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La Maremma grossetana ha trovato un tesoro negli extra vergini di qualità

Le testimonianze dei protagonisti del territorio. Da Valeria Cittadini, presidente di Confagricoltura Grosseto, a Giampiero Cresti, direttore della Olivicoltori Toscani Associati, a Massimo Neri, presidente di Aprol Grosseto

29 novembre 2008 | Luigi Caricato

La Maremma esprime una propria fisionomia caratterizzante e peculiare. Quando si dice genius loci si intende qualcosa di tangibile e non certo di aleatorio. E quale elemento migliore di concretezza, dunque, se non quello che rappresenta la viva e diretta testimonianza di chi in un dato territorio vive e opera da protagonista?


Abbiamo ripreso un dialogo che è stato pubblicato sullo spettacolare volume Olivo e olio in Maremma, edito dalla Provincia di Grosseto, per far percepire come un territorio abbia più di qualcosa da dire, quando si interpellano gli attori e i protagonisti della filiera.

Sono gli olivicoltori e i frantoiani, quelli che ogni santo giorno scendono in prima persona in campo per compiere il proprio dovere, a essere i veri interpreti di una realtà, intimamente legata alla civiltà dell’olivo e dell’olio, che si va costruendo e stratificando lentamente nel tempo, curando con grande attenzione ogni minimo aspetto della produzione, senza mai nulla trascurare.

La fama e la fortuna di un areale di produzione rispetto a un altro, di una qualsiasi altra area olivicola, si enuclea proprio nel cosiddetto genius loci, che altro non è che l’espressione combinata e perfetta di tre elementi cardine: la pianta, l’habitat e l’operato dell’uomo. Ed è quest’ultimo aspetto, soprattutto, a diventare l’elemento di distinzione: la professionalità e il genio creativo fanno effettivamente la differenza.

In alcune aree del nostro Paese, nonostante siano altamente vocate, non si realizzano ancora buoni risultati, proprio perché viene a mancare la perfetta combinazione dei tre elementi. Persistono infatti produzioni di olio lampante in zone in cui l’olivicoltura non è curata a sufficienza, e tale limite è dato proprio dall’operato dell’uomo, poco sensibile, alle volte, a conseguire produzioni di qualità, per negligenza o scarsa formazione.

Nella Maremma grossetana è diverso, il cammino che conduce verso la qualità ha imposto scelte sempre più accurate, perché si è puntato sempre più in alto, verso quella che si può definire l’eccellenza di prodotto. Ed è un proposito, questo, che richiede sforzi continui, perché una volta giunti al traguardo, è necessario mantenere gli alti livelli raggiunti senza mai arretrare.

Gli olivicoltori e frantoiani grossetani, quelli che hanno dedicato la propria vita all’olivo e all’olio, sono tanti, e da secoli ormai, nel nome della tradizione, si sono succedute tante generazioni che hanno qualificato il territorio facendolo diventare a tutti gli effetti “area vocata alla qualità”. Da qui l’intenzione di rendere visibile tale sforzo comune e condiviso, da cui l’idea di dare voce alle migliaia di operatori del settore, scegliendo espressamente la formula della testimonianza, quella che consente di rendere manifesto il notevole impegno profuso nella costruzione di un comparto olio di oliva in grado di esprimersi ai massimi livelli di professionalità.

Non potendo ovviamente dare spazio a tutti – per l’impossibilità di individuare alcune figure di riferimento, escludendone altre altrettanto meritevoli – si è optato per delle figure istituzionali facenti capo alle associazioni di categoria attive nel territorio della provincia.

Ecco pertanto i punti di vista dei rappresentanti delle tre principali realtà corporative, con la precisa intenzione di mettere in luce lo stato effettivo delle cose, guardandolo dal di dentro, dalla parte di chi sta a diretto contatto con gli artefici di quel grande prodotto della natura ch’è appunto l’olio extra vergine di oliva.

Le opinioni raccolte riguardano sia le dinamiche del presente, sia le prospettive future. Sono state espresse:
da Valeria Cittadini, presidente di Confagricoltura,
da Giampiero Cresti, direttore della Olivicoltori Toscani Associati,
e da Massimo Neri, presidente di Aprol Grosseto.


Secondo voi, cosa ha di così peculiare l’olivicoltura maremmana, rispetto ad altre aree produttive della Toscana e del resto d’Italia?

