Bio e Natura

PREOCCUPAZIONE NEL SETTORE DEL BIOLOGICO. DIMINUISCONO LE AZIENDE E ANCHE I CONSUMI SONO IN UNA FASE DI "CRESCITA RALLENTATA"

Un quadro poco rassicurante emerge dal Sana, salone internazionale del naturale, una tendenza negativa che coinvolge tutto il comparto. L’Italia resta sempre leader in Europa ma pare che la spinta propulsiva di qualche anno fa si sia esaurita, con qualche eccezione

18 settembre 2004 | Ernesto Vania

Un’edizione all’insegna dell’internazionalità quella del Sana 2004. Gli espositori stranieri sono passati dai 400 del 2003 ai 503 di questa edizione, registrando un +26%. Anche il numero dei Paesi rappresentati è cresciuto: gli espositori esteri provenivano da 46 Paesi di Europa, America, Asia, Africa e Oceania, contro i 34 Stati presenti lo scorso anno (+35%). In forte aumento anche gli operatori stranieri che hanno visitato il Salone, che hanno raggiunto le 4.000 presenze. Una crescita del 35% rispetto all’edizione 2003, che ne aveva registrati 3.400.

A fronte di un consolidarsi dell’interesse e della presenza di stranieri, preoccupa invece la situazione del biologico italiano.

“Le colture biologiche continuano a rappresentare un elemento trainante nello sviluppo della nostra agricoltura” ha detto il Ministro Alemanno, ma a fronte di queste parole e di altre ottimistiche dichiarazioni di facciata emerge nel settore una situazione e dei numeri che cominciano a preoccupare e fanno comunque riflettere.
Nell’ultimo anno è calato il numero delle aziende Bio (circa 15.000 in meno) e la tendenza negativa riguarda anche i consumi ed in particolare quelli dei prodotti ortofrutticoli. L’Italia resta sempre il primo produttore in Europa ed una pausa di riflessione che stabilizzasse prezzi, qualità ed offerta era prevista.
Probabilmente questo fenomeno, che è stato definito “crescita rallentata” del biologico, sconta, oltre alle ridotte capacità di spesa delle famiglie italiane, problemi vecchi e non risolti, quali le dinamiche nella formazione dei prezzi e la mancata organizzazione delle filiere che generano ancora un livello dei prezzi superiore rispetto agli alimenti convenzionali nell’ordine del 20-30 per cento in più.

I dati del biologico, però, non sono tutti negativi. Aumentano -evidenzia l’Anabio-Cia- le produzioni zootecniche con punte interessanti: pollame più 37%, bovini più 15%. Cresce in Italia anche la coltura biologica dell'ulivo: la superficie di oliveti coltivati con sistemi biologici è raddoppiata negli ultimi 5 anni. È passata da 59.956 ettari (1999) ad oltre 94.425 nel 2003. Secondo Legambiente, l'olivicoltura bio costituisce l'8,7% delle superficie agricola complessiva coltivata a biologico nel nostro paese ed è concentrata in Calabria (che da sola copre il 29,4 % della superficie di oliveti biologici) e in Puglia (29,1%). Seguono Sicilia (8,9%) e Toscana (7,9%).
Inoltre, dati molto significativi ci guidano alla scoperta di un biologico che appare in profonda mutazione: la superficie media aziendale è di 21 ettari, mentre nelle aziende convenzionali la Sau media è di 5 ettari.
I dati riferiti alla stima del fatturato del biologico e diffusi dall’Ismea indicano in 250 milioni di euro il fatturato per la frutta biologica, 207 milioni per l’olio di oliva, 198 milioni per gli ortaggi. Oltre 750 milioni di euro, con un incremento dell’8,5 per cento secondo Databank, è il fatturato alla produzione nel 2003. Il fatturato al consumo in Italia, secondo l’Ismea, è pari a 1,4 miliardi di euro nel 2002.

Per il futuro più ricerca e nuovi canali e sistemi di commercializzazione.

“Il C.RA., Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura , avrà un ruolo fondamentale nel settore dell’agricoltura biologica, – ha dichiarato dal direttore generale Marandola - enfatizzando da un lato il modello di tradizioni alimentari, dall’altro testimoniando un forte legame del nostro paese con il territorio. L’obiettivo del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura è la costituzione di centri d’eccellenza che messi a sistema con le imprese, possono potenziare lo spazio dedicato all’agricoltura biologica”.

"Dai campi alle tavole senza intermediari, una strategia di consumo che fa bene alla salute, al gusto, all'ambiente e, perché no, anche alle tasche degli italiani". È questa la filosofia del programma di AIAB, l'Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica finanziato dall'Unione Europea per la promozione delle produzioni biologiche e in particolare la filiera corta o circuito breve, cioè quell'insieme di attività che prevedono un rapporto diretto tra consumatori e produttori, singoli o organizzati. “Attraverso la filiera corta – ha dichiarato Vizioli, presidente AIAB - il consumatore avrà, quindi, una migliore conoscenza delle qualità intrinseche del prodotto biologico e di chi lo produce; inoltre potrà ottenere un prezzo finale al consumo più vantaggioso ed anche il produttore avrà una remunerazione più equa."