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ALFREDO ANTONAROS: "I PAESI EMERGENTI AVANZANO. NON POSSIAMO CORRERE IL RISCHIO DI CONSUMARE I PRODOTTI DELLE TERRE ALTRUI"
Secondo il noto conduttore televisivo di Rai Sat Gambero Rosso Channel, la nostra agricoltura va salvaguardata ponendo la necessaria attenzione al rapporto qualità-prezzo. La grande svolta viene dagli imprenditori del Sud, con personaggi di primo piano, con la P maiuscola, capaci di essere nuovi e originali
06 marzo 2004 | Luigi Caricato
Alfredo Antonaros lo conoscono in molti. Chi sa apprezzare le programmazioni di qualità proposte dal canale televisivo Rai Sat - Gambero Rosso Channel ha avuto occasione di vedere e ascoltare le conversazioni che Antonaros ha con i suoi ospiti. Ma pochi, tra coloro che si occupano più o meno direttamente di cibo e agricoltura, conoscono Antonaros quale autore di romanzi e testi per il teatro. Eâ una lacuna che va colmata. Tra i suoi numerosi libri pubblicati non câè soltanto lâottimo La grande storia del vino per Pendragon.
Nato nel 1950 ad Addih-Caieh, in Eritrea, Alfredo Antonaros ha scritto testi di narrativa, raccolte poetiche, saggi di letteratura e arte, ma anche testi teatrali, tra i quali Balkanika, con cui ha vinto in Svizzera il premio âTeatro del Mediterraneoâ.
Il lavoro di conduttore per Gambero Rosso Channel ti ha sicuramente consentito di conoscere molti dei protagonisti del mondo rurale e della gastronomia di qualità . Dal tuo prezioso osservatorio cosa hai potuto notare?
Eâ emerso che câè una grande aria nuova da cinque o sei anni a questa parte. Ho riscontrato una grande voglia di imporre tutto ciò che può fare qualità , nel settore dellâenogastronomia: vino, olio e altro; dove, forse, i protagonisti più interessanti sono da individuare tra gli imprenditori che operano nel Centro-Sud dâItalia. Eâ una grande sorpresa, rispetto a una immagine di un Sud sfilacciato, pieno di problemi, regredito rispetto a quelle che sono le masse europee. Quando si conoscono di persona i protagonisti di questa nuova identità , si scoprono delle straordinarie realtà , con i personaggi â veri, con la P maiuscola â che stanno costruendo con le loro mani, il loro lavoro, la loro fantasia - e anche con le loro risorse, rischiando in prima persona - una realtà assolutamente originale e nuova. Ciò è entusiasmante. Credo che per un Paese come il nostro, strapieno di problemi, in cui i conflitti vengono enfatizzati molto più del necessario, tutto ciò châè un segnale positivo, rivolto alla costruzione di una realtà diversa e migliore, sia un segnale che da qualsiasi parte si guardi fa bene e dà forza a tutti.
Quindi la tua valutazione è positiva. Si può parlare di un ritorno alla terra anche in termini culturali. Lâimprenditore che hai descritto è una figura che ha la piena consapevolezza di ciò che va facendo. Câè pure una cultura di prodotto che si sta trasmettendo attraverso il lavoro
Câè anche una grande riscoperta del rapporto esistente tra prodotto e qualità , mentre ritengo che vi siano ancora idee abbastanza confuse circa il rapporto qualità -prezzo. Câè una visione molto incerta di quella châè la nuova identità dei mercati; anche se questo è però un aspetto che coinvolge lâintera Europa, non soltanto lâItalia. Nellâambito dellâagroalimentare credo che i produttori, e quanti hanno rapporto con la terra, non abbiano capito che quelli che sono i Paesi emergenti, il cosiddetto Terzo Mondo, non è più un Terzo Mondo di straccioni e di persone incapaci di muoversi anche a livello globalizzato e di non avere rapporti con quelle che sono le grandi catene della distribuzione planetaria. In questo ambito stanno cambiando radicalmente lo stato delle cose, per cui, o i Paesi del centro Europa ricominciano a rivalutare che cosa significa dare un prezzo ai prodotti che propongono sul mercato, oppure rischiamo di essere schiacciati. Ora è evidente, che quando si parla di qualità , per un prodotto europeo non parliamo solo di una qualità organolettica, ma anche di una qualità che riguarda tutta una serie di garanzie di carattere sanitario, che spesso i prodotti del Terzo Mondo non hanno. Eâ pur vero che in un mercato in grande rivoluzione, evoluzione e trasformazione come quello con cui stiamo facendo i conti, la vera chiave di volta affinché lâagricoltura europea abbia ancora un futuro è che garantisca sì la qualità dei prodotti, ma anche un prezzo che possa riuscire ad essere concorrenziale con quelli dei Paesi emergenti, altrimenti lâagricoltura nei prossimi ventâanni non sarà più la nostra, con il rischio neppure tanto lontano di dover consumare i prodotti della terra degli altri.
