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GIANNI FARINETTI: “LA NATURA E’ UN PATRIMONIO ENORME CHE PURTROPPO CALPESTIAMO, QUASI NON CI APPARTENESSE”

La società – ammette il noto narratore di gialli e noir - è andata più avanti rispetto alla politica. Ci si attrezza per poter vivere e organizzare la propria vita nel modo migliore e più consono alle mutate esigenze. Vi sono però situazioni di disagio enormi davanti alle quali non possiamo tacere

09 ottobre 2004 | Luigi Caricato

Gianni Farinetti è nato a Bra nel 1953 e ha esordito in narrativa con il romanzo Un delitto fatto in casa, premiato con il Grinzane Cavour, ma si è occupato dapprima di pubblicità, nelle vesti di copywriter; quindi di regia e sceneggiatura, realizzando in particolare alcuni documentari e cortometraggi. Tra i suoi libri citiamo Un delitto fatto in casa (1996), L’isola che brucia (1997, Premio Selezione Bancarella 1998) e Lampi nella nebbia (2001), pubblicati da Marsilio. Quindi, per Mondadori, In piena notte (2002) e il recentissimo Prima di morire (2004).

Farinetti come appare nel suo ultimo libro Mondadori

Con Prima di morire i riferimenti alla campagna abbondano. Sono lo scenario di una terra aspra e selvatica. E’ il paesaggio dell’Alta Langa piemontese, un mondo che lei ben conosce, i cui rimandi alla natura sono centrali anche nell’economia del racconto. Ecco, quanto incide, nei suoi romanzi, la scelta degli sfondi nei quali ambientare le storie? Sembra che abbiano una valenza forte, significativa, quanto gli stessi personaggi…
“Sì, abbondano i riferimenti alla campagna nei miei scritti. Soprattutto in questo mio ultimo romanzo. Le storie, certo, sono sempre un po’ universali, però i luoghi in cui avvengono rivestono una notevole importanza. Gli sfondi non sono mai casuali. Anche nel mio secondo romanzo, L’isola che brucia, l’effetto della natura, il tipo di vegetazione e la presenza del vulcano in particolare, hanno inciso parecchio. Posso anzi dire che il vulcano è stato il vero protagonista del romanzo”.

Perché ha scelto di narrare storie di crimini? E’ solo una passione per il noir e per il giallo, oppure è il pretesto per dire altro, per affrontare temi poco evidenti e forse meno appetibili per i lettori senza un adeguato stimolo fornito da una trama intrigante?
“Il ricorso al giallo o al noir è un’ottima opportunità per un narratore, perché è divertente tramare e poi perché è un genere che piace molto. Nei miei romanzi in realtà diventa un pretesto per raccontare altre vicende”.

C’è il tema dell’assenza, per esempio, che ritorna incalzante nei suoi libri…
“Esatto, sì”.

E poi, altrettanto eloquente, è pure l’attenzione che lei rivolge alla famiglia. Lo si nota non solo nei suoi romanzi, ma anche dalla nota posta in chiusura a Prima di morire, con i ringraziamenti ai suoi nipoti, di sangue e non. Ecco, che concezione ha della famiglia tradizionale? Di solito il concetto che si ha della famiglia appare oggi un po’ abusato e logoro…
“Sì, se ne abusa molto. Io non ho nulla contro l’idea tradizionale di famiglia, però mi interessa indagare un po’ sul fatto che non si tratti dell’unico modello possibile. La famiglia tradizionale va benissimo, però non è l’unica realtà. Oggi esiste un contesto nuovo che con termine ormai abusatissimo viene definito “famiglia allargata”. Sono le famiglie sodali, con gli amici che assumono anche loro una valenza importante. Le tipologie familiari mutano, io per esempio vivo con il mio compagno e insieme costituiamo una famiglia, all’interno di una famiglia più grande che comprende i miei genitori, i miei fratelli, i miei nipoti, come pure i genitori e i fratelli del mio compagno con cui abbiamo degli ottimi rapporti, e i nostri amici anche.

Ma sarà possibile per il futuro concepire una visione diversa di famiglia, spoglia da pregiudizi?
“E’necessario…”

… e inevitabile…
“E inevitabile. Comunque la società è andata più avanti rispetto per esempio alla politica, in riferimento ai vari modelli di famiglia possibili. Ci si attrezza per poter vivere e organizzare la propria vita nel modo migliore, più consono.

Gli episodi di cronaca sono oltremodo evidenti, parlano chiaro. Le tragedie si consumano per lo più in famiglia, i crimini avvengono soprattutto all’interno dei nuclei familiari…
“Forse noi sappiamo di più di quanto avveniva un tempo, siamo più al corrente di ciò che accade. Certi crimini ci sono sempre stati, però sicuramente la famiglia può essere un luogo soffocante, tale da scaturire episodi tragici. Alcuni recenti fatti di cronaca lasciano inevitabilmente stupefatti. Madri che uccidono i figli, figli che uccidono i padri: vi sono situazioni di disagio enormi davanti alle quali non possiamo tacere. Devono farci molto riflettere, affinché si trovino delle soluzioni. Occorrono risposte di solidarietà anche all’interno della famiglia: bisogna piacersi e volersi bene.

