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Agritessuti per l'industria della moda sostenibile del futuro

Agritessuti per l'industria della moda sostenibile del futuro

La filiera dell’agrotessile risponde alla crescente domanda di capi d'abbigliamento ecofriendly. La produzione di lino, canapa e gelso da seta coinvolge circa 2.000 aziende agricole in Italia

05 marzo 2021 | Marcello Ortenzi

E’ in corso l’avvio di una filiera tutta italiana ed ecosostenibile che utilizzi solo fibre naturali, come lino e canapa e seta. Diverse realtà in Italia coltivano questo tipo di piante da fibre con l’intento di fornire al comparto moda nuovi tessuti. Connesse le colorazioni che utilizzeranno prodotti e scarti delle lavorazioni agricole, come foglie di carciofo, residui della lavorazione delle cipolle o delle potature. Implicata nel progetto l’Associazione “Donne in campo” della Confederazione italiana agricoltori, che è impegnata a ridimensionare le fibre tessili di origine sintetica, colpevoli di presentare un forte impatto sull’ambiente per il consumo di acqua e per la produzione di CO2. In vista delle previsioni che indicano una crescita del 60% nella domanda di indumenti di qui al 2030, gli agritessuti potrebbero svolgere un ruolo importante. “Agritessuti” è un marchio ecologico ideato e registrato di recente dall’Associazione della Cia, con l’obiettivo di creare una filiera ecosostenibile dei tessuti Made in Italy. La filiera dell’agrotessile risponderebbe alla crescente domanda di capi d’abbigliamento ecofriendly da parte dei consumatori, sempre più attenti alle tematiche ambientali. Cia fornisce nell’occasione dati incoraggianti: la produzione di lino, canapa e gelso da seta oggi coinvolge circa 2.000 aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi 30 milioni di euro generato anche da altre attività connesse. Questa cifra, secondo le proiezioni dell'associazione, potrebbe triplicare già nel prossimo triennio se si coinvolgessero le 3.000 imprese produttrici di piante officinali del territorio.

“E’ una filiera tutta da costruire, ma di cui abbiamo il know-how, considerata la vicinanza tra le donne e la tradizione tessile, nella storia e ancora oggi - ha sottolineato Pina Terenzi, presidente nazionale di Donne in Campo-Cia - Per questo, ribadiamo la necessità di dare vita a tavoli di filiera dedicati, al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a sostegno della produzione di fibre naturali, a cui andrà affiancata la creazione di impianti di trasformazione, diffusi sul territorio e in particolare nelle aree interne, per mettere a disposizione dell’industria e dell’artigianato un prodotto di qualità, certificato, tracciato e sostenibile”.

Il settore della moda oggi è il secondo più inquinante a livello globale: l’industria tessile produce infatti il 10% delle emissioni di anidride carbonica ed è responsabile del 20% dello spreco di risorse idriche. Poi, bisogna considerare che per realizzare gli abiti che indossiamo ogni giorno, sono spesso utilizzati coloranti di sintesi e fibre ricavate da materiali plastici inquinanti. Vediamo ormai l’aumento degli acquisti di abiti a prezzi accessibili presso i mercatini ma di bassa qualità, destinati a intasare le discariche al termine della stagione. La filiera agrotessile può offrire una risposta concreta in questo senso, poiché adotta metodi di produzione a minor impatto ambientale e utilizza materie prime spesso riciclate e che consentono di sprecare meno energia e acqua, per una moda sostenibile.

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