Massime e memorie 07/06/2008

Si stese davanti al bulldozer per proteggere il suo pezzo di terra

Il racconto di un esproprio, l'inutile resistenza di un uomo, la memoria delle fatiche che si annulla. Mauro Corona riporta una storia vera, intensa, dolente


Il manovratore, allibito, fermò precipitosamente l’avanzare della ruspa che s’arrestò con un sobbalzo. Un uomo di mezza età, ancora prestante, con capelli brizzolati e folti, pettinati all’indietro, si era sdraiato di traverso sul terreno, davanti ai cingoli. Era d’estate. La SADE stava costruendo la diga del Vajont. I bulldozer della Società Adriatica di Elettricità spazzavano via i terreni degli ertani. Furono anni di speranze, contrasti e delusioni.

(...) F. C., l’uomo che si sdraiò davanti alla ruspa, non faceva parte di coloro che volevano la diga. Non era neppure un facoltoso proprietario terriero. Se lo fosse stato, forse non sarebbe arrivato al gesto di sfidare i cingoli. Si stese davanti al bulldozer per proteggere il suo pezzo di terra. Che non era molta: qualche prato, un po’ di bosco e una sorgente. Ma per lui la fortuna non stava nella quantità ma nell’affetto, nel rispetto di quel poco che aveva ereditato dai suoi vecchi, nella memoria delle loro fatiche.

(...) Erano in quattro. Non agirono con violenza, anzi parvero piuttosto imbarazzati. Li avevano mandati, dovevano fare il loro dovere. All’inizio tentarono di farlo con le buone. F. C. non si muoveva. Allora fu sollevato con decisione e caricato sulla camionetta.

(...) In pochi giorni sparirono la sorgente, il prato e il bosco.


Mauro Corona



Testo tratto da: Mauro Corona, Nel legno e nella pietra, Mondadori, Milano 2003

di T N