E occorre lavorare tanto, anche. Non è facile far percepire il senso della fatica e dell’impegno che occorre investire nei rapporti interpersonali…
“In questo Paese!? E’ difficile. In Germania per esempio noto un approccio diverso. In tutto. Non è un luogo paragonabile all’Italia per bellezza e clima, certo, tuttavia vi è un altro tipo di cultura. C’è la cultura che forma alla fatica, all’accesso alle cose. C’è il rispetto verso il bene comune. Quando sono in viaggio all’estero, soprattutto al Nord, dopo il ritorno in Italia per me è molto brusco. Trovo che noi siamo latini e ci occupiamo molto di casa nostra, ma già il pianerottolo di casa non ci appartiene, non lo curiamo e per noi è terra di nessuno, per questo lo sporchiamo, perché non ci importa. I nostri boschi, le nostre spiagge, i nostri luoghi naturali non li sentiamo come nostri. Non si percepisce per esempio il dato naturale come una eredità. Invece è un patrimonio enorme che purtroppo calpestiamo come se non ci appartenesse. Oppure abbiamo voglia solo di trasformare la natura, piegandola alle nostre necessità.

Ecco, l’essere nato a Bra ha influito sicuramente su questa sua sensibilità, sulla sua formazione, su questa vicinanza al mondo rurale, alla natura…
“Sì, però è anche un fatto di età. Quando si è giovani la campagna stufa. Quando si ha vent’anni si ha voglia di altro. Ad una certa età le esigenze cambiano”.

La sensazione che si avverte, però, è che lei sia fortemente legato a un mondo che forse in parte si sta snaturando o addirittura si è già snaturato. E’ così?
“Sì, è così. E’ il caso per esempio delle Langhe. C’è una suddivisione geografica, tra l’alta e la bassa Langa. La bassa Langa è quella verso Alba; questa negli ultimi vent’anni ha avuto un riconoscimento di turisti straordinario, ma oggi il territorio si è un po’ snaturato, perché hanno pelato completamente le colline. Non voglio far polemica, però così intanto non c’è più un pezzo di bosco. Il paesaggio è stato un po’ toscanizzato. Spostandosi verso l’altra Langa, invece, resiste una terra più dura e ribelle, dove ritrovi il bosco e la vera natura. Con questo non voglio dire che non accetti la mano dell’uomo sulla natura…”

L’intervento dell’uomo non deve però essere invasivo…
“Esattamente”.

La campagna deve conservare la propria identità…
“Sì, però alla fine la natura ha sempre ragione di sé, ristabilisce tutto. Devo dire che non è male che sia così…”

Lei avrebbe dovuto essere protagonista di una manifestazione incentrata sul binomio cultura e agricoltura, promossa dal Premio Grinzane Cavour, in collaborazione con la Provincia di Alessandria e la Regione Piemonte: “Scrittori in Vendemmia”…
“Sì, ma è stata rimandata la mia partecipazione di qualche settimana…”

Cosa le suscita una iniziativa così insolita?
E’ una bella iniziativa. Grinzane è una “macchina da guerra” straordinaria. Organizza molte cose belle, sono molto affezionato a loro…”

Anche perché il suo esordio da narratore è stato salutato piuttosto benevolmente dal Premio Grinzane Cavour…
“Sì, io vinsi come autore esordiente con Un delitto fatto in casa, romanzo ambientato tra Bra e dintorni. Tra l’altro Grinzane sta anche ristrutturando una casa in cui Fenoglio ambientò dei romanzi, a San Benedetto Belbo. A settembre siamo stati proprio lì a inaugurare tale manifestazione. Ci sarà, annesso, un centro studi fenogliano. Sono contento perché Fenoglio è un grandissimo autore…”

Sottovalutato, purtroppo…
“Totalmente sottovalutato, sì. Bisognerebbe rivalutarlo, è stato un grandissimo autore di una vivacità e di una modernità notevoli. Io devo molto a Fenoglio, il mio racconto è altro rispetto ai temi fenogliani, ma i luoghi mi hanno molto aiutato”.

La citazione che compare in apertura del suo ultimo romanzo, tratta da Appunti partigiani di Fenoglio, è un segno di omaggio …
“Sì, un omaggio a lui, a questo grande, grandissimo fratello, padre…”

Tra i suoi autori prediletti immagino vi sia di sicuro Georges Simenon…
“Simenon è un autore che leggo sempre volentieri. Sono molto legato ai suoi vecchi Maigret. C’era un mondo, una Francia che non c’è più…”

Lo considera più un maestro o un modello cui ispirarsi?
“No, un maestro, più che un modello. La prosa di Simenon è straordinaria perché secca, asciutta; anche l’uso della lingua è essenziale, in pochi tratti regala ambienti impeccabili, era un pittore. Le sue Memorie, uscite lo scorso anno, contengono fantastici accenni alla campagna, molto sentiti, molto profondi. C’è tanta nostalgia”.

Ai lettori di “Teatro Naturale” consiglierò il suo ultimo romanzo, Prima di morire (Mondadori, pp. 172, euro 16,00), ma per chi ancora non la conosce da quale libro consiglierebbe di partire?
“Mi verrebbe voglia di dire dal primo, Un delitto fatto in casa, perché in qualche modo scrivo una sagra. Io non ho un personaggio che ritorna, ho alcune famiglie che ritornano. Riferimenti ai quali i miei lettori si sono affezionati. Può senz’altro essere divertente cominciare dal fondo, credo.



Per concludere, quali titoli consiglierebbe di leggere tra quelli scritti da autori vicini al mondo rurale?
Senz’altro Fenoglio, quello meno conosciuto, della Malora. Tra i piemontesi citerei anche Arpino, che ha pagine bellissime. E poi gli anglosassoni, sono ben più vicini al mondo della ruralità di noi. Non è rurale, però una indicazione utile è Michael Cunningam, che ha pubblicato per Bompiani una sorta di diario sulla campagna, sugli animali, qualcosa di poco praticato da noi, un diario di viaggio veramente incantevole. Così pure Sulla collina nera di Bruce Chatwin. Lo consiglio a chi non lo ha ancora letto.

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