L'arca olearia
La risposta fisiologica e morfologica dell’olivo a siccità e alte temperature dipende dalla varietà
          Un confronto tra Biancolilla, Nocellara del Belice, Cerasuola evidenzia le differenze, con le varietà con foglie più piccole e con un habitus simile all'olivo selvatico avvantaggiate contro i cambiamenti climatici
21 giugno 2023 | R. T.
Note ora le relazioni tra morfologia e fisiologia dell’olivo (varietà Biancolilla, Nocellara del Belice, Cerasuola) quando le piante sono state sottoposte ad alta temperatura e siccità, grazie a uno studio dell'Università di Palermo.
I risultati degli studi ultrastrutturali e fisiologici sull'accrescimento dei germogli, sull'anatomia delle foglie, sull'ultrastruttura dei cloroplasti e sulla produzione di ossigeno, indicano che Biancolilla è la cultivar in cui i tratti studiati hanno mostrato meno cambiamenti e può essere considerata quella con la migliore tolleranza sia alle alte temperature sia al deficit idrico.
Tra le tre, la Nocellara del Belice è apparsa la più sensibile alle condizioni di stress ambientale. Dopo tre settimane in condizioni di alta temperatura, si è osservata una diminuzione della crescita dei germogli e dei parametri fogliari e la risposta è stata ancora più evidente dopo una sola settimana quando allo stress da alta temperatura si è aggiunto quello da deficit idrico. La particolare sensibilità della Nocellara del Belice allo stress idrico è stata dimostrata anche dalla rilevante perdita di acqua dei tessuti fogliari e dagli effetti sull'organizzazione e sulla funzionalità dei cloroplasti. In questa cultivar, infatti, l'aumento della temperatura di crescita, e ancor più le condizioni congiunte di alta temperatura e deficit idrico, hanno determinato gravi alterazioni del sistema tiloide. Al danno ultrastrutturale si è associata una diminuzione dell'attività fotosintetica, più drastica di quella riscontrata nelle altre due cultivar nelle stesse condizioni; la Nocellara del Belice, in particolare, sembra soffrire particolarmente di condizioni di siccità. Ciò potrebbe essere legato al fatto che questa cultivar beneficia molto dell'irrigazione. È considerata, infatti, una cultivar ad alta produttività negli oliveti ad irrigazione intensiva.
Per quanto riguarda le altre due cultivar, le risposte all'aumento di temperatura sono state piuttosto comparabili per alcuni dei parametri considerati, come ad esempio nel caso del mantenimento di un'organizzazione plastidiale apparentemente inalterata e di una diminuzione meno marcata dell'attività fotosintetica.
Per altri parametri, invece, come l'allungamento dei germogli, il mantenimento dell'espansione fogliare e il peso secco, la Cerasuola è apparsa più sensibile della Biancolilla, con una maggiore variazione di questi parametri. Confrontando la risposta delle due cultivar al doppio stress termico e idrico, è evidente che anche in questo caso Cerasuola e Biancolilla hanno mostrato un comportamento simile per quanto riguarda l'apparente stabilità dei chioroplasti e la limitata diminuzione dell'attività fotosintetica.
La Biancolilla, inoltre, ha mantenuto la stessa espansione e lo stesso spessore della foglia e questo potrebbe essere correlato alla sua maggiore capacità di trattenere l'acqua nei tessuti fogliari. La funzionalità delle membrane fotosintetiche (vista anche al tasso fotosintetico) sembra più adattabile alle condizioni di stress esterno nella cultivar Biancolilla, spiegando anche la sua resistenza alla siccità.
Si potrebbe quindi indicare una correlazione tra l'attività fotosintetica e la produttività della pianta.
Considerando nel complesso le risposte delle tre cultivar allo stress termico, e ancor più allo stress termico e idrico insieme, si può affermare che Biancolilla e Cerasuola sono sicuramente più adattate di Nocellara del Belice a sopportare la coltivazione in condizioni di alta temperatura e carenza idrica. Inoltre, la cultivar che mostra nel complesso la maggiore resistenza alle condizioni di stress congiunto è Biancolilla. La Biancolilla, con foglie più piccole, mostra un habitus che sembra più vicino a quello dell'olivo selvatico. L'olivo selvatico, infatti, è una sclerofilla sempreverde appartenente alla macchia mediterranea e si suppone che il gran numero di varietà di olivo coltivate derivi da una selezione specifica per i caratteri di tolleranza del pool genetico locale, cioè dall'olivo selvatico stesso. Il carattere rustico di questa cultivar e la particolare adattabilità alle condizioni semiaride sperimentali potrebbero indicare una relazione più stretta con l'olivo selvatico rispetto alle altre due cultivar considerate.
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