L'arca olearia
Regolamenti e mercato: facce della stessa medaglia analizzati dagli operatori della filiera olearia
Ciclicamente accade che il comparto olivicolo entri in fibrillazione e si aprano scontri e conflitti tra i diversi soggetti che compongono il settore. Siamo già arrivati alla bonaccia oppure si è ancora nel mare in tempesta? La parola a Assitol, Federolio e Ceq
08 giugno 2013 | Alberto Grimelli
Qualche anno fa lo scontro, molto duro, si accese sull'origine obbligatoria in etichetta. Un percorso tortuoso, tra leggi nazionali bocciate da Bruxelles, per poi approdare a un regolamento comunitario, in realtà si trattava di una modifica del 1019/02, che introduceva appunto la designazione di provenienza obbligatoria sulle bottiglie d'extra vergine.
Vi fu quindi un periodo, durato non più di due anni, di relativa bonaccia, in cui non si pensava di modificare norme e regolamenti ma anche durante il quale il prezzo dell'olio extra vergine d'oliva fu abbastanza soddisfacente.
Da poco più di un anno ci ritroviamo però di nuovo col mare in tempesta e la filiera olivicolo-olearia spaccata su molte posizioni.
La legge Salva Olio Italiano ha creato schieramenti piuttosto precisi e definiti, così anche la revisione dei parametri chimici a Bruxelles, sponda Commissione europea, e a Madrid, sponda Coi.
La situazione è che la legislazione per l'extra vergine è cambiata o in procinto di cambiare, secondo percorsi ormai incardinati tanto in Europa quanto al Consiglio oleicolo internazionale.
A fronte di leggi e regolamenti in itinere il mercato dell'olio appare quantomai imbizzarrito. I prezzi, soprattutto a causa delle grandi variazioni di produzione in Spagna, è in altalena e le vendite nel vecchio continente faticano mentre sembra andare a gonfie vele in paesi emergenti. Un quadro instabile.
Dobbiamo dunque aspettarci un prossimo futuro di bonaccia o ci sarà ancora tempesta? Lo abbiamo chiesto a Claudio Ranzani, direttore Assitol, a Gennaro Forcella, presidente Federolio e a Mauro Meloni, direttore del Ceq (Consorzio extra vergine di qualità).
-Il quadro normativo per gli oli d'oliva, almeno in Europa si sta apparentemente stabilizzando. A fronte di un giro di vite sulla tracciabilità delle produzioni e della commercializzazione vi è stato il mantenimento dello status quo per quanto riguarda etichettatura e presentazione del prodotto. Soddisfatti oppure sarebbe necessario intervenire ancora? Eventualmente in quale campo?
Assitol: Più che di ulteriori cambiamenti, sarebbe opportuno che finalmente si inaugurasse un periodo di “pace legislativa”. Come ci dimostra la storia recente del settore, le modifiche all’assetto normativo, in particolare sull’etichettatura, sono state frequenti nel tempo e hanno inciso in profondità il quadro legislativo europeo e provocato aumenti dei costi e obsolescenza delle scorte di etichette e confezioni, tanto più negative in un momento di gravi difficoltà economiche. Per molti operatori, una certa stabilità potrebbe davvero rappresentare l’unico vero intervento da auspicare.
Federolio: Per la verità il quadro normativo nel settore dell’olio di oliva ha registrato varie novità anche recentissime; basti pensare che il regolamento di modifica del reg. Ue 29/2012 sulle norme di commercializzazione introdurrà l’obbligo di apporre la designazione dell’origine nel campo visivo principale della confezione insieme alla denominazione; esso preciserà altresì le dimensioni dei caratteri che dovranno essere rispettate per queste indicazioni. Tali disposizioni, è bene rilevarlo, sono alquanto diverse da quelle dettate dalla normativa comunitaria (reg. Ue 1169/2011) per la generalità dei prodotti alimentari. Il che conferma lo status piuttosto particolare del settore dell’olio di oliva.
Né può sfuggire il processo alquanto travagliato che sta alla base delle nuove norme di commercializzazione: prima non era previsto che la designazione dell’origine dovesse stare nel campo visivo principale (testo notificato al WTO) e dopo sì; prima c’era una disciplina per le vendite alle strutture HORECA e poi cade.
Insomma la stabilizzazione del quadro normativo è in effetti più apparente che reale.
Veniamo agli interventi necessari.
Chi segue attentamente il settore sa che occorrerebbe maggiore chiarezza su alcuni aspetti della disciplina sulle caratteristiche chimico – fisico - organolettiche degli oli di oliva. La metodica degli alchil esteri, ad esempio, è stata introdotta senza il supporto di un’adeguata sperimentazione e solo adesso si stanno approfondendo alcuni aspetti dell’andamento nel tempo di questa determinazione.
Quindi non può essere dimenticata la problematica del panel test. Un documento della Federolio del 2011 - in cui certo venivano mosse varie critiche alla metodica - è stato oggetto di una lettura sovente distorta. In tale documento infatti veniva proposto, soprattutto, di far funzionare la metodica in modo conforme alla lettera e allo spirito del reg. Cee 2568/91 e s.m. anche senza apportare modifiche.
Comunque si allegano alcuni stralci del documento della Federolio sul panel test perché si ritiene che esso meriti una (ri)lettura più serena e meno viziata da pregiudizi.
Ceq: Trasparenza e chiarezza nell’etichettatura andrebbero ancora migliorate, ma il problema più grande rimane quello relativo ai mercati terzi dove purtroppo diventa impossibile avere anche minime garanzie sull’eliminazione dei messaggi ingannevoli e sull’effettivo controllo da parte delle autorità locali. In aggiunta è bene tenere presente, che nei mercati fuori dalla UE, le regole dell’etichettatura applicabili sono quelle del Paese di destinazione.