Cittadini: Com’è noto, la Maremma si caratterizza per un contesto pedo-climatico molto variabile, che si estende dal mare all’alta montagna. L’olivo è infatti diffusissimo in tutto il territorio, raggiungendo l’alta collina, con altitudini di 650 metri sul livello del mare, che difficilmente si riscontrano in altri territori olivicoli. La varietà di climi, temperature, altitudini e terreni, unitamente alla molte varietà di olivi, determina una molteplice tipologia di oli, diversi tra loro nei sapori, nel fruttato e nei colori: si va dagli extra vergini eleganti dell’alta collina a quelli “forti” della pianura.

Cresti: Come ogni altra olivicoltura, è fatta di varietà, territorio e cultura. Le varietà diffuse sono quelle del resto della Toscana. Il territorio è caratterizzato anch’esso da clima e suolo: la diversità del clima è nota ed è evidenziata, ad esempio da un anticipo di maturazione di circa 10-15 giorni rispetto alle zone interne, ed è inoltre difficile che si verifichino danni da freddo ai frutti, consentendo così il prolungamento del periodo di raccolta. Tali elementi hanno sicuramente influenzato i comportamenti degli olivicoltori e dei frantoiani, da cui poi deriva anche il conseguimento di un prodotto peculiare.

Neri: Gran parte della olivicoltura maremmana è tipica perché costituita in prevalenza da oliveti tradizionali posti su terreni marginali, di solito non irrigui, con pratiche di aridocoltura e con altri interventi di buona pratica agricola. Le cultivar sono costituite soprattutto da Frantoio, Moraiolo e Leccino, con raccolta, negli ultimi anni, più anticipata, da metà ottobre a fine novembre, con conseguente miglioramento della qualità degli oli.


Le associazione di cui voi siete alla guida, cosa hanno apportato di nuovo e che cosa hanno contribuito a realizzare, nel tempo, a vantaggio degli olivicoltori e del territorio?

Cittadini: La mia associazione ha operato in modo particolare nel nome della qualità, attuando sia corsi di degustazione d’olio, sia lezioni utili ad apprendere, o perfezionare, l’arte della potatura. Sono stati organizzati corsi rivolti sia espressamente ai soci, per una formazione più robusta e competente, sia ai consumatori, per informarli in modo adeguato e puntuale; senza con ciò trascurare, evidentemente, gli studenti, sia quelli delle medie, sia quelli delle superiori, in particolare a specializzazione agraria e alberghiera.
I tecnici seguono i soci in particolare sul fronte della lotta ai parassiti, ma anche per ciò che concerne la raccolta, frangitura, confezione e vendita dell’olio, oltre che per la pubblicità e la partecipazione alle fiere di settore.

Cresti: L’Ota già dalla metà degli anni Ottanta ha realizzato azioni tese al miglioramento e alla caratterizzazione della produzione, soprattutto con attività di tipo divulgativo, formativo, di assistenza tecnica e ricerca. Ha realizzato progetti pilota per una difesa eco-compatibile e di qualificazione delle produzioni; e ha svolto inoltre, o sta svolgendo, attività di commercializzazione dell’olio prodotto dai soci che, come noto, sono spesso piccoli produttori che non hanno la forza di affrontare un mercato strutturato. Il loro unico canale di sbocco è la vendita diretta al consumatore, la quale, tuttavia, si va progressivamente sempre più restringendo.

Neri: L’associazione nel tempo ha contribuito a migliorare e mantenere gli oliveti, sia dal lato paesaggistico e idrogeologico, sia da quello espressamente produttivo. Ha contribuito a migliorare tra l’altro le produzioni delle zone olivicole a forte rischio dacico con ripetuti programmi di difesa fitosanitaria, guidata ed integrata, per fronteggiare appunto la temutissima mosca olearia. L’Aprol ha informato i produttori e i trasformatori sulle migliori tecniche di raccolta, conservazione, con riduzione peraltro dei tempi di attesa alla molitura, contribuendo così, in modo significativo, al miglioramento della qualità degli oli.


Quanto ha influito il turismo e l’ospitalità rurale nella promozione degli extra vergini di Maremma?

Cittadini: Moltissimo. Possiamo dire che proprio con l’avvento del turismo – che in Maremma è relativamente giovane, anche se di grande spessore economico – sia “nato” l’olio extra vergine di oliva di Maremma.
Fino agli anni Sessanta l’olio qui era un prodotto per il consumo interno, di qualità abbastanza scadente. La Maremma offriva il suo paesaggio bello e selvaggio, ma era terra di conquista da parte degli operatori economici confinanti, che acquistavano ciò che si produceva come, quanto e secondo i loro voleri.
Il turismo in genere, e l’agriturismo in particolare, hanno invece aperto le porte alla tecnologia, alle persone, agli stranieri – americani, cinesi, giapponesi ed europei – offrendo loro, oltre alle proprie bellezze, anche i prodotti che si sono dimostrati essere di una qualità superlativa.

