L'arca olearia

La verità scientifica su Xylella fastidiosa. E' davvero il killer degli olivi?

Leggende e verità intorno a Xylella fastidiosa. Perchè si dice venga dal Costa Rica? Può davvero uccidere un olivo? Occorre una strage per contenere la patologia? Occorrono erbicidi e trattamenti per uccidere i vettori? Tante domande e qualche risposta

01 maggio 2015 | Alberto Grimelli

Sono molte le voci, più o meno incontrollate, che circolano su Xylella fastidiosa, il batterio ribattezzato il killer degli olivi salentini.
Dalla sua scoperta in campo, nell'estate 2013, le domande hanno superato di gran lunga le risposte e questo stato di incertezza ha alzato il livello della tensione sociale, aumentando la confusione e il rischio di avere, entro qualche anno, una situazione fuori controllo.

Nel corso dell'assemblea annuale dell'Accademia nazionale dell'Olivo e dell'Olio il tema Xylella fastidiosa è stato trattato con attenzione, con una prolusione ad opera del Prog. Giovanni Martelli dell'Università di Bari e grazie a una raffica di domande che hanno consentito di inquadrare il problema e le possibili soluzioni.

Xylella fastidiosa è un batterio Gram-negativo che possiede varianti molecolari, tanto da classificare quattro sottospecie. Quella che ha attaccato gli olivi salentini è Xylella fastidiosa pauca, con origine in Sud America, che attacca agrumi e caffè. Un ceppo identico è stato individuato anche in Costa Rica, su caffè ma è noto possa attaccare anche gli olivi, come accaduto in Argentina. Il batterio killer degli olivi non è dunque la variante Multiplex, diffusa soprattutto in California, e custodita presso i laboratori dell'Istiuto agronomico mediterraneo per motivi di studio.
Xylella fastidiosa pauca non ha infettato solo gli olivi salentini. Anche in Iran sta aggredendo gli olivi e segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati ma probabili, giungono dal Kosovo e dalla Turchia.
Come ricordato dal Prof. Martelli: “è una piccola bestiolina da quattro soldi ma è capace di fare danni incalcolabili.”

Il meccanismo d'azione del batterio è molto semplice. Si insedia nei vasi legnosi dove prolifica, arrivando a ostruirli. L'azione di Xylella fastidiosa è dunque solo meccanica, non essendoci prove, neanche da parte di studi americani, di rilasci di tossine e altri composti potenzialmente tossici per le piante.
L'abbandono delle buone pratiche agricole, in buona parte del Salento, può aver favorito l'insediamento di Xylella ma non è la causa della batteriosi. Così il rodilegno, Zeuzera pirina, non è concausa del disseccamento rapido dell'olivo. Alcuni funghi tracheomicotici, già noti per infettare l'olivo e produrre gravi danni, agiscono sicuramente in sinergia con Xylella fastidiosa.

Ma Xylella fastidiosa è la causa principale del disseccamento rapido dell'olivo? Come dimostrare la natura causale tra patogeno e malattia? Da anni gli scienziati di tutto il mondo si affidano, non solo per le patologie delle piante ma anche quelle umane, ai postulati di Koch. Merita ricordarli: 1- Il microrganismo è presente in tutti gli ammalati, assente negli individui sani. 2- Il microrganismo sospetto deve essere isolato e fatto crescere in coltura pura. 3- Il microrganismo deve causare la stessa malattia se inoculato in individui (cavie) sani(e). 4- Lo stesso microrganismo deve essere ancora isolato (coltura pura) dal(la) malato (cavia).
Sono in corso le prove di patogenicità di Xylella fastidiosa su olivo. In semenzali inoculati con il batterio sono riscontrati i sintomi (ndr non ancora la presenza del batterio secondo il quarto postulato di Koch). E' stata anche dimostrata la capacità dell'insetto vettore, Philaneus spumarius (sputacchina media), di infettare le piante, producendo sintomatologia simile a quella dell'inoculo sperimentale.
“Non ci sentiamo ancora di dire con certezza che Xylella fastidiosa è l'unico responsabile del disseccamento rapido dell'olivo – ha dichiarato il Prof. Martelli – ma siamo fiduciosi di poterlo dimostrare entro breve, anche agli agnostici.”

E' possibile curare le piante?
Non è possibile curare alcuna batteriosi sulle piante coltivate, non essendo possibile l'uso di antibiotici. Anche qualora fosse possibile l'uso di antibiotici, la localizzazione di Xylella, nei vasi legnosi, rende difficile il trattamento.

