L'arca olearia

I FRANTOIANI SONO I VERI ARTIGIANI DELL’OLIO

Hanno discusso sul futuro e le prospettive della categoria, ma non solo. Durante l’assemblea dell’Aifo, tenutasi a Sibari il 4 giugno, un vivace scambio di opinioni tra relatori e pubblico sul settore oliandolo del nostro Paese e su come vivere da protagonisti questo momento storico. D'altronde nessuna oliva, da sola, diventa olio

11 giugno 2005 | Francesca Gonnelli

Il 4 Giugno si è svolta a Sibari, Cassano Ionio, l’8° Assemblea dell’Associazione Italiana Frantoiani Oleari. L’interesse che ha destato un considerevole numero di presenze è stato sollecitato dal titolo con il quale A.I.F.O. ha dato appuntamento a tutti i frantoiani sulle sponde del Mar Ionio: “Quale futuro per gli artigiani dell’olio”.
In attesa dei regolamenti attuativi della Riforma Ocm, un vivace scambio di opinioni si è sviluppato durante tutta la mattinata grazie agli interventi di rappresentanti del settore olivicolo, della cultura e della politica:Giovanni Iannuzzi Direttore Provinciale Confagricoltura Cosenza, Pietro Tarasi Presidente Provinciale Coldiretti Cosenza, Paolo Cipriani Direttore Nazionale Unapol, Piero Gonnelli Presidente Aifo., On. Giampaolo Sodano Vice Presidente Aifo., Rosario Branda Direttore Assindustria Cosenza, Giovanni Gravina Presidente Regionale Confartigianato, Giacomo Laterza Direttore Commerciale Gruppo Pieralisi, On. Mario Pirillo Assessore Regionale Agricoltura e Foreste Regione Calabria, Nino Cristofaro Isa, Enzo Perri Direttore Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura di Cosenza, Maurizio Niccolai Presidente Consorzio Le Vie dell’Olio, Benito Scazziota Dirigente Servizio Sperimentale Arssa/Aiab, Marisa Giannone Dirigente Servizio Provinciale Agricoltura della Regione Calabria, Rosetta Cozzole Assessore Provinciale al Turismo.
Comprendere le diverse esigenze della filiera olio nelle varie realtà italiane e creare un reale clima di collaborazione tra gli operatori del settore, sono le esigenze chiaramente emerse fra i frantoiani del Nord quanto del Sud Italia.
La capacità di ogni frantoio di imprimere un preciso Dna all’olio di oliva che produce grazie al connubio di esperienze, tecnologie impiegate e personale qualificato rappresenta, di fatto, una vera e propria certificazione come accade per i prodotti a marchio Dop. Con un gioco di parole si potrebbe parlare di una Dof. ovvero di una denominazione di origine frantoiana. Ma credo che contribuire ad aumentare la già ricca gamma di marchi di certificazione avrebbe solo effetti dannosi e controproducenti per il mercato e per il consumatore finale.
Certo è che il frantoio, quale unico “produttore” di olio, è sicuramente capace di imprimere determinate caratteristiche organolettiche al prodotto finale basandosi su alcune variabili quali le condizioni pedoclimatiche, la scelta delle cultivar impiegate e non ultima l’abilità del singolo frantoiano.
Ecco che, come emerso durante l’Assemblea Aifo, è possibile riconoscere al frantoio la qualifica di “impresa artigiana”.
Tale riconoscimento permetterebbe di mediare due anime presenti nell’impresa frantoio: quella artigianale legata al territorio e quella innovativa e tecnologica diventata, ormai, necessaria.
Un tale riconoscimento attribuirebbe al frantoio un ruolo ben preciso all’interno e all’esterno della filiera, capace di distinguerlo in modo sostanziale dalle grandi multinazionali e di qualificarlo come azienda che, se da una parte sono pronte ad affrontare i cambiamenti del mercato dall’altro conservano un ruolo di trasformatore che rispetta le tradizioni e gli usi al fine di rendere il nostro olio di oliva un prodotto inimitabile.
