L'arca olearia
Dagli scarti dell'olivo mangimi e ammendanti agricoli

Un utilizzo innovativo degli scarti per la bioconversione, grazie all'insetto Hermetia illucens, che consente di trasformare i residui organici in farine proteiche per mangimi e ammendanti agricoli
20 febbraio 2025 | 15:00 | Marcello Ortenzi
Gli scarti agricoli sono in genere un problema per l’industria agroalimentare e le aziende agricole, un materiale di cui trovare una sistemazione. Si studiano alternative per utilizzare tali scarti.
Un oliveto fornisce scarti di biomassa che può essere utilizzata per produrre calore e energia elettrica per le aziende agricole. Infatti, un ettaro di oliveto può fornire da sei a dieci tonnellate di sostanza secca all’anno, a seconda della tipologia di cultivar, del sesto d’impianto e della gestione agronomica. Lo scarto della lolla del grano, gli involucri che ricoprono i chicchi dei cereali, è stimata in circa 10 milioni di tonnellate nel 2020 solo nell'UE. Questi scarti. normalmente non utilizzati possono essere componenti degli imballaggi e farne un sostituto 100% sostenibile e completamente naturale del polistirolo. I dati ENEA, forniscono informazioni sugli scarti della lavorazione delle uve per produrre vino da tavola. Gli scarti vitivinicoli sono stimati, per ogni ettolitro di vino prodotto, in 20 chilogrammi di vinacce, circa 4 chilogrammi di raspi, quasi 6,5 chilogrammi di fecce.
In ottobre dello scorso anno a Venosa, sono stati presentati i risultati del progetto SPIA: un approccio bioeconomico per valorizzare i sottoprodotti dell’industria agroalimentare, un’iniziativa promossa dal Dipartimento Politiche di Sviluppo, Formazione e Ricerca della Regione Basilicata e sostenuta dal PO FESR 2014/2020. Il convegno ha evidenziato che ogni anno, in Europa, sono prodotte oltre 2 miliardi di tonnellate di rifiuti organici, provenienti dagli scarti agricoli. Questi si devono gestire e smaltire con relativi costi economici e ambientali, mentre la loro mancata valorizzazione rappresenta un'opportunità sprecata. Questi materiali sono ricchi di composti organici preziosi, e potrebbero essere riutilizzati in diversi settori come la cosmetica e la farmaceutica o per la produzione di mezzi tecnici in agricoltura ed energia. Il progetto ha puntato sulla valorizzazione eco-sostenibile dei sottoprodotti provenienti da tre filiere chiave del settore agroalimentare lucano: cerealicola, olivicola e vitivinicola. I ricercatori hanno prodotto un Atlante degli scarti agroalimentari della Basilicata, un database georeferenziato che fornisce informazioni cruciali per ottimizzare la gestione e il riutilizzo degli scarti, individuando le aree con maggiore potenziale energetico. Le aziende titolari delle sperimentazioni hanno utilizzato tecnologie avanzate per ridurre gli scarti direttamente in campo, impiegando sensori, algoritmi predittivi e mappe di prescrizione per ottimizzare l’impiego delle risorse e migliorare i processi produttivi.
Il progetto ha anche verificato l'utilizzo innovativo degli scarti per la bioconversione, cioè trasformazione di un substrato catalizzata da un enzima ottenuto da colture cellulari tramite bioseparazione attraverso l'allevamento dell'insetto Hermetia illucens, che consente di trasformare i residui organici in farine proteiche per mangimi e ammendanti agricoli e l'uso di preparati liquidi organici utilizzati per migliorare la resa e la qualità delle produzioni agrarie e per contrastare alcune fitopatologie, favorendo così un ciclo produttivo completo e sostenibile. Il lavoro apre un nuovo settore di ricerche per l’economia circolare applicata al settore agroalimentare, ma anche un esempio virtuoso di collaborazione tra ricerca, istituzioni e imprese locali, dimostrando come una sinergia efficace possa generare risultati tangibili per l'economia del territorio.
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