Perchè allora alcune piante sembrano “rinascere” dopo l'utilizzo di buone pratiche agricole?
Il periodo di decorso della malattia dipende da vari fattori. Il tempo di occlusione dei vasi da parte del batterio non è immediato. Vi possono quindi essere dei riscoppi vegetativi lungo vasi non ancora infetti o non compromessi. Appena anche questi si occludono, però, mancando il nutrimento anche i giovani getti sono destinati a morire. Allo stesso modo le radici dell'olivo, non ricevendo più nutrimento dalla chioma, seccheranno, portando a morte l'intera pianta.

Vi sono varietà di olivo resistenti o tolleranti a Xylella fastidiosa?
Al momento non sono note varietà vegetali resistenti alla malattia, ovvero in grado di non farsi infettare oppure di sconfiggere l'infezione. Sono state riscontrate differenze, nello stesso Salento, tra diverse varietà di olivo. Purtroppo sia l'Ogliarola leccese sia la Cellina di Nardò paiono particolarmente sucettibili a Xylella fastidiosa. Più tollerante pare invece essere la Leccino sui cui è stato riscontrata una minore carica batterica e una sintomatologia decisamente meno accentuata. Vi è dunque la speranza di trovare, nell'ampio germoplasma italiano, cultivar tolleranti, per poter ridare vita all'olivicoltura salentina.

Quanti e quali sono gli insetti vettori di Xylella fastidiosa su olivo?
L'Efsa, sulla base della bibliografia esistente, individua molti insetti vettori su cui consiglia di effettuare la lotta. Da studi effettuati, però, solo Philaneus spumarius (sputacchina) è effettivamente portatore del batterio, che invece non è stato isolato, se non saltuariamente, negli altri insetti.

Per combattere la sputacchina è necessario per forza operare attraverso erbicidi e pesticidi? E' possibile una lotta biologica?
La sputacchina compie una sola generazione all'anno e si insedia su olivo solo in estate dove si nutre della linfa dai germogli più giovani. L'insetto, arrivato in autunno, va a deporre le uova sulle specie spontanee, anche quando secche. La schiusura delle uova avviene in primavera.
In base a detto ciclo è possibile affermare che il diserbo dell'oliveto con erbicidi non è determinante per il contenimento della popolazione, potendo deporre su erba secca. Il diserbo meccanico, attraverso trinciatura e interramento delle erbe, può però essere utile per ridurre le uova. In certe annate o condizioni la sputacchina può proliferare molto, rendendo necessario il contrasto anche all'adulto sugli olivi. In questo caso si possono utilizzare principi attivi autorizzati in regime di agricoltura integrata ma è possibile applicare anche buone pratiche agronomiche in regime biologico per il contenimento dell'insetto.
Di seguito si citano quelle consigliate da Federbio:
- barriere meccaniche: fasce collanti, tessuto non tessuto; reti antiinsetto;
- barriera fisica su polloni o piante adulte: caolino, silicato di sodio;
- impiego di prodotti rameici;
- impiego di propoli e altri corroboranti;
- utilizzo di piretro naturale (insetticida per il controllo del vettore sia su olivo che sulle piante
ospiti del vettore);
- distribuzioni di zolfo ventilato contro stadi giovanili;
- preparati biodinamici;
- distribuzioni di repellenti;
- piante trappola da trattare con piretro, contro adulti in fase di aggregazione preriproduttiva in campo.

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Natascia Riggi

03 maggio 2015 ore 02:10

Salve,
mi complimento per l'articolo, che da una visione completa e tecnica della tragedia che sta minacciando l'olivicoltura nazionale.
Ignoravo la presenza di olivi in Kosovo, in che zona vengono coltivati?
In che zona è stata riscontrata la patologia?
Grazie mille

Giorgio Greco

02 maggio 2015 ore 15:16

Buongiorno,
lasciamo per un attimo da parte la Xylella Fastidiosa. L’unico dato certo che abbiamo in provincia di Lecce è il seguente:
un gran numero di ulivi, di cui molti secolari, hanno perso l’anima e assomigliano a fantasmi in distese incolte. Lottano, ma sono esausti, subiscono ogni sorta di incuria e maltrattamento. Il terreno che li ospita, nella maggior parte dei casi, non viene arato e l’erba, spesso, non viene decespugliata, bensì trattata con i diserbanti. La potatura è un ricordo lontano - la fanno da padrona succhioni ormai alti e robusti come cipressi che estraggono la linfa vitale a mo’ di vampiri - oppure si riduce ad un intervento pesante, una vera e propria capitozzatura difficilmente rimarginabile.
I Giganti del Tempo, seppure forti e resistenti, come possono continuare ad incassare tanti colpi e rimanere ancora sul ring? In queste condizioni l’amaro destino dell’ulivo nel Salento sembra già segnato, debole, consumato com’è, esposto agli attacchi di batteri e parassiti, causa di malattie varie.

