L'arca olearia 09/02/2024

Il consumatore non può difendersi dalle frodi sull'olio di oliva

Il consumatore non può difendersi dalle frodi sull'olio di oliva

Nei volantini pubblicitari dei supermercati c’è quasi sempre una bottiglia d’olio extravergine di oliva a prezzo estremamente basso.E' sempre una frode? No, ma il consumatore non ha gli strumenti per difendersi dai truffatori


Il recente scandalo sull’olio di semi nella ristorazione romana riporta in auge l’intramontabile domanda: può il consumatore finale riconoscere e difendersi dalle frodi, soprattutto in campo oleario? A cui segue l’ovvia risposta: no, da solo non può.

Alcune premesse doverose.

1) Prezzi molto bassi degli extravergini non sono un sinonimo obbligato di truffa come sovente si crede, come non lo sono per molti altri prodotti alimentari. Dipende molto dalla filiera produttiva, come racconta egregiamente tutti i giorni Teatro Naturale.

2) Leggendo i giornali di informazione e specialistici sembra che il maggior numero di notizie dedicate alle frodi sventate in campo alimentare riguardino l’olio, generando ombre su tutto il settore, facendo dubitare il consumatore ogniqualvolta acquista dell’olio e distorcendo la percezione della realtà soprattutto perché latte, caffè, biscotti e birra - che sono i prodotti più venduti in Italia - non sono quasi mai oggetto di scandali.

In realtà è un fatto molto positivo, perché se si può ragionevolmente affermare che tutti gli alimenti sono oggetto di truffe quasi nella medesima percentuale (fatico a credere che nel mondo del caffè, delle spezie o delle mozzarelle ci siano solo galantuomini e tutti i truffatori si sono concentrati sull’extravergine), allo stesso modo si può affermare che nell’olio ci sono molti più controlli e le truffe si sventano proprio per questo motivo.

L'olio di oliva è molto controllato e quindi con un grado di sicurezza in più rispetto ad altre mercanzie.

3) In tutta la filiera produttiva (ma in generale in tutte le professioni) ci sono persone preparate e corrette e ci sono (una minima parte) persone incompetenti e scorrette. C’è chi vende Biancolilla per Bianchera e chi consiglia corsi di prevenzione incendi perché le piante sono di legno e quindi possono bruciare: non per questo tutti i vivaisti, i tecnici e i consorzi agrari sono scorretti. Anzi: è il contrario. E questo vale anche per il frantoiano di cui spesso si mette in dubbio in generale ed a priori il suo operato, senza averne magari le conoscenze per farlo. Ricordiamoci che è un professionista e trasforma le olive in base alle indicazioni del cliente, al tipo di macchina, alle condizioni climatiche e alla sua esperienza: non ha interesse a rovinare le olive (perderebbe i clienti), ad aumentare o diminuire le rese (è pagato in base al peso del frutto fresco che entra in macchina e non al risultato), o a ”rubare” (sono tantissime le persone che raccolgono le olive per divertimento, lasciandole quasi in regalo al frantoio, in cambio di qualche litro di olio).

4) Nei volantini pubblicitari dei supermercati c’è quasi sempre una bottiglia d’extravergine a prezzo estremamente basso. Il leggendario frutto del potere divino della Dea Atena oggi è spesso declassato a “prodotto civetta” e cioè venduto a prezzo basso o peggio sotto costo, per attirare la clientela nel punto vendita. Questo modo di vendere oltre che mettere in difficoltà i produttori induce sempre di più il consumatore a non acquistare extravergini che hanno un prezzo superiore in quanto ha difficoltà a comprendere il perché dovrebbe pagare un prezzo più alto della media per oli che dovrebbero essere di qualità superiore, quando le tutte le bottiglie offrono tecnicamente lo stesso prodotto e sembra si differenzino solo per il prezzo.

Il più costoso viene scelto quando è chiaramente e coerentemente percepito il suo valore superiore rispetto a quello mediamente presente sul mercato. Un vino da tavola in tetrapak ha un valore chiaramente diverso e ben riconosciuto dal consumatore rispetto a un vino d’annata di una DOC pregiata in bottiglia numerata.

Fatte queste premesse, vediamo quali sono le principali frodi nel mondo dell’olio e perché il consumatore non può né riconoscerle né difendersi da esse.

