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BELLE TETTE E MORBIDI CULI? FORSE, MA INTANTO IN PISCINA IL BAGNO LO FANNO VESTITE
Non è una stranezza di qualche diva di celluloide. E' realtà della cronaca. Alcune donne musulmane in Italia non intendono rinunciare alla riservatezza e preferiscono immergersi rigorosamente coperte in acqua. Con il disappunto di chi infastidito dice: "almeno fatevi la doccia, lavatevi le ascelle"
25 settembre 2004 | Luigi Caricato
Dapprima a Piacenza. La notizia, è vero, lascia allibiti. Ma non câè da sorprendersi. Non è un caso isolato. All'inizio di agosto una ragazzina di appena dodici anni aveva chiesto espressamente di poter accedere allâinterno di una vasca olimpionica con un vestito che la ricopriva da capo a piedi. Detto fatto. Ha ottenuto il permesso dal direttore dell'impianto. Perché negarlo, dâaltronde? Mica esiste uno specifico regolamento al riguardo? Le lamentele per lâaccaduto non sono però mancate. Sono state manifestate con pronta sollecitudine e â crediamo bene - con qualche punta di comprensibile fastidio, di sicuro.
âMa come!â avrà pensato qualcuno tra i presenti alla scena.
âChe si facesse almeno la doccia, che si ripulisse le ascelleâ¦â.
Poi a Bolzano. Intanto, a distanza di qualche settimana, in una città ancora più a Nord, due donne accompagnano i propri figli in piscina dopo aver preso il sole rigorosamente coperte. Vestono â immaginiamo con orgoglio - la tenuta della tradizione. In chador, sono pronte a fare ingresso pure loro in acqua.
âMa come!â avrà cercato di protestare qualcuno.
âSi sono lavate per bene?â: lâaddetto allâimpianto questa volta le fa uscire.
Gli utenti si indispettiscono. Eâ stata una rivolta. Il gestore (forse più preparato del precedente?) avverte che il regolamento vieta l'uso di indumenti diversi dal costume da bagno.
Non si può certo entrare con la tunica e il velo indosso.
Forse è facile da capire. Eâ facile?
In fondo non si è trattato di un gesto irriverente. Il divieto non costituisce una minaccia verso le usanze religiose. Esiste pure lâigiene.
Lo avranno capito? Sì, lo hanno compreso. Forse. Non sono più entrate in acqua.
Il rappresentante della comunità islamica a Bolzano non ha nemmeno sollevato obiezioni.
Si è limitato a chiedere la costruzione di bagni pubblici da riservare alle sole donne. Proprio come accade nei Paesi a religione islamica. Da una parte gli omini, dallâaltra le fimmine.
La fede musulmana ammette il bagno in costume, evidentemente, ma non in presenza di maschi.
Nel passato la situazione era poco tranquilla, non solo per lâIslam. Per uomini e donne, apparire seminudi, o peggio nudi, diventava una realtà non facile da gestire. Soprattutto in pubblico, ma talvolta purtroppo anche in privato. Alcuni esempi? Ce li riferisce lâottimo testo di Hans Peter Duerr, Nudità e vergogna, edito da Marsilio. Lâintransigente cattolico tirolese Guarinonius, un bigotto di grande talento, addirittura medico!, si indignava per il fatto che le lavandaie si denudassero completamente non soltanto le braccia, ma perfino le gambe âfin sopra il ginocchioâ. Orrore, presentarsi così disinibite davanti alla fontana! Siamo nel 1610. E non solo. Lo stesso individuo inveiva contro chi si azzardava a fare il bagno in casa, nella propria vasca, in solitudine. Il perché? Eâ una indecente immoralità spogliarsi.
Anche ai tempi dei primi cristiani il contesto non lasciava spazio a equivoci: il bagno doveva essere accuratamente evitato. Il fatto che lâapostolo Giovanni frequentasse dei bagni pubblici li metteva in serio imbarazzo. San Girolamo consigliava alle ragazze di non fare assolutamente il bagno. Avrebbero potuto vedere in tal modo il proprio corpo nudo. Forse attendendo la sera, chissà , o magari chiudendo le persiane, si poteva fare qualche eccezione?
La tradizione religiosa, sì (o la pruderie spoglia da ogni qualsivoglia connotazione ideologica), ma almeno un poâ di pulizia non guasterebbe. Curiosa al riguardo lâattenzione maniacale di Elisabetta I per lâigiene. Siamo nel secolo XVI. La donna si limitava a fare il bagno una sola volta al mese. In confronto il Re Sole, in sessantaquattro anni di vita il bagno lo fece una sola volta. Lo si desume dalla lettura del âJournal de le santé de Louis XIV", redatto dai medici personali del re tra il 1647 e il 1711. Stranezze che tuttavia non stupivano più di tanto in altri tempi, anzi. Nel 1649 le donne viennesi che frequentavano il bagno ducale si facevano cucire del piombo nellâorlo delle gonne da bagno. Perché non galleggiassero scoprendo il corpo. Nessuno, insomma, doveva scorgere un solo millimetro di pelle, figuriamoci il seno e il pube. Nella baia di Danzica, invece, lâordinamento di un bagno riportava la seguente disposizione: âIl costume da bagno per signore deve essere solo di flanella o di un tessuto di lana a pieghe, sul tipo dei cosiddetti vestiti della riforma, e deve essere chiusa fino al collo. Allo stesso modo, i signori devono portare un vestito chiuso fino al collo. Il tessuto non deve essere chiaro, trasparente o traforatoâ.