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L’agricoltura scava nella storia d’Italia

Non solo uno sguardo al passato, c’è stata anche tanta attenzione per l’attualità al convegno di Confagricoltura a Roma. Alla presenza di Napolitano, il presidente Vecchioni ha sostenuto che “non ci può essere made in Italy se non vi è un reddito equo per gli agricoltori

17 aprile 2010 | Duccio Morozzo della Rocca

La Confagricoltura si è riunita a Roma giovedì scorso per il convegno ''L'agricoltura nella storia d'Italia'' alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Alla vigilia dei 150 anni dell’Unità d’Italia, e a più di 100 dalla costituzione della SAI in cui Confagricoltura riconosce le proprie radici, la Confederazione ha voluto omaggiare l’agricoltura del nostro paese ripercorrendone le evoluzioni negli anni. Ma ha anche colto l’occasione per fare il punto della situazione.

Ad occuparsi degli onori di casa è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, ex Ministro dell’Agricoltura, che ha sottolineato come il territorio, la natura e l’alimentazione avranno negli anni a venire un ruolo sempre più importante: “guai” - ha avvertito Alemanno - a un’Italia che tolga spazio all’agricoltura”.

Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, ha poi ribadito davanti alle istituzioni (in sala erano presenti anche il ministro Sacconi e l’on. Letta) come l’agricoltura debba essere inserita a pieno titolo nella politica nazionale e come per fare questo sia necessario operare con equilibrio: “Confagricoltura – ha dichiarato Vecchioni - significa imprenditori rappresentati da imprenditori uniti in un associazionismo di imprese che si riconoscono in certi ideali e che puntano a fare reddito. Imprese che sono il motore della crescita del nostro paese”.

Ripercorrendo gli ultimi 80 anni di storia, ha poi ricordato come l’Italia abbia perso 7,5 milioni di ettari e 2,5 milioni di aziende agricole. Oggi, ha detto il presidente della Confagricoltura, il nostro Paese è rappresentato da un milione e 700 mila aziende che costituiscono il 4% del Pil nazionale.

Un settore, quello agricolo, che ha retto meglio di altri la crisi internazionale dell’economia.
“Nel 2008 - ha spiegato Vecchioni - il valore aggiunto agricolo è aumentato dell'1% mentre l'economia nazionale respirava aria di recessione. Nel 2009 una brusca frenata: il Pil nazionale è calato del 5,1%, quello industriale del 15% mentre l'agricoltura ha retto meglio con un -3,1% dettato dal forte arretramento dei prezzi all'origine che, tra l'altro, ha anche contribuito al contenimento dell'inflazione a beneficio dei consumatori".

Ma non ci può essere made in Italy, ha affermato Vecchioni, se non c’è un reddito equo per gli agricoltori.
Rispetto dunque al futuro della politica agricola nazionale ed europea, con la riforma della nuova Pac, ha rivolto un appello in sala: “A Gianni Letta che oggi compie gli anni e a cui facciamo gli auguri – dice Vecchioni – vogliamo dire che speriamo che il budget agricolo venga preservato e tutelato per un’agricoltura non solo utile a 500 milioni di cittadini ma anche importante per la crescita economica del paese. In questa fase di transizione non dobbiamo cadere nell’errore delle divisioni”.

Al termine dell’incontro, non è mancata, una tirata d’orecchie al federalismo: “Non sono contrario a priori – spiega Vecchioni – ma posso dire che in agricoltura certamente ha fallito: sono un miliardo e 300mila gli euro che rischiano di tornare a Bruxelles a causa di un sistema decentralizzato che non è riuscito a spendere quanto ricevuto dalla Comunità Europea”.


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