Conservare il carattere artigianale consente, poi, al settore olio e al nostro Paese, di creare un indotto rilevante. Potenziare il legame con il territorio valorizza i prodotti creando interesse ed attrattiva non solo per gli aspetti strettamente collegati al turismo, che comunque ci permettono di presentare i nostri prodotti direttamente nel luogo di origine, ma anche perché tale potenziamento crea i presupposti per nuova offerta di lavoro finalizzata ad un impiego di manodopera a carattere indeterminato e stagionale.
Il futuro dell’olivicoltura italiana non potrà sfociare nella creazione di strutture destinate all’ammasso di olio per il conferimento alle multinazionali ma dovrà puntare ad un’attenta ed adeguata valorizzazione del nostro prodotto sui mercati internazionali.
Proprio per questo A.I.F.O. ha richiesto a gran voce uno spirito di vera collaborazione tra le Associazioni che rappresentano gli operatori di tutta la filiera. E proprio per questo motivo, durante l’Assemblea, è stata sottolineata la necessità di una chiara distinzione dei ruoli:
l’olivicoltore, reale produttore della materia prima, deve svolgere il proprio compito con la consapevolezza che il mondo sta cambiando, che altri Paesi si stanno affacciando sul mercato con prodotti di buona qualità ottenuti a costi nettamente inferiori ai nostri e che pertanto, poiché non riusciamo a competere sul prezzo, dovremmo sforzarci di produrre a costi più bassi. Per questo motivo sarebbe auspicabile un piano olivicolo nazionale che aiuti gli agricoltori, dove sarà necessario, nel reimpianto o nella ristrutturazione degli oliveti.
Il frantoio, come bacino di ricezione delle olive, deve adeguare le proprie infrastrutture ed impiegare la miglior tecnologia disponibile al fine di ottenere un olio capace di incontrare le aspettative ed il gusto dei consumatori. Necessario, quindi, uno stanziamento di fondi per la ristrutturazione dei frantoi.
Infine l’azienda di confezionamento che vivendo la realtà del mercato, grazie al contatto diretto con i consumatori, può trasmettere agli altri anelli della filiera le indicazioni necessarie per andare incontro alle esigenze dei consumatori.
E’ quindi assolutamente necessaria una regia per una valorizzazione sinergica capace di interagire con le esigenze territoriali. A tale scopo, durante la parte privata dell’Assemblea, A.I.F.O. ha provveduto a nominare i propri Coordinatori Provinciali per creare degli effettivi punti di incontro tra la sede operativa nazionale e le realtà locali. Inoltre, dal 13 maggio è già operativa, grazie alla sinergia con Confartigianato, l’Associazione provinciale A.I.F.O. di Viterbo.
Abbiamo tutti interesse a migliorare i servizi attraverso forme organizzative più trasparenti possibili mediante la creazione di rapporti diretti tra lo Stato, gli Enti regionali e i frantoiani. Puntare alla qualità, inoltre, richiede ingenti investimenti e risorse umane adeguatamente formate ed informate. Questo si traduce nel supportare, senza sprechi di risorse, un’attività imprenditoriale che svolge una precisa funzione sociale. Per questo durante l’Assemblea è stata segnalata l’emergente figura dell’oleologo come ruolo professionale che inizia a diffondersi grazie ad alcune Università di Agraria che, attraverso un numero crescente di seminari e di Master specifici, rendono anche percepibile come sia aumentata la richiesta di aggiornamenti e di formazione.
Riconoscere ai frantoiani la capacità di veri e propri produttori di olio significa anche comprendere che il frantoio, come impresa, svolge un ben preciso servizio sul territorio italiano che oggi necessita il suo riconoscimento.
Può sembrare banale ma nessuna oliva, da sola, diventa olio.

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