Fuori dal coro 24/07/2004

LAVORARE IN AGRICOLTURA PER FRANCESCA PETRINI E' UNA SFIDA, QUASI UNA MISSIONE

La mia intenzione - dice - è di salvaguardare la mia identità. L’arroganza dell’uomo che pretende di controllare la natura senza ascoltarne il lamento, è inquietante. Occorre avere coraggio. Laurea e master in economia, molti premi per la qualità conseguiti, ha tutte le carte in regola per rilanciare un comparto poco dinamico


Così si presenta ai lettori di "Teatro Naturale" un'imprenditrice che può a buon diritto vantarsi con meritato orgoglio dei successi conseguiti con i propri extra vergini: Mi chiamo Francesca Petrini e sono nata ad Ancona nel 1970.
Vivo e lavoro a Monte San Vito, un piccolo paese dell’entroterra anconetano, in collina, a pochi chilometri dal mare.
Ho iniziato la mia avventura in agricoltura appena conseguito il diploma al liceo linguistico di Jesi: era l’anno 1989. Ricordo l’89 come l’anno di grandi cambiamenti: dalla maturità linguistica sono passata agli studi economici con l’iscrizione, nello stesso anno, alla facoltà di Economia e Commercio di Ancona, iniziando contemporaneamente a dedicarmi all’olivicoltura. Avevo tutto da imparare! Ho quindi frequentato nel ’91 un corso per assaggiatori d’olio a Montecatini, uno dei primi in Italia, organizzato dai Mastri Oleari di Milano e dall’Unaprol di Roma. Ricevere gli insegnamenti di grandi personaggi del mondo dell’olio come Solinas e Antolini, fu entusiasmante all’epoca tanto da convincermi ancora di più della mia scelta dandomi la carica giusta. Nel corso degli ultimi anni sono poi arrivati la laurea e il master in economia, i premi agli oli nelle varie edizioni dell’Ercole Olivario e dell’Orciolo d’Oro e lusinghieri commenti da parte degli operatori del settore.
Belle soddisfazioni raggiunte non senza fatica!
Oggi, a 34 anni, mi sento realizzata nel mio lavoro, con progetti ambiziosi nel cassetto e la consapevolezza che c’è ancora molto da fare e molto da imparare.



Da quanto tempo si occupa di agricoltura e con quali risultati?
Mi occupo di olivicoltura sin dal 1989, con risultati molto soddisfacenti.

E’ soddisfatta, perplessa o preoccupata?
Se considero la mia esperienza “agricola“, posso senz’altro definirmi soddisfatta, sia in termini di risultati raggiunti, sia in termini di crescita professionale, anche se non si finisce mai di imparare.
Rimango purtroppo perplessa e assai preoccupata quando, guardando allo scenario agricolo globale, ricevo segnali allarmanti da vari fronti.
L’avvento dei cibi biotech, sui quali si sa ancora poco, mi rende dubbiosa; la scomparsa progressiva della biodiversità mi preoccupa e mi indigna, per non parlare degli scandali alimentari. In senso assoluto, l’arroganza dell’uomo che pretende di controllare la natura senza ascoltare invece il suo lamento, mi inquieta.

Perché il mondo rurale ha perso in centralità e importanza negli ultimi anni?
E’ un po’ complesso rispondere a questa domanda; in linea di massima il mondo “urbano“ è risultato e risulta essere più accattivante, pieno di promesse, capace di lanciare messaggi più rassicuranti del tipo “in città si ha tutto a portata di mano“, “ci si sente più sicuri e protetti“, “ci sono più occasioni di lavoro e di divertimento“; favorisce l’aggregazione.
L’industrializzazione e l’urbanizzazione sono fenomeni storici che si sono consolidati oramai nella coscienza popolare, giustificati soprattutto da un incremento del tenore di vita e delle possibilità in genere.
Il mondo rurale non si è fatto interprete di questi nuovi valori negli ultimi anni anche se oggi si assiste ad un ripopolamento delle campagne da parte di persone che cercano una diversa qualità della vita.

Crede che il comparto agricolo possa restare ancora un settore primario in Italia?
Deve esserlo! L’Italia ha un notevole potenziale; deve cambiare l’approccio all’agricoltura, riscoprendo le tipicità, i legami con il territorio e le tradizioni, senza dimenticare la comunicazione e la diffusione di tali valori.

E lei perché ha scelto di operare in agricoltura?
Rappresenta una sfida, a volte quasi una missione. E poi c’è tantissimo da fare! Ho il mio “piccolo mondo antico“ da salvaguardare.

Un aggettivo per definire il mondo agricolo.
Mutevole.

Un aggettivo per definire le associazioni di categoria.
Necessarie.

Una parola d'ordine per l’agricoltura di domani.
Coraggio.

Se dovesse consigliare a un amico di investire in agricoltura, quale comparto produttivo suggerirebbe?
Non tanto il comparto quanto piuttosto studiare a fondo le peculiarità del terreno o della zona in cui intende investire e regolarsi di conseguenza. Tutta l’agricoltura può essere di successo purché fatta in un certo modo e a certe condizioni.

Un imprenditore agricolo che ritiene possa essere un modello a cui ispirarsi.
Non credo ad un unico modello; credo che ci si possa ispirare ad un insieme di modi di essere di più imprenditori, ognuno con una esperienza e punto di vista diversi.


Le certificazioni di prodotto sono davvero utili al consumatore o lo confondono?
Sono utili se fatte con criterio; e soprattutto se divulgate, fatte conoscere. Sono davvero inutili quando sono circoscritte e poco pubblicizzate.
Se sono troppe, possono confondere il consumatore poco attento.

Un libro realtivo al mondo rurale che suggerirebbe di leggere?
Stella di Sergio Bambaren. Non è un libro relativo al mondo rurale in senso stretto, ma parte dalla Natura, dagli animali per affrontare i grandi nodi esistenziali, con semplicità.

Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto.
Nonostante l’età, Siddharta di Hermann Hesse è ancora attuale. Siddharta è “uno che cerca“; e cerca di vivere interamente la propria vita passando di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari senza considerare definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto che si veste di mille volti. Chi non si è sentito un po’ un Siddharta nella propria vita!?

Il libro che in questo momento sta invece leggendo?
A dire il vero rileggendo... Il vecchio e il mare del grande Hemingway. Sebbene lo scenario sia piuttosto scarno, il romanzo ha un’intensità rara e profondi significati.

Perché gli italiani, e gli agricoltori in particolare, non leggono?
Se fosse vero, saremmo un popolo di ignoranti. Magari si legge meno... Si è più attirati dalla Tv e da altri mezzi, meno impegnativi e più veloci; questa è l’era dell’immagine, del consumismo, del tutto subito senza troppi sacrifici.

di T N