure aveva tante volte affermato che mai avrebbe avallato trattamenti di favore a chicchessia e che avrebbe imposto un quadro che imponesse a tutta la filiera gli stessi obblighi perché diversamente – diceva il Ministro stesso – sarebbe stato impossibile realizzare l’intera tracciabilità del prodotto.
E invece la grandissima parte degli olivicoltori sono esonerati da qualsiasi obbligo di registrazione!

Comunque, al di là della pur rilevante scelta operata dalla Federolio con il ricorso al Tar del Lazio, tutti dovrebbero chiedersi: è giusta la strada che si è voluta imboccare con il decreto? Sono giusti e corretti i metodi da esso scelti per affrontare le problematiche della filiera? Il decreto dà risposte adeguate ai problemi del settore dell’olio di oliva quale esso concretamente si pone in Italia, paese maggiore consumatore, maggiore importatore, maggior esportatore ma non maggiore produttore?
E’ interesse del settore dell’olio di oliva in Italia penalizzare – come il decreto fa vistosamente – gli scambi intracomunitari? E’ giusto mettere i bastoni tra le ruote all’operatività del commercio, del confezionamento e dell’industria?

Ben altre sono le strade da battere in primo luogo la valorizzazione del prodotto nazionale (ed è ben noto come la Federolio sia da sempre impegnata in questo e come fu lasciata sola allorché promosse un apposito Consorzio nell’ormai lontano 2001!) ma anche il pieno riconoscimento del lavoro fatto dal commercio, dal confezionamento e dall’industria anche con materie prime di altri Paesi.

Essendo stato chiarito in varie sedi (e comunque da Bruxelles) che la designazione dell’origine degli oli di oliva vergini ed extravergini può realizzarsi anche con riferimento ad aree geografiche diverse e più vaste da quelle esplicitamente considerate nel regolamento, c’è spazio, a parere della Federolio, anche per l’utilizzazione dell’indicazione “Mediterraneo”, purché integrata con l’elenco dei Paesi produttori o con altre indicazioni che non lascino spazio ad ambiguità sull’origine del prodotto.

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