1) La deodorazione. Si tratta della fase finale della raffinazione degli oli e consiste nell'eliminare idrocarburi insaturi, aldeidi e chetoni, responsabili di difetti organolettici. Viene fatta sotto vuoto, ad alta temperatura e in corrente di vapore, a volte in azoto. Le temperature oscillano normalmente tra 80° e 220 °C e il vuoto deve essere spinto fino a circa 3/5 mbar di pressione. La bassa pressione e il vapore consentono la separazione dei composti indesiderati dall'olio. È un processo che possiamo definire meccanico in quanto non ci sono componenti chimici che reagiscono con l’olio e pertanto non è facilmente identificabile, anche se temperature alte e uso del sottovuoto/azoto generavano composti che in passato permettevano il rilevo di una manipolazione. Oggi però la tecnologia ha fatto passi in avanti ed è possibile ottenere deodorazioni con temperature notevolmente sotto i 100 gradi, sotto vuoto spinto e per tempi minimi, evitando la formazione di composti in forma rilevabile, utili a identificare il processo di deodorazione. È pertanto evidente l’impossibilità per il consumatore finale di scoprire se il suo extravergine è stato miscelato con un deodorato.

2) La miscelazione di oli di semi con oli extravergini. Nella comunità europea è possibile produrre e vendere oli di oliva vergini miscelati ad altri oli vegetali, fatto salvo espressi divieti nelle singole nazioni: in Italia per esempio è vietata la produzione ai soli fini del consumo interno, ma non è vietata la commercializzazione di prodotti provenienti da altre nazioni. In ogni caso se non è chiaramente indicata in etichetta è frode. Purtroppo se la percentuale di olio di semi non è predominante non è possibile per il consumatore riconoscere la frode. Molti credono che per scoprire se c’è olio di semi sia sufficiente raffreddarlo: lo si legge spesso nei forum in rete, ma non c’è alcun fondamento scientifico in ciò. Un olio portato a bassa temperatura forma cristalli che si sciolgono una volta tornato a temperatura ambiente. Ciò è dovuto alla diversa composizione triglicerica e alla presenza di cere. Un olio è formato da una molecola di glicerina a cui sono attaccate tre catene di acidi grassi. Semplificando molto, si può affermare che gli acidi grassi saturi cristallizzano a temperature prossime a quella ambiente (lo strutto è ricco di acidi grassi saturi, come l’olio di cocco o di palma); quelli monoinsaturi cristallizzano a temperature più basse prossime ai 7/8 gradi (olio di oliva, di avocado e di mandorla ne sono ricchi); quelli polinsaturi a temperature più basse (olio di soia, di canapa e di vinacciolo). Quindi la cristallizzazione dipende dalla composizione acidica degli oli e non dal frutto/seme di provenienza.

3) La colorazione. Si aggiunge clorofilla rameica, betacarotene o pigmenti che sono liposolubili, al fine di dare colore e gusto a oli di oliva o di semi che provengono solitamente da raffinerie, che sono incolori, inodori e insapori. Di questa frode ne parlano molto i giornali, a volte a sproposito, soprattutto quando dichiarano solennemente che è possibile realizzarla facilmente nella cucina di casa. Ma non accennano mai all’uso della clorofilla sintetica che gli imbroglioni aggiungono in frantoio per cercare di dare all’olio un color verde brillante. Ovviamente impossibile per il consumatore riconoscere l’uso di questo colorante.

4) La falsificazione dell’origine e cioè vendere per italiano un olio che non lo è. Come può un consumatore anche esperto capire se nella bottiglia c’è davvero un olio italiano, piuttosto che un omologo ben fatto spagnolo, greco o turco? Se non si fanno analisi chimiche mirate (per citarne una: gli steroli) non si può. E i nuovi oliveti superintensivi di cultivar straniere (per esempio la Arbequina) che si stanno impiantando in molte regioni, anche se non funzionanti o sono abbandonati, sicuramente non aiutano nella repressione delle frodi, ma danno una mano a chi vuole giustificare la presenza di olio da Arbequina nelle sue bottiglie.

5) Uso di enzimi in frantoio. Mi riferisco a quelli chimici (e non a quelli naturalmente presenti nelle olive) che favoriscono la liberazione dell’olio agendo sulla pectina e sulle pareti delle membrane cellulari che lo contengono, incrementano il contenuto di fenoli
e riducendo i tempi di lavorazione. Sono preparati in polvere o liquidi che si usano in misura variabile tra i 20 ed i 300 mg per 100 Kg di olive. Questi prodotti, anche se migliorano la qualità dell’olio, non creano danni o problemi, vengono usati in molti altri alimentari quali per esempio il vino, sono vietati perché il regolamento comunitario prevede che l’olio vergine di oliva sia ottenuto direttamente dalle olive e unicamente con procedimenti meccanici, al fine di mantenere quel concetto di naturalità, di puro succo di oliva: si possono utilizzare solamente quando il prodotto finale è un olio non commestibile. In questo caso, non è davvero possibile scoprire la frode, non solo per il consumatore finale.


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