Spesso ci vengono segnalate situazioni lesive della concorrenza che danneggiano le aziende italiane serie, piccole e grandi, senza che si possa intervenire con strumenti efficaci per difenderle.
In questo ambito andrebbe intensificata la cooperazione tra il nostro paese e le autorità dei paesi dei mercati di destinazione, anche attraverso la formazione dei quadri ispettivi, tuttavia ciò non ci evita il problema , sollevato innanzi, relativo alla forte concorrenza esercitata dagli altri Paesi produttori, siano essi europei (in primis la Spagna) che del più vasto bacino mediterraneo. Almeno in Europa le condizioni competitive, sul fronte dei controlli e delle autorizzazioni dovrebbero essere armonizzate e attualmente non lo sono. La circostanza che l’Italia abbia i maggiori controlli sui prodotti alimentari rispetto ad altri Paesi europei, se da un lato potrebbe rappresentare un punto di forza, dall’altro, non viene recepito adeguatamente dal mercato.
-A fronte di una apparente stabilizzazione normativa, il quadro economico e di mercato appare quanto mai incerto. In Europa i consumi rallentano solo a causa della crisi? Fin quando le crescite di consumo in alcuni mercati emergenti (Cina, India, Russia ecc) resteranno a due cifre?
Assitol: In Europa, il principale problema resta la crisi dei consumi, che fa sentire il suo peso sul mercato interno italiano e sulle nostre esportazioni. A questo fenomeno, si aggiunge poi l’aumento dei prezzi degli oli d’oliva che, come in altre simili situazioni in passato, ha aggravato il calo dei consumi e delle vendite.
Infine, l’attuazione dell’articolo 62 sui pagamenti dei prodotti alimentari sembra aver provocato fenomeni di destoccaggio. In altre parole, la distribuzione ha preferito puntare sulle scorte esistenti, cercando di smaltire i quantitativi in eccedenza, piuttosto che comprare altro olio. Anche le promozioni, negli ultimi mesi, hanno avuto risultati inferiori al solito.
Per quanto riguarda la buona performance dell’export, con i Paesi emergenti, speriamo che i consumi di olio d’oliva possano continuare a crescere, ma non va trascurato il rischio che quegli stessi acquirenti possano presto trasformarsi in produttori: il primo ad aver intrapreso tale strada è la Cina, che ha già dimostrato in altri ambiti la capacità di sapersi imporre sui mercati in tempi relativamente brevi.
Federolio: Al di là della crisi – avvertibile peraltro essenzialmente sul mercato nazionale anche se solo recentemente in termini più vistosi – deve dirsi che lo sviluppo della commercializzazione dell’olio di oliva non da oggi è comunque legato a quanto si saprà fare sui mercati dell’export; ciò senza dimenticare che alcuni Paesi terzi cominciano, qua e là, a porre in essere forme di contegno protezionista.
Detto questo, la grande capacità degli operatori italiani del settore finora ha sempre dimostrato di reggere adeguatamente la sfida dell’export pur tra gli inevitabili alti e bassi degli andamenti mercantili. Quello che serve veramente è che non si facciano autogol (ricordiamo i problemi che certe campagne di stampa hanno creato su alcuni mercati appena lo scorso anno) e che si realizzino politiche adeguate. Il Sistema nazionale di qualità potrebbe essere una significativa articolazione di questa politica tanto più se nell’ambito di un rilancio di attività promozionali supportate, semmai, anche da una più razionale utilizzazione della leva salutistica.
Ceq: Una cosa sono le norme una cosa sono i consumi. Una normativa più trasparente può orientare meglio i consumatori e può avere un effetto sulle percentuali di vendite relative tra le diverse tipologie di offerte della categoria, minore influenza avrebbe sul fatturato totale del settore. La crisi ha una grossa responsabilità sui consumi in quanto tende in genere a consolidare i prodotti tradizionali del paniere di quel paese, con conseguente potenziale impatto negativo sui prodotti di importazione. Nei paesi emergenti i consumi di olio di oliva sono ancora molto ridotti e da qui è facile capire che gli incrementi relativi viaggiano per ora a due cifre. Non esistono limiti tuttavia, basta pensare che l’incremento delle importazioni USA di olio di oliva tra il 2011 e il 2012, è stato del 10%, equivalente quasi al totale delle importazioni cinesi. Il problema è piuttosto quello di sviluppare in questi paesi una strategia di comunicazione di lungo periodo e di aumentare le quote del nostro paese. In aggiunta se consideriamo i Paesi emergenti del Brics , la crescita dell’Italia non è al pari della Spagna. E’ sufficiente analizzare le quote di mercato ad esempio detenute dall’Italia in Brasile e Cina per comprendere che , se è vero che il mercato cresce a due cifre %, come detto, è altrettanto vero che il peso dell’Italia è sicuramente inferiore rispetto alla Spagna o, nel caso del Brasile, al Portogallo. In questi Paesi ciò che conta non è la qualità ma il fattore decisivo è il prezzo ed è per questo che l’Italia non riesce a farsi valere. Per poter risolvere questa situazione sono necessari interventi, non tanto a livello europeo ma a livello di Consiglio Oleicolo internazionale.
L'inchiesta proseguirà nelle prossime settimane dando voce agli altri esponenti della filiera olivicolo-olearia.
Commenta la notizia
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Accedi o Registrati