Massime e memorie 16/04/2011

Il vino della solitudine

Da un'infanzia infelice, scrive Irène Némirovsky, "non si guarisce mai". Un intensa e drammatica prosa


Ascoltò il rumore del vento, e le parve di sentire nell'infuriare delle sue raffiche un ritmo profondo, solenne e gioioso come quello del mare. I suoni, dapprima acuti, rauchi e stridenti, si confondevano in una sorta di possente armonia. Hélène vi percepiva un ordine ancora confuso, come all'inizio di una sinfonia, quando l'orecchio, colto di sorpresa, afferra la traccia di un motivo, ma subito la perde, deluso la cerca e, all'improvviso, la ritrova, e allora sa, capisce che non gli sfuggirà più, che fa parte di un ordine diverso, più possente e più bello, e ascolta, rassicurato e fiducioso, la tempesta benefica dei suoni che lo investono. 

Irène Némirovsky

 

Testo tratto da: Irène Némirovsky, Il vino della solitudine; traduzione di Laura Frausin GuarinoAdeplhi, Milano 2011


di T N