Emozioni di gusto
Kobe beef, una carne che è una rarità e può costare fino a 1000 euro al chilo
E' una carne molto grassa ma ad alto contenuto di polinsaturi, quindi a basso contenuto di colesterolo. Grazie all'Università di Bologna anche in Italia si alleva secondo il metodo giapponese anche se le carni non potranno fregiarsi del marchio Wagyu Kobe
27 marzo 2014 | Enrico Barcella
La carne Kobe è diventata famosa, sinonimo di "manzo di alta qualità”, perché Kobe è stato il primo porto ad aprire, nel 1869, agli stranieri che hanno così potuto assaggiare questo alimento diffondendone poi la fama all'estero.
Invece il termine Wagyu significa genericamente bovino giapponese e indica diverse razze da carne allevate nel Paese del Sol Levante. Tra queste è compresa appunto la nota Kobe beef , allevata nella regione di Hyogo a 500 km a sud di Tokio.
La carne di questi animali è ritenuta da alcuni la migliore al mondo, per la particolarità di avere una gran quantità di grasso infiltrato nelle masse muscolari "marmorizzate" e un conseguente sapore vellutato, quasi burroso.
Sotto l'aspetto nutrizionale, i grassi, sebbene presenti in quantità notevoli, anche oltre il 20%, hanno una elevata componente di polinsaturi che non concorrono all'aumento del colesterolo. Insomma una panacea per chi desidera badare alla salute senza rinunciare a cibarsi di carne grassa.
Se comunque non è la gola a frenare il consumo, lo farà certamente il portafoglio, perché la carne originale Wagyu di Kobe beef è rarissima e può costare oltre 1000 euro al chilo!
Il prezzo è giustificato dalla rarità ma anche dal particolare metodo di allevamento, basato sull'alimentazione dei bovini con preziosi cereali (frumento, orzo, riso), fieno, secondo alcuni birra, e su cure continue, con massaggi e crescita senza stress.
La bontà e certamente il prezzo di queste carni ha indotto a fare questo tipo di allevamento in tutto il mondo, come in USA, in Australia ed anche nel nostro Paese.
In Italia, dal 2010, a studiare il fenomeno si impegna l'Università di Bologna con il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, dove il professor Andrea Formigoni e il professor Luca Sardi hanno analizzato un sistema di allevamento che, incrociando razze nazionali con Wagyu e applicando i metodi di alimentazione e di allevamento adottati in Giappone, ha ottenuto carni con caratteristiche comparabili con quelle del Kobe Beef a costi decisamente più abbordabili.
Oggi, nel nostro Paese, diversi allevatori hanno messo assieme la loro esperienza con le metodiche dell'allevamento Waygu e, sebbene sia chiaro che le carni ottenute non saranno definibili "Kobe Beef", ben vengano comunque, se sono d'aiuto alla nostra agricoltura.
Per i loro allenamenti, in vista del "Global Chef Challenge", le nostre due berrette tricolori utilizzano esclusivamente carne Kobe autentica doc, ma in Norvegia Francesco Gotti e Giovanni Lorusso avranno a disposizione quella australiana. Il fatto non è una contraddizione in quanto la Australian Wagyu Association è la più grande associazione del genere fuori del Giappone. In questo Paese vengono allevati sia i capi importati dal Giappone sia quelli derivati da incroci operati in Australia che a sua volta esporta la carne in Asia, Europa e Stati Uniti.
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