Bio e Natura

Di argilla si parla troppo spesso a vanvera, senza riconoscerne importanza agronomica e ambientale

Troppo spesso si sorvola, con una certa superficialità, sulle proprietà di alcune argille, come la montmorillonite capace di fare da serbatoio di nutrienti per le piante e di bloccare i metalli pesanti

03 aprile 2014 | Emiliano Racca

Molto spesso quando si parla di argilla si fa ancora parecchia confusione, anche fra gli addetti ai lavori del settore (agricoltori, agronomi, tecnici…).
Ad esempio si è a conoscenza che un certo tenore in argilla (moderato, 10% circa) in un suolo miscelata assieme alle altre classi granulometriche rappresenti una tessitura ideale (a medio impasto, franca) per le coltivazioni agroforestali… non a caso nelle terre da orto o nei substrati di coltivazione dove il terreno è manipolato dall’uomo si tende ad avvicinarsi molto a questo ideale agronomico (F. Bonciarelli – Agronomia, Ed. Agricole).

Questo perché si riconosce il ruolo fondamentale dell’argilla nel creare una buona struttura nel terreno (fertilità fisica), nel trattenere i cationi e gli elementi fondamentali per lo scambio con le radici delle piante e quindi per la nutrizione delle piante stesse (fertilità chimica), ed infine per la loro alta ritenzione idrica creando così una buona riserva che eviti di mandare in sofferenza la pianta.

Orbene, tutto ciò fin qui espresso non è tecnicamente errato, ma ci sono alcune precisazioni da fare che sono d’obbligo, il più delle volte sorvolate con una certa superficialità.

Anzitutto bisogna mettersi d’accordo su che cosa si intende per “tenore in argilla”, visto che un conto è parlare di argilla dal punto di vista granulometrico (particelle con diametro inf. ai 2 micron), un altro è parlare di minerali dell’argilla. Le Argille infatti, sono dei minerali secondari (fillosilicati), derivanti dai processi di alterazione superficiale delle rocce e dai processi specifici della Pedogenesi. Ma al di sotto dei due micron ci sono anche particelle di silice o di calcare, che argille non sono.

Chiaramente la silice e il calcare non hanno le stesse proprietà pedologiche nè le stesse funzioni agronomiche dei minerali argillosi: non hanno un comportamento colloidale, non creano i complessi argillo-umici (i veri “mattoni” della struttura del suolo), non trattengono le basi per la nutrizione dei vegetali, anche se - a queste tessiture - possiamo comunque avere una buona capacità di ritenzione idrica.

Ma non è tutto. Scendendo più nel dettaglio, all’interno del mondo dei minerali delle Argille, anche qui bisogna rimarcare alcune differenze interessanti fra questi minerali, rilevanti a fini agronomici.

I minerali argillosi più comuni (caolinite, illite, montmorillonite) infatti rivelano sì affinità fisico-chimiche importanti, come la grande area superficiale specifica, la carica di superficie negativa, la tendenza a creare con le sostanze umiche gli aggregati, ma vi sono anche sostanziali differenze, come riguardo alla Csc (capacità di scambio cationico).

Solo la Montmorillonite presenta un’elevata Csc; solo essa è in grado quindi di trattenere i cationi nelle soluzioni circolanti e di metterli a disposizione delle piante. Altre argille invece, come la Caolinite, hanno strutture “bloccate”, molto stabili e sono poco reattive.

La Montmorillonite può incidere pertanto sulla disponibilità del pool dei nutrienti e sulla fertilità chimica; è notevole da questo punto di vista la sua rilevanza in campo agrario.

Ma la sua elevata Csc la rende altresì potenzialmente efficace nel bloccaggio di elementi indesiderati come i metalli pesanti (Piombo, Cadmio, Cromo, Arsenico…) che altrimenti rischierebbero di venire lisciviati in profondità, andando a contaminare le falde acquifere ed entrando pericolosamente nella catena alimentare.

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