L'arca olearia

Presente, passato e futuro dell’olio d’oliva italiano. Unaprol chiama Assitol

I dati del monitoraggio Assitol non sono incoraggianti. Il quadro economico ha animato il dibattito. Non sono mancati fuochi d’artificio, nel finale, tra Colavita e Gargano

27 giugno 2009 | Duccio Morozzo della Rocca

Anche per il 2009 Assitol ha presentato i dati del proprio monitoraggio sulle vendite degli oli d’oliva.
Non si tratta di numeri entusiasmanti, come sottolineato in premessa anche dal Presidente Colavita che ha chiaramente affermato che ci troviamo in un periodo di instabilità. “Perché si risolva questa situazione – ha detto Colavita - è necessaria una forte campagna di promozione, specialmente nei nuovi Paesi consumatori che metta in luce le qualità del prodotto olio di oliva e del Made in Italy.
Va fatto sistema per snellire la burocratizzazione del settore che pur seguendo la normativa comunitaria si trova gravato da molte più regole e adempimenti rispetto ai concorrenti spagnoli e greci.”

Come è andata nel 2008
I volumi venduti, 279.166 tonnellate, sono rimasti sostanzialmente inalterati rispetto al 2007 che era stato invece caratterizzato da una performance positiva chiudendo con un +7%.
A prevalere sull’offerta sono stati gli oli vergini ed extra vergini con il 64,4% delle vendite del settore mentre gli oli di oliva hanno occupato il 32,9 del totale e la sansa il 2,7%.

Nella categoria dei vergini, l’extra convenzionale ha occupato l’88,7% delle vendite della categoria. Per quello di origine dichiarata le vendite sono risultate pari all’8,6% del totale degli oli vergini mentre gli oli Dop/Igp si fermano intorno allo 0,3 e il biologico all’1,4.

Tirando le somme, la performance delle vendite degli oli di oliva confezionati registrata nel 2008 è risultata positiva per gli oli extra vergini (+1,3%) e negativa per gli oli di oliva (-2,3%) e gli oli di sansa (-5%).
Nella categoria degli oli extra vergini gli unici tassi di crescita su base annua dell’offerta sono stati registrati per il biologico (+75,1%) e, in misura molto lieve, per il convenzionale (+0,6%). Negativo l’andamento commerciale per gli oli Dop/Igp (-22,8%) e gli oli ad origine dichiarata (-2,4%).

Le vendite sul mercato interno si sono attestate sulle 110.790 tonnellate rappresentate per il 70,1% da oli extra vergini , per il 27,8% da olio di oliva e per il 2,1% da olio di sansa. L’extra convenzionale ha occupato la quota del 94,9% sul totale degli extra vergini venduti.

Nel 2008 hanno trovato invece sbocco sui mercati internazionali 168.376 tonnellate di oli di oliva e di sansa, rappresentati per il 60,7% da oli extra vergini, per il 36,3% da oli di oliva e per il restante 3% da oli di sansa. Le quantità di olio esportato mostrano chiaramente la propensione delle aziende italiane all’export.

Cosa ci aspettiamo per il 2009?
Nel primo quadrimestre 2009 è stato l’extra vergine a soffrire di più con una contrazione del 15% sulle vendite, seguito dall’olio di oliva con un -14,3% mentre si sta assistendo al rafforzamento del mercato dell’olio di sansa.
“Si sta verificando – ha commentato il direttore Assitol Ranzani - il passaggio da prodotti a maggior valore aggiunto a prodotti a minor valore aggiunto. Il consumatore sceglie prodotti più economici.

Unica eccezione il biologico che, soprattutto nell’export, non solo continua a vendere bene ma aumenta costantemente la sua fetta raggiungendo il 3,3% del mercato, un traguardo lontanissimo per le Dop che restano ferme a uno “0 virgola”.

Il presidente Colavita, chiudendo l’esposizione dei dati economici, ha lanciato, secondo lo stile che gli è proprio, una provocazione domandando a chi propone l’”Alta Qualità”: “siete mai andati a vendere una bottiglia di olio di oliva all’estero?”

Ha provato a rispondergli Massimo Gargano, Presidente Unaprol.
Oggi c’è finalmente l’origine, e questo è un dato. Non importa poi se sarà attuabile dal 2 o dal 10 luglio, l’importante è che c’è. Poi, dopo un lungo preambolo, in cui ha scomodato anche l’economista Rifkin, Gargano è giunto al nocciolo della questione: “se è vero che la filiera è distorta ed è dominata dalla GDO e se è vero che il Made in Italy ha un valore aggiunto, immaginiamo cosa sarebbe per l’industria italiana avvalersi della forza dell’Alta Qualità Italiana”. Il nemico non sono più dunque gli industriali dell’olio, rei di abbattere i prezzi e di sfruttare gli olivicoltori, ma la GDO. Un cambiamento di rotta nella politica Unaprol che chiede ora la collaborazione di Assitol anche sul progetto IOO%.

A replicare immediatamente a Gargano è stato Forcella, direttore Federolio
“Continuiamo a non dirci la verità. Il valore aggiunto dell'alta qualità italiana è di 60-70 centesimi rispetto alla quotazione dell'olio spagnolo. Il problema è che sono 50 anni che si dice che questo settore è formato da un milione di olivicoltori. La realtà è che quasi tutti hanno meno di 100 piante, è una produzione familiare. Solo pochissimi produttori hanno un numero sufficiente di piante per creare una massa critica. Oggi occorre valorizzare il know how italiano.”

A sostegno di questa tesi anche Fabio Maccari, neoeletto vice presidente Assitol e attuale amministratore delegato della Carapelli. “Vorrei far notare – ha dichiarato Maccari- che non sono le Dop a rappresentare l’Italia nel mondo ma i grandi marchi italiani. È vero, la Carapelli è oggi spagnola, ma al suo interno lavorano 400 persone e tra queste solo 2 sono spagnole”.

Polemico con Gargano, che aveva parlato di una Spagna dell’olio simile a McDonald anche Cremonini, direttore Olitalia. “Dobbiamo essere onesti con noi stessi, qualità si fa anche in altri Paesi. Anzi vi è un continuo miglioramento qualitativo nei Paesi concorrenti. La Spagna produce oggi ottimi oli a costi ragionevoli ed ha comprato i marchi italiani per comprare il Made in Italy. E non solo un marchio ma le persone che ci lavorano dietro.”

Fuochi d’artificio nel finale
Il dibattito è continuato scoppiettante anche se ha riservato i fuochi d’artificio solo nel finale con lo scambio di battute tra Colavita e Gargano.
“Io faccio olio di alta qualità – ha iniziato Colavita - ma che vuol dire alta qualità? rispettare certi parametri e tutte le regole?”
“Per alta qualità – ha replicato Gargano - intendo alta qualità. Per alta qualità italiana, intendo alta qualità italiana.”
“E allora – chiede Colavita - io che mi occupo di olio da 30 anni che faccio olio di bassa qualità? Di media qualità?”
“No comment” la laconica risposta di Gargano.

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