L'arca olearia
L’ulivo è una pianta straordinaria. Un simbolo e un’attività economica
Il settore, anno dopo anno, sta precipitando in una profonda crisi, anche perché il mondo olivicolo-oleario e il consumatore non comunicano più. Ecco le prove e la soluzione
30 maggio 2009 | Marisa Giuliani
âSe Cristo ha scelto come materia di sacramento il pane, il vino e lâolivo qualcosa di straordinario devono avere â afferma Mons. Marcello Sà nchez Sorondo dellâAccademia Pontifica delle Scienze - In un momento di crisi economica e dellâalimentazione, il ritorno allâulivo, con la sua tradizione, può essere un contributo fondamentale e una soluzione per questo problema. Questo ritorno alla terra e alla natura con tutti gli strumenti dellâintelligenza dellâuomo può essere unâicona e un cammino per arrivare a un mondo più giusto e solidale, dove tutti possono cibarsi.â
Le parole di Monsignor Sorondo sono insieme una segnale di speranza e una riflessione e meglio non potevano adattarsi alla presentazione della nuova pubblicazione di Bayer Cropscience, âLâUlivo e lâOlioâ, un evento a cui ha partecipato compatto lâintero comparto. Lo sforzo compiuto da Bayer, in veste di editore, lo merita. Il volume che ne è uscito infatti rappresenta una vera e propria summa delle conoscenze e del pensiero olivicolo contemporaneo. Alcuni numeri lo dimostrano: 85 autori, tre coordinatori scientifici, quasi ottocento pagine. Un volume utile e necessario per chiunque voglia fare olivicoltura e elaiotecnica, voglia approfondire lâaffascinante mondo olivicolo e oleario.
Avere le corrette informazioni e competenze significa anche poter diffondere una buona cultura oliandola e, nel nostro Paese, ve nâè davvero bisogno, almeno stando alla ricerca del Prof. Daniele Tirelli, presentata a Cellino San Marco (BR), presso Cantine Due Palme.
La quota più elevata di individui che non acquistano olio dâoliva è di sesso maschile (6% contro il 4,4% delle donne), si trova al Sud e nelle Isole (9,3%, quasi il doppio della media territoriale) e fra gli individui di età compresa fra i 25 e i 34 anni (7,5%). Eâ questâultimo dato in particolare a preoccupare, segno evidente di una progressiva disaffezione delle giovani generazioni per un prodotto che invece ha storia e tradizione nella nostra gastronomia.
Ma sono altri i dati che dovrebbero maggiormente far riflettere.
Il prezzo è ritenuto lâelemento più importante soprattutto dai residenti del Nord (in media per il 28,2%) e del Centro (23%), mentre al Sud e nelle Isole si ritiene più importante la provenienza territoriale (22,4%, mentre solo il 18% indica il prezzo). Più ci distanziamo dai luoghi di produzione e meno si è riusciti a far percepire il valore dellâorigine, delle peculiarità dellâambiente e delle cultivar. Se consideriamo inoltre che il Nord Italia è la regione più ricca, ben comprendiamo quanto lontano sia il consumatore da una vera cultura oliandola. Dato confermato anche da altri numeri. Il super/iper-mercato è il luogo di acquisto preferito al Nord (64,9%), mentre al Sud e nelle Isole è maggiore la proporzione degli individui che acquistano direttamente da un frantoio di loro conoscenza (il 46,8% contro una media del 25,7% al Nord).
Ancor più mortificante il fatto che solo una sparuta minoranza di italiani è disposto a spendere dal 30% al 150% in più per il suo olio preferito (9,2%) mentre il 13,6% non giustifica alcuna differenza prezzo e ben il 71,2% si nasconde dietro a ânon è detto che debba costare di piùâ, infine il 6% non prende nemmeno in considerazione un extra vergine che costi di più rispetto a un prodotto standard.
âLa cultura dellâolio è ancora carente â ha dichiarato Tirelli â La natura di âcommodityâ dellâolio dâoliva ha fatto sì che la sua cultura di consumo sia fortemente distorta e penalizzata da una serie di stereotipi. Idee sbagliate e preconcette relative ad esempio alla âprima spremituraâ o alla âspremitura a freddoâ sono indice della grande distanza tra frantoio e consumatore.â
âCon lâiniziativa editoriale âColtura&Culturaâ intendiamo rispondere a unâesigenza molto sentita dai consumatori italiani â ha aggiunto Renzo Angelini, direttore Marketing e Technical Management di Bayer CropScience - emersa da una ricerca di Eurisko in collaborazione con lâUniversità di Milano: il 71% degli intervistati vorrebbe consumare prodotti italiani, ma nello stesso tempo lâ81% lamenta di conoscere poco o nulla di quanto succede in campagna fino al momento in cui lâortofrutta, in particolare, arriva sulla tavola. Eâ importante infine avere interlocutori preparati e credibili ai quali fare riferimento per avere una corretta informazioneâ.
Occorre quindi recuperare il fascino dellâolio, il suo alone di mistero e anche di sacralità , come ci hanno ricordato Monsignor Seccia e il Prof. Giovanni DâAgostinis dellâUniversità di Ferrara.
Quanti sanno, per esempio, che nella Bibbia sono oltre 70 le citazioni su olio e oliva? La prima volta che la Bibbia parla dellâulivo, lo troviamo in bocca alla colomba mandata da Noè: sta a rappresentare lâalleanza fra Dio e lâuomo. Nei libri profetici è significativo poi che lâulivo diventa simbolo del popolo dâIsraele.
Perché non ricordare che Cleopatra usava moltissimo olio dâoliva e che questo prodotto viene descritto anche nellâOdissea: gli eroi omerici si frizionavano con olio di oliva prima delle battaglie. Fino al â700 fu lâolio di oliva era lâelemento principe che veniva utilizzato nei profumi, perché è un prodotto altamente compatibile con la nostra cute.
Occorre poi non abusare del termine qualità . âEâ una caratteristica che diventa premiante sul mercato solo se percepita dal consumatore, altrimenti questi si affiderà a segnali più accessibili e meno costosi, quali il prezzo e la notorietà della marca.â ha ricordato il Prof.Gervasio Antonelli dellâUniversità di Pesaro e Urbino. Occorre lavorare sulla valorizzazione delle componenti materiali e immateriali.
Le caratteristiche salutistiche e nutrizionali, certo, ma anche quelle sensoriali, i mille gusti e sapori delle nostre varietà e anche una componente più emozionale. âLâolio ha anche un anima â ha affermato Luigi Caricato - Abbiamo la certezza che câè una parte, lâ1-2% dei componenti minori, che fa la differenza nellâolio di oliva. Lâolio non è soltanto un corpo liquido, bisogna cercare di coglierlo nelle sue evidenze più culturali. I popoli del Mediterraneo hanno acquisito la civiltà anche grazie allâolio. Il nostro compito è quello di veicolare questa coltura. LâItalia è un paese fondato sullâolio: il simbolo stesso della Repubblica Italia è un ramo dâulivo. E diverse religioni hanno fondato sullâolio e lâulivo la loro forza espressivaâ.
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