L'arca olearia

SIAMO ALLE SOLITE. ECCO L’ENNESIMA TRUFFA CON FINTO OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA. SEQUESTRI PER 110 TONNELLATE

Che il fenomeno sia di larghe proporzioni non vi sono dubbi. Nelle province di Caserta e Salerno i carabinieri dei Nas hanno scoperto alcune partite di oli insaporite e colorate con additivi chimici. Non è che la punta di un iceberg, manca purtroppo la volontà politica nel combattere le sofisticazioni. La grande incognita di cui si dice ancora poco resta intanto il ricorso a oli esterificati ottenuti attraverso un processo industriale di sintesi

26 marzo 2005 | Francesca Racalmuto

Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima che un olio di semi venga spacciato per olio extra vergine di oliva. Accade, come è accaduto in passato; e accadrà finché non ci sarà una precisa volontà politica nel fronteggiare dignitosamente il problema frodi e sofisticazioni.

L’olio extra vergine di oliva contraffatto è un classico a cui si è abituati. Non ci stupiamo per questo. Il lavoro degli organismi di controllo esiste ed è qualificato, ma fintanto che non si legifera in maniera seria non cambierà nulla.

Legiferare in maniera seria significa fare in modo che coloro che vengono ritenuti colpevoli di frode e sofisticazione non debbano limitarsi a versare solo una multa di qualche migliaio di euro.

Solo attraverso una normativa che intervenga a livello di codice penale si può fronteggiare il fenomeno. Non solo, è soprattutto a partire da una regolamentazione più severa, con parametri meglio definiti che si può ostacolare il fenomeno dei falsi. Ad oggi invece le regole sono di scarsa efficacia perché a maglia larga. E’ difficile tutelare i consumatori e i produttori seri nel momento in cui manca una precisa volontà in tal senso. Lo ripetiamo: per fronteggiare le frodi e le sofisticazioni è necessario un cambiamento di rotta.

I sequestri che hanno effettuato i Nas è poca cosa rispetto alla vastità del fenomeno. Il limite è proprio dovuto a impedimenti di carattere burocratico. C’è da chiedersi a chi giova tale stato di incertezza.

Tornando intanto all’episodio della cronaca di questi giorni, le persone coinvolte dall’indagine della Procura della Repubblica di Vallo della Lucania sono in tutto cinque. La materia prima veniva acquistata da più parti ma era lavorata a Pagani e Cicerale, in provincia di Salerno. Il mercato di riferimento era quello tedesco, molto recettivo in materia di oli, ma evidentemente anche di oli camuffati, di finti extra vergine.

A questo punto un interrogativo sorge spontaneo. Da una parte c’è chi inganna, è vero; ma dall’altra c’è pure chi vuole “accettare” l’inganno. Se chi acquista un extra vergine per poi rivenderlo al consumatore finale vuole comunque spuntare dei prezzi eccessivamente bassi non è a questo punto responsabile a sua volta - in maniera indiretta - della contraffazione?

La truffa fa diventare ricchi. Il costo della materia prima si aggirava intorno ai 40-50 centesimi al litro, mentre il prodotto incriminato veniva presentato al consumatore a un prezzo tra i 4 e i 5 euro. Un bell’affare, senza nemmeno le fatiche dell’essere onesti. Inoltre, quale ciliegina sulla torta, il falso extra vergine era perfino spacciato per olio da agricoltura biologica. Proprio una bella storia. Peccato che i nomi delle cinque persone coinvolte non vengano resi noti, a parte le iniziali. Perché questa pruderie? Intanto i beni sottoposti a sequestro ammontano a sei milioni di euro. Non sono briciole.

L’organizzazione curava di presentare al meglio il prodotto, partendo da oli di semi – peraltro di qualità pessima - cui si aggiungeva betacarotene per insaporirli e clorofilla industriale per dare colore. Gli oli venivano dopo la contraffazione imbottigliati con marchi di fantasia e riferimenti ad aziende inesistenti seppure con sede nelle regioni a maggiore vocazione olivicola, in modo da risultare di fatto riconoscibili e apprezzati dal consumatore. Il finto extra vergine made in Puglia, Lucania e Toscana. La commercializzazione, con falsi documenti commerciali, riguardava anche l’Italia del Nord, oltre che l'estero.

L’aspetto più preoccupante è che avvenisse in stretta economia, giusto per ricavare il massimo dei guadagni. Di qualità scadente erano gli olio di semi, ma anche i prodotti chimici e gli additivi utilizzati, anch’essi di basso costo. In più c’è da rilevare che le operazioni avvenivano per giunta in modo improvvisato, senza nemmeno una adeguata formazione nel disporre i dosaggi giusti, onde evitare danni alla salute.

Non solo oli di semi camuffati, per ingannare il consumatore spacciandoli per extra vergini. In chiusura cito da un lavoro di Luigi Caricato pubblicato sull’annuario dell’Unione italiana vini “Enotria”, nel 1999, ma ancora attuale, una dichiarazione di Nino Alfio Pettinato, allora comandante dei Nas: “... vi è il fenomeno della commercializzazione di oli esterificati, ottenuti attraverso un processo industriale di sintesi, partendo dalla materia prima costituita da acidi grassi animali trattati con solventi (solitamente glicerina) e aggiunta di olio vergine di oliva – cosiddetto inferno (pressione spinta del seme di oliva), al fine di ottenere un olio extra vergine di oliva dalle riconosciute caratteristiche organolettiche.”

Il problema degli oli contraffatti non è comunque di facile soluzione, il rischio maggiore viene dalla vendita “porta a porta”, una strada difficile da contrastare. Il lato brutto del fenomeno sofisticazioni consiste inoltre nel fatto che a pagarne le conseguenze sono soprattutto certe categorie di consumatori deboli, che si affidano a un prodotto che ritengono di qualità e perfino buono per la salute solo perché in etichetta recita la parola magica “extra vergine”, senza però esserlo veramente. Costoro non comprendono che una discriminante è il prezzo, ma la storia è molto complessa. Come al solito gli onesti faticano ad avere spazi di mercato, mentre altri si impongono con l’inganno, sfruttando a loro vantaggio l’incultura del consumatore medio.