Cresti: Molto. E' scontato che il turista che vive il territorio della vacanza lo viva con i prodotti che ne esprimono l’identità; e l'olio resta sicuramente un prodotto che si identifica in modo marcato con il territorio d'origine. Purtroppo, l'opportunità di far conoscere e apprezzare tale prodotto non sempre viene colta appieno. Pensiamo alla permanenza, nell’ambito della ristorazione di prodotti anonimi, non legati al territorio; e così pure gli agriturismi, che non sempre promuovono adeguatamente il prodotto.

Neri: L’agriturismo ha sicuramente contribuito a promuovere la conoscenza e la commercializzazione dell’olio extra vergine di oliva delle Colline di Maremma, con un incremento delle vendite all’estero. Buoni risultati sono stati conseguiti anche da piccole aziende, organizzate nella molitura e successiva etichettatura degli oli di propria produzione, soprattutto da agricoltura biologica.


Secondo voi, il consumatore che sceglie l’olio maremmano cosa si attende in particolare dal prodotto che ha deciso di acquistare?

Cittadini: Lo straniero, o semplicemente il turista italiano, nel corso di questi ultimi anni ha imparato a conoscere, grazie anche all’ottima divulgazione ch’è stata fatta, il prodotto “olio di Maremma”: un olio di ottima qualità, dai sapori forti, dal gusto perfetto e dai profumi d’erba, con sensazioni di carciofo e pomodoro.
Insomma, se mi si consente l’espressione, si tratta di un olio spigoloso, selvaggio e amaro, come appunto la Maremma che lo produce.

Cresti: Un prodotto sano, buono e che faccia rivivere il territorio

Neri: Il consumatore che sceglie l’olio maremmano si attende soprattutto un prodotto verde, con l’amaro e il piccante in equilibrio, dal sapore di fruttato derivante, rispetto al passato, da una produzione a raccolta anticipata.


Rispetto a un decennio fa, come giudicate nel complesso il lavoro svolto dalle aziende olivicole e frantoiane?

Cittadini: Tutto il discorso fino ad ora sostenuto è il risultato di un grandissimo lavoro da parte sia del produttore olivicolo, sia del frantoiano.
Con la terribile gelata dell’85, che distrusse un patrimonio olivicolo inestimabile, si ebbe, proprio a partire da un evento così traumatico, la forza di ricominciare e di rinnovare gli oliveti, introducendo inoltre nuove tecnologie, nuove forme di allevamento, con specializzazioni nelle operazioni di raccolta e, soprattutto, con l’introduzione di tecniche all’avanguardia nella trasformazione.
I produttori capirono finalmente che l’olio extra vergine di oliva era veramente l’oro verde. Si moltiplicarono perciò gli oliveti, si migliorarono le varietà; poi con i giovani si è introdotto il marketing, e si sono creati frantoi all’avanguardia, tanto che oggi l’olio raggiunge ormai tutto il mondo, grazie, anche e soprattutto, alle cooperative sociali.

Cresti: C’è stata una forte evoluzione qualitativa, dovuta ad un processo culturale ancora in atto.

Neri: Le aziende agricole, rispetto a un decennio fa – anche se i costi di produzione sono troppo alti e i ricavi risicati – hanno migliorato la qualità con le tecniche di buona pratica agricola e di trasformazione.


Lo strumento delle certificazioni di prodotto come è stato percepito dai produttori?

Cittadini: Se consideriamo che il 60 per cento dell’olio certificato Igp “Toscano” proviene dalla Provincia di Grosseto, possiamo affermare che la certificazione è stata largamente accolta, tanto da ottenere un notevole successo nel nostro territorio. Anche la partecipazione massiccia a concorsi provinciali, per i quali il panel rilascia una certificazione – che non è una certificazione legale, ma è pur sempre un attestato di qualità – dimostrano che il fenomeno certificato è ampiamente ben accetto.

Cresti: Con aspettative, ma anche con fastidio per la burocrazia che si somma a quella già esistente.

Neri: La certificazione di prodotto, e la rintracciabilità, sono poco percepite dal piccolo produttore, ma sono considerate alquanto positive da parte del frantoiano, privato o cooperativo che sia.


Con le attestazioni di origine sono arrivati i risultati attesi?

Cittadini: Visto quanto già detto, ritengo proprio di sì. Per l’immagine e la conoscenza del prodotto direi senz’altro di sì; forse il prezzo, semmai, pur se aumentato, non ha raggiunto i livelli sperati o, ad ogni modo, non sono ancora all’altezza della qualità ampiamente riconosciuta delle produzioni.

