Massime e memorie

UNA VITA SUGLI ALBERI

02 ottobre 2004 | T N

A Cosimo era sempre piaciuto stare a guardare la gente che lavora, ma finora la sua vita sugli alberi, i suoi spostamenti e le sue cacce avevano sempre risposto a estri isolati e ingiustificati, come fosse un uccelletto. Ora invece lo prese il bisogno di far qualcosa di utile al suo prossimo. E anche questa, a ben vedere, era una cosa che aveva imparato nella sua frequentazione del brigante; il piacere di rendersi utile, di svolgere un servizio indispensabile per gli altri.
Imparò l’arte di potare gli alberi, e offriva la sua opera ai coltivatori di frutteti, l’inverno, quando gli alberi protendono irregolari labirinti di stecchi e pare non desiderino che d’essere ridotti in forme più ordinate per coprirsi di fiori e foglie e frutti. Cosimo potava bene e chiedeva poco: così non c’era piccolo proprietario o fittavolo che non gli chiedesse di passare da lui, e lo si vedeva, nell’aria cristallina di quelle mattine, ritto a gambe larghe sui bassi alberi nudi, il collo avvoltolato in una sciarpa fino alle orecchie, alzare la cesoia e, zac! zac!, a colpi sicuri far volare via rametti secondari e punte.

Italo Calvino


Testo tratto da: Italo Calvino, Il barone rampante, Einaudi, Torino 1960