Emozioni di gusto 20/12/2013

Festeggiare il Natale e il nuovo anno con una Lacrima di felicità

Alla scoperta del vino che “piange”. E' il marchigiano Lacrima di Morro d’Alba. Si tratta di un monovitigno, autoctono. Sembrerebbe difatti che gli acini una volta raggiunta la maturazione tendano a rompersi e conseguentemente a “lacrimare”


Il terroir di un vino non è formato soltanto da componenti geoclimatiche ed ambientali, ma anche socio-economiche e di marketing…abbiamo dei vini infatti che sono poco conosciuti, poco mediatici, ma comunque sia di grande pregio e dal grande risalto edonistico per l’intensità dei profumi e sapori.
Andiamo a conoscere oggi un terroir che si nasconde fra le dolci colline dell’anconetano, ad uno sguardo dal Mare Adriatico, nei comuni di Morro d’Alba, Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Ostra, San Marcello e Senigallia; un terroir viticolo alquanto insolito, in cui si produce il vino “piangente”: il Lacrima di Morro d’Alba.
Si tratta di un vino monovitigno, autoctono, che prende il nome proprio dal suo ceppo omonimo; sembrerebbe difatti che gli acini una volta raggiunta la maturazione tendano a rompersi e conseguentemente a “lacrimare”.
Il Lacrima – come detto - è un vino poco conosciuto, se non a livello locale o provinciale e non sembra aver molti proseliti; addirittura fino a qualche anno fa sembrava destinato a scomparire, poi - con l’ottenimento della denominazione Doc e grazie anche all’affetto, alla tenacia e all’orgoglio dei vignaioli locali - questi vitigni sono stati salvati dall’espianto.
E sarebbe stato certamente un peccato privarsi di un prodotto che in queste terre è ormai una tradizione
consolidata; in effetti, pur non sapendo con precisione l’epoca a partire da cui il Lacrima cominciò ad essere coltivato, si è comunque certi del grande apprezzamento che rivestiva e che riveste questo vino nell’anconetano e nelle Marche da almeno due secoli a questa parte.

Il suo areale di produzione si caratterizza per una certa uniformità dei parametri microclimatici e geopedologici, che li contraddistingue dagli intorni contigui e che sono difficilmente riproducibili altrove: la bassa altitudine che varia dai 50 ai 200 m s.l.m., il clima temperato con estati calde, la vicinanza dell’Adriatico che mitiga gli effetti dell’escursione termica tra il giorno e la notte e tra il mese più caldo e quello più freddo. Quanto al suolo e alla Geologia, le viti del Lacrima crescono su litologie omogenee, sedimentarie, a tessitura mediamente fine, pelitica e pelitico-argillosa. Le terre sono pesanti, soffici, idonee alla penetrazione degli apparati radicali.

Ma quali sono le proprietà organolettiche che fanno di questo vino relativamente anonimo un nettare tanto affascinante, capace di trasmettere appaganti suggestioni?
Fin dalla mescita, alla vista, esso è in grado di raccontarti emozioni, il suo colore rosso rubino intenso assieme a notevoli ed evidenti sfumature violacee ti infonde vitalità ed energia.
Di norma viene consumato molto giovane, prima o durante le festività natalizie, da qui il suo caratteristico profumo vinoso, di cantina in fermentazione. A questo si associano altri odori intensi che vengono sprigionati dal Lacrima: sia fruttati come la ciliegia, le more e il mirtillo, sia floreali come la viola e la liquirizia.
In bocca il sapore è altrettanto intenso, morbido ed asciutto, con un tannino evidente ma non spigoloso, né pungente.
Gli abbinamenti consigliati sono i prodotti tipici locali come i salumi (tipo il salame di Fabriano), primi piatti a base di carni bianche o rosse, ma ben si accorda anche con taluni antipasti marinati a base di pesce o con il famoso brodetto all’anconetana.
A mio avviso però il Lacrima si fa anche apprezzare alla grande, vista anche la sua stagionalità vernina e natalizia, in accoppiamento con i vari dolci “stagionali”: un panettone con i canditi, una crostata di more, oppure dei semplici marron glacé.

di Emiliano Racca

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