Cresti: L'attestazione "Toscano" Igp ha sicuramente fornito risultati positivi, anche se inferiori a quelli attesi; si tratta di proseguire su questa strada, rimuovendo i problemi che il marchio Igp "Toscano" ha avuto. Con l’introduzione delle Dop, inoltre, potranno senz’altro esserci risultati di tipo economico, ammesso che si riesca a superare i limiti posti dalle ridotte quantità disponibili, soprattutto nelle annate di scarica, e dai costi dei sistemi di certificazione.

Neri: La domanda di Igp “Toscano” sta incontrando buoni risultati in molti Paesi esteri, sia per la qualità, sia per le cultivar tipiche, la quantità e il loro connubio con il territorio.


Con il riconoscimento delle Dop “Seggianese” e “Colline di Maremma” quali altri risultati attendete?

Cittadini: Per quanto riguarda la Dop “Seggianese” le attese sono buone, perché siamo alla presenza di un olio veramente eccezionale, dalle caratteristiche veramente particolari. L’unico fattore negativo è la quantità abbastanza modesta: perciò avremo degli alti costi e dovremo mirare di conseguenza a mercati ristretti e particolari: la ristorazione di qualità, l’estero, la fascia di clienti dall’alto reddito, eccetera. Sono molto scettica, invece, per quanto riguarda la Dop “Colline di Maremma”: niente cambia rispetto al momento attuale, l’unico fattore trascinante sarà il nome Maremma, che si mette però in competizione con il nome Toscano. Sarà competitivo?

Cresti: Le due Dop della provincia di Grosseto potranno consentire una maggiore identità del prodotto, e quindi determinare un rafforzamento della propria immagine presso i consumatori.

Neri: La Dop “Seggianese”, anche se è una goccia d’oro sul mare produttivo, sta conseguendo risultati qualitativi e commerciali eccellenti, per la specificità di un prodotto legato sia alla cultivar, sia al territorio, tipico del versante occidentale del Monte Amiata. E’ necessario mantenere severamente il controllo degli impianti con la cultivar Olivastra Seggianese, almeno all’85 per cento. La qualità dell’olio con basso numero di perossidi, alto valore dei polifenoli, il colore verde, l’odore di fruttato, la carica amaro-piccante in armonia, sono il risultato conseguito dalla posizione geografica di zone di alta collina, in fasce a basso o nullo rischio dacico, dalle caratteristiche podologiche dei terreni di origine vulcanica e dall’ambiente montano favorevole a produzioni anche biologiche naturali. E’ necessario continuare a mantenere molto buona, da parte dell’organo di controllo, ogni fase del processo produttivo: la difesa, le altre operazioni colturali, le produzioni in entrata e in uscita, l’elenco dei produttori, il catasto olivicolo, i frantoi, i confezionatori, i registri di produzione, e garantire infine la rintracciabilità della filiera.


I ristoratori del territorio hanno preso realmente a cuore le sorti degli extra vergini locali?

Cittadini: No, allo stato attuale nei ristoranti non si è riscontrata una diversità di comportamento rispetto al passato. Solo qualche eccezione che conferma la regola. Sinceramente, se non si fa propaganda, un’opera di conoscenza, con incentivazioni di ogni genere, non credo che i ristoratori – fatta salva, sempre, qualche eccezione – abbiano voglia o desiderio di abolire le orribili ampolle in vetro chiaro.

Cresti: Generalmente no. Ancora una larga fascia di ristoratori non attribuisce all'olio la capacità di qualificare e identificare territorialmente la loro proposta. Ne consegue che ancora in molti sono orientati esclusivamente dal prezzo d'acquisto che, ovviamente, favorisce prodotti di scarso valore organolettico.

Neri: Un rapporto con la ristorazione è stato più volte ricercato, ma in effetti mai concretizzato. La risposta che viene data è sempre la stessa: "è troppo caro". Ora, la considerazione che mi viene spontanea è la seguente: su un conto di 50 euro a pasto, che olio viene proposto?
Ritengo quanto mai appropriata, pertanto, la normativa che impone confezioni etichettate di olio extra vergine di oliva sulle tavole dei ristoranti. Non è però sufficiente: si profila di conseguenza un impegno, molto importante, da parte dei consumatori: vigilare e pretendere il rispetto della nuova norma.





Testo tratto dal capitolo "La testimonianza dei protagonisti", a firma di Luigi Caricato, pubblicato nel volume Olivo e olio in Maremma, i cui autori sono Giovanni Belletti, Luigi Caricato, Antonio Cimato e Valter Nuinziatini. Per gentile concessione dell'ente Provincia di Grosseto.

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