Massime e memorie

Non sa niente di campagna. Non conosce i nomi delle cose

Lungo la strada provinciale tre, una giovane donna dal corpo gracile e dallo sguardo febbrile cammina libera. Dall’intensa scrittura di Simona Vinci, lo scenario di un Paese stremato

04 giugno 2011 | T N

 

(…)

Non sa niente di campagna. Non conosce i nomi delle cose. Ci sono ricordi vaghi nella sua testa, cose di quando era bambina, e di domenica, con la famiglia, capitava a volte di fare una gita in campagna. E anche se la città dove è nata in realtà era un paese circondato dalle campagne – campagna, quindi – lo stesso loro, quelli che ci abitavano, che erano nati, erano cittadini, paesani da strade lastricate e asfalto, da appartamenti al piano alto, da balconi con la ringhiera, da portici con i negozi. La campagna era oltre la mura. Era il buio dove si spegnevano i lampioni dei viali, là in fondo era “la campagna”. Ricordi. Ma sono ricordi annacquati, così sbiaditi da disfarsi non appena riaffiorano alla mente.

Più avanti, oltre la casa che sembra una vecchia scuola, ci sono altre costruzioni: stalle, pollai, piccole casette basse di mattoni che sembrano quelle di marzapane di una fiaba e, oltre, due capannoni e una costruzione assurda che somiglia a un castello medievale di cartapesta. Deve essere un granaio: il corpo centrale basso e squadrato e due alti silos con il tetto a cupola, uniti da una tettoia di cemento.

Simona Vinci

 

Testo tratto da: Simona Vinci, Strada provinciale tre, Einaudi Stile libero, Torino 2007

 

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