Detto questo, domando:
se l’epidemia da Xylella Fastidiosa ora in atto, al suo arrivo, avesse trovato la maggior parte degli oliveti nello stato di minimo garantito avrebbe contagiato così tanti alberi e nella maniera a cui, purtroppo, assistiamo giorno dopo giorno?
Per minimo garantito, da attuare regolarmente, intendo:
decespugliamento dell’erba, eliminazione di succhioni, polloni e secco, sfoltimento della chioma, potatura leggera, concimazione naturale con erba sbriciolata derivante dal decespugliamento e cenere di legna derivante dalla bruciatura dello scarto.

Visto che l’insetto vettore si insedia sull'ulivo solo in estate dove si nutre della linfa dai germogli più giovani, chiedo ancora:
come mai sui miei alberi ed altrove il batterio si è diffuso maggiormente a fine dicembre-gennaio, quando le temperature hanno registrato un brusco calo, facendo seccare i germogli giovani venuti fuori con le miti temperature autunnali?

Osservate le alte temperature di novembre e fino a circa metà dicembre a Lecce che hanno prodotto nuovi germogli sugli ulivi. Osservate il repentino calo delle temperature di fine dicembre, con addirittura la neve, e lo sbalzo termico tra minime e massime di molti giorni di gennaio. E’ proprio in quei 20 giorni di clima rigido che ho assistito ad una recrudescenza della Xylella Fastidiosa:

http://www.ilmeteo.it/portale/archivio-meteo/Lecce/2014/Novembre

http://www.ilmeteo.it/portale/archivio-meteo/Lecce/2014/Dicembre

http://www.ilmeteo.it/portale/archivio-meteo/Lecce/2015/Gennaio



Salute a tutti.

Alberto Grimelli

02 maggio 2015 ore 09:58

Gent. Sig. Mongelli,
non si può paragonare il meccanismo d'azione di un insetto e quello di un batterio. Qualunque insetto, per completare il proprio ciclo vitale, deve uscire dalla pianta e lì è aggredibile. Così non è per i batteri che invece possono tranquillamente proliferare all'interno della pianta, senza mai uscirne.
Tra l'altro l'infezione, nel caso di Xylella fastidiosa, non si propaga dal basso verso l'alto, ma, al contrario, dall'alto verso il basso. La sputacchina infetta i giovani germogli e da qui il batterio discende lungo i vasi della pianta.
Come ricordato brevemente nell'articolo i tempi di propagazione dell'infezione sono molto variabili, anche in considerazione dello stato di salute generale della pianta. Non solo. E' possibile che alcune piante, biotipi, siano meno sucettibili di altre.
Come per l'uomo la risposta a un'infezione non è la stessa per tutti gli individui. L'intensità dei sintomi può essere anche molto variabile.
Cordiali saluti

massimo mongelli

02 maggio 2015 ore 09:32

buongiorno, vorrei dare, forse inutilmente ma ci provo lo stesso, un piccolo contributo. Negli anni '50 vigeva la pratica di lasciare i polloni, nel mese di agosto-settembre, sotto la pianta pensando di lasciare all'oziorrinco un attrattiva utile.
Quella pratica, almeno così parve, fu la causa di una improvvisa moria per disseccamento di svariate decine di alberi nel nostro oliveto, "il verme secco" dissero, contro il quale nulla poteva essere fatto perchè si annidava nei vasi linfatici della pianta e quindi era irraggiungibile da prodotti chimici o pesticidi, che all'epoca non erano fuori legge (tipo il famigerato DDT!).
Mio zio Giuseppe, diplomato all'Istituto Agrario di Andria, che aveva appena trivellato un pozzo artesiano,in primavera con l'acqua che abbondante sgorgava da 380 metri di profondità, non c'erano ancora impianti "a goccia", allagò il terreno circostante gli alberi compresi quelli attaccati dal "verme secco" e che sembravano ormai persi; la linfa riprese a circolar prepotentemente intrappolando e strozzando nel canale linfatico l'insetto. Di questo ne avemmo conferma immediata perchè ripresero a comparire piccole gemme sui ramo "secchi" !
Furono tutti salvati gli olivi, anche quelli che sembravano ormai completamente secchi, ci vollero oltre dieci anni per ridare all'albero la sua originale forma, ma si evitò il peggio !
Buon lavoro a tutti.

Marco Antonucci

02 maggio 2015 ore 08:13

Quando si legge un articolo cosi semplice, chiaro, ben fatto, privo di commenti superflui, ci si rendo conto sempre di più della validità (sotto tutti i punti di vista) di Teatro Naturale. (È sempre più mi onoro di far parte di questa grande famiglia). Marco Antonucci