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OLIVICOLTURA E CULTIVAR SICILIANE

Un breve viaggio alla scoperta della millenaria cultura olivicola dell'isola, con riferimento alle varietà che ne hanno determinato la fortuna

20 settembre 2003 | Vincenzo Zerilli

Breve escursus storico
L’olivo, con molta probabilità, è stato introdotto in Sicilia dai Fenici, i quali nella loro migrazione iniziata nel XVI sec. a.C. verso la Grecia e le isole dell’egeo, ne diffusero la coltivazione nell’Asia minore, in Egitto e in Libia, e da qui sicuramente in Sicilia tra il IV e l’VIII sec. a.C., come dimostrano le testimonianze di Diodoro Siculo sugli insediamenti fenicio-cartaginesi di Akragas.
Sicuramente, successive sono le realtà olivicole in Sicilia e Calabria storicamente riconducibili alla civiltà ellenica, che tra il IV e V sec. a.C. ebbe splendore nella Magna Grecia.
Le prime conoscenze dell’olivo nell’isola sono da collegare al mito di Aristeo, divinità agro pastorale venerato dalle antiche popolazioni sicule per aver sperimentato e divulgato la tecnica di coltivazione della pianta e le prime rudimentali metodologie di estrazione (Cicerone, Plinio, Diodoro Siculo).
Le origini di Aristeo sono controverse, da alcuni considerato di provenienza fenicia e da altri greca, nonostante gli otto secoli che separano la comparsa delle due civiltà in Sicilia.
Successivamente, durante l’Impero Romano, l’olivo ebbe la massima diffusione in Sicilia come in tutte le terre conosciute e colonizzate nel mediterraneo (Plinio).
L’interesse mostrato dai Romani per la coltura risiedeva nelle molteplici utilizzazioni dei suoi prodotti (unguenti, legna da ardere, olio combustibile, ecc…), di conseguenza l’olivo per le sue prerogative agronomiche e d’adattabilità divenne “prima omnium arborum” (Columella).
Con il declino dell’impero Romano e la dominazione araba in Sicilia la coltura dell’olivo fu trascurata a vantaggio di altre specie, quali gli agrumi.
Dopo l’anno mille con la dominazione Normanna, e successivamente nel medioevo, si ebbe un graduale ripopolamento delle zone olivicole e un notevole rilancio del commercio dell’olio.
All’inizio del secolo scorso si stimavano in Sicilia circa 17 milioni di piante coltivate su 200 mila ettari in coltura promiscua e 70 mila in coltura specializzata.

Molta confusione si è fatta, sin da allora, sulla denominazione delle cultivar diffuse a causa della grande varietà di sinonimi con cui sono chiamate nelle diverse province e nei comuni anche limitrofi e per le omonimie derivanti dalla consuetudine di correlare il nome ad alcune caratteristiche dei frutti (“Nocellara”, “Biancolilla”, “Oglialora”, ecc…).
E’ interessante notare che di alcune cultivar note a quell’epoca (“Alloro”, Olivo di Francia”, Sanfrancescana”, ecc…) non vi è più traccia.

Frutti di Biancolilla

Qualche numero…
Allo stato attuale si stima che esistono impiantate nell’intero territorio siciliano circa 20 milioni di piante (Aima 1999) su circa 157 mila ettari (Istat 1999), che rappresentano il 13.85% del patrimonio olivicolo nazionale, collocando così la Sicilia al terzo posto, dopo Puglia e Calabria.
La coltivazione si sviluppa in misura del 64% in collina e del 19% in montagna, mentre in pianura si ha il rimanente 17% della superficie.
La struttura aziendale è caratterizzata, di frequente, da modeste estensioni e da frammentazioni più o meno spinte, infatti, l’82% delle aziende, non supera i cinque ettari d’estensione, mentre l’ampiezza media delle aziende olivicole siciliane è di 0,71 ettari.
La produzione d’olive si attesta mediamente su circa 2,8 milioni di quintali, di cui 2,5 milioni destinati all’oleificazione e 300 mila quintali destinati alla lavorazione per olive da mensa quest’ultime provenienti, in gran parte, dalle province di Trapani, Siracusa e dall’area etnea. Questi dati conferiscono all’isola il terzo posto a livello nazionale per produzione d’olio, e il primo posto per olive da mensa.
Le aziende specializzate per l’olivicoltura da olio si trovano principalmente localizzate nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento, dove si concentrano le maggiori superfici investite.
La vocazionalità territoriale dell’olivicoltura da olio è protetta da tre marchi Dop comunitari: la Dop Valli Trapanesi (Reg. Ce n° 2325/97 Guce L. 322/97 del 25.11.1997), la Dop Val di Mazara (Reg. Ce n° 138/01 Guce L. 23 del 25.01.2001) e la Dop Monti Iblei (Reg. Ce n° 2325/97 Guce L. 322/97 del 25.11.1997)

Cultivar e loro importanza nel panorama olivicolo siciliano
Il panorama varietale siciliano si caratterizza per la predominanza di otto cultivar (Biancolilla, Cerasuola, Moresca, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea, Oglialora Messinese, Santagatese, Tonda Iblea), le quali, assieme, raggiungono l’80% di tutti gli olivi coltivati in Sicilia.
Sono altresì rappresentate altre sette cultivar (Brandofino, Crastu, Giarraffa, Minuta, Pidicuddara, Verdello, Zaituna) con diffusione più limitata ma che, nei comprensori di pertinenza, riscontrano ancora un certo favore per alcuni caratteri agronomici.
A completare il germoplasma indigeno siciliano contribuiscono circa altre venti cultivar, le quali, anche se scarsamente importanti in termini di diffusione territoriale e di quantità prodotte, rivestono una considerevole importanza per la tutela della diversità biologica.

Nocellara del Belice
Nella provincia di Trapani, in particolare a Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, tra le cultivar da mensa predomina la varietà Nocellara del Belice, la cui produzione nel 1999 ha rappresentato il 72% circa di quella regionale complessiva per le olive da mensa.
A riprova di questi dati che dimostrano la vocazionalità olivicola di detta zona, e in particolare per le olive da mensa, è stato istituito a livello comunitario il marchio Dop Nocellara del Belice (Reg. Ce n° 134/98 del 21.01.98), inoltre la Nocellara del Belice è l’unica, attualmente, tra le varietà siciliane da mensa ad aver già ottenuto il sopra citato riconoscimento comunitario.
Sebbene utilizzata soprattutto per mensa la Nocellara del Belice (Tab. 1) è una cultivar a duplice attitudine, in particolare nelle aree in cui è maggiormente diffusa la destinazione è come oliva da mensa, secondo il metodo di trasformazione denominato alla castelvetranese, mentre nelle altre zone è prevalentemente coltivata come cultivar da olio. Presenta una spiccata scolarità di maturazione, tardiva epoca di maturazione, buona è la produttività delle piante, presenta una media predisposizione all’alternanza e richiede delle condizioni pedoclimatiche modeste, ma sicuramente è più esigente della Biancolilla, la resa in olio è mediamente del 18%.

Tab. 1


Biancolilla
La Biancolilla (Tab.2), il cui nome deriva dalla colorazione che assumono le drupe a maturazione (bianco e lilla), è diffusa nell’area centro-occidentale dell’isola, in particolare nelle province di Palermo ed Agrigento, in minore misura è presente nella provincia di trapani, da menzionare è invece la sua diffusione sul territorio dell’isola di Pantelleria, dove è l’unica cultivar diffusa e dove le condizioni sia pedoclimatiche sia delle tecniche colturali determinano una diversa risposta vegeto-produttiva rispetto a quello che la stessa cultivar presenta sul resto del territorio siciliano. Ha una buona capacità di sfruttare terreni aridi, pietrosi e soprattutto con scarso franco di coltivazione, abbastanza resistente al freddo, è ottima per la sua precoce entrata in produzione, fa registrare basse rese dell’ordine del 15% e presenta un’elevata predisposizione all’alternanza di produzione.

Tab. 2


Cerasuola
La cultivar Cerasuola (Tab.3) è principalmente diffusa nel versante nord-occidentale della Sicilia, nelle zone contigue delle province di Palermo e Trapani mentre ha una ristretta diffusione nell’area sud-occidentale limitatamente all’area di Sciacca in provincia di Agrigento. Si tratta di una cultivar androsterile, si coltiva esclusivamente per l’estrazione di olio, ha delle rese in olio molto elevate, superiori in molti casi al 20%, la maturazione avviene in media epoca ed è sufficientemente compatta, presenta una buona plasticità di adattamento, anche in terreni poveri e con limitate risorse idriche, è molto sensibile alla rogna.

Tab. 3


Altri areali, altre varietà…
Nelle province di Catania e Siracusa è invece diffusa la varietà Nocellara Etnea il cui volume produttivo, sempre nel corso del 1999, ha inciso per il 14% sulla produzione regionale d’olive da mensa.
Nelle restanti province di Enna, Caltanissetta, Palermo, Ragusa e Messina si concentra il rimanente 14% della produzione d’olive da mensa siciliane e dove le cultivar che la fanno da padrone sono le varietà Moresca, Giarraffa, Tonda Iblea e Nocellara Messinese.