Ecco, ora passiamo però alla tua attività di autore di romanzi e testi teatraliâ¦
Il mio primo romanzo lâho pubblicato con Feltrinelli nellâ84, poi ho continuano ogni due anni e mezzo, tre anni a pubblicare. Progressivamente la mia scrittura è stata sempre più coinvolta dai temi della mia professione attuale, che sono il muoversi, lâandare in giro a curiosare, viaggi ed esplorazioni sulle varie realtà del pianeta. Mi è sempre piaciuto raccontare un mondo che sta cambiando pelle, con tutta una serie di omogeneità etnico-culturali che si stanno frantumando. Mi interessa scoprire e rendere noto come la globalizzazione sia tante cose, anche se sul piano della ricerca della nostra identità sia comunque il doversi confrontare con altre sensibilità e altri linguaggi per raccontare il reale, per avvertire e descrivere il reale e percepirlo nel profondo, in tutta la sua verità . Tutto questo lâho iniziato a fare con il mio primo romanzo. Forse troppo presto, quando lâItalia ancora non faceva i conti con lâimmigrazione. Eâ stato, lâarrivare troppo presto, spesso un errore come lâarrivare troppo tardi. Però credo di aver segnato, forse con una decina di anni in anticipo, quello che oggi è uno dei problemi - credo fondamentali - dellâidentità culturale non solo del nostro Paese, ma complessivamente dellâOccidente.
In Italia si legge poco, e soprattutto a leggere poco sono gli agricoltori. In particolare non vengono letti quei libri che vanno oltre i propri interessi specifici. Come mai tale disaffezione, quando con la lettura si possono irrobustire, e rendere peraltro di più ampio respiro, certe intuizioni imprenditoriali?
Credo che sia una questione di formazione culturale, di una mentalità che condiziona gli atteggiamenti senza che vi sia una precisa consapevolezza. Si è convinti che i libri siano insufficienti come attrezzi per intervenire sulla realtà e si è convinti che vi siano altri strumenti molto più efficaci per poter possedere il reale. Spesso sono anche le persone con una formazione culturale e scolastica elevata, progressivamente quando si rapportano con la professione (e parlo non solo dellâagricoltore che sta seduto sullâaratro, ma anche con chi ha legami con il marketing, il commercio o con altri campi di azione) spesso si è convinti che vi siano altri canali per avere delle informazioni che non siano il libro, ed è un errore. Chi ha capito che un libro può essere uno straordinario attrezzo per entrare dentro la realtà , una vanga straordinaria per approfondire e andare sotto la crosta dei luoghi comuni probabilmente ha una marcia in più. Del resto il nostro Paese vive ciò che si registra un poâ ovunque nellâOccidente: leggono molto di più le donne, soprattutto quelle di cultura medio o medio-bassa; è più facile che una parrucchiera legga più romanzi di una maestra di scuola, ed è più facile che una bidella ogni tanto si fermi in edicola e si comperi un libro, che non una manager di unâazienda che quando rientra in casa dal lavoro ha problemi con la famiglia, con i figli e ha poco tempo per leggere. Noi siamo un Paese in cui si pubblicano una media di cento dieci, cento dodici libri al giorno, per un totale di circa quarantuno mila titoli allâanno. Pubblichiamo molto e leggiamo molto meno. Ma questa è una costante da almeno una quindicina dâanni.
Ebbene, che libro possiamo consigliare ai lettori di âTeatro Naturaleâ?
Credo che vi siano i sacri testi che io consiglio a tutti quando si vuol capire quanto il rapporto con la terra sia un rapporto fondamentale con ciò che ci arriva nel piatto due o tre volte al giorno, e per comprendere come ciò che ci arriva nel piatto sia così importante per avere lâidentità di se stessi. Credo che vi siano alcuni classici fondamentali. Alcuni dei tanti titoli di Piero Camporesi, autore châè riuscito a raccontare, a mio parere splendidamente, proprio tutto questo, ovvero lo stretto rapporto tra cultura, terra e cibo. Sono, i suoi, libri di grande sollecitazione e provocazione. Oppure si possono prendere uno dei grandi testi di Fernand Braudel sulla cultura del Mediterraneo, dove il riuscire a capire tutto ciò châè accaduto in questo grande mare, in cui culture apparentemente lontane ma straordinarie come la cultura araba, normanna, del Nord Africa, del Medio Oriente, siano poi diventate, nei porti di questo grande mare, unâunica cultura con grandi rispetti, grandi scambi, grandi influenze che di fatto sono riusciti a consolidare lâidentità dei nostri piatti e dei nostri saperi, ma anche lâidentità del paesaggio e delle terre di questo Mediterraneo. Ebbene, credo che tutto ciò sia una grande sollecitazione per la nostra mente.
Altre note su Alfredo Antonaros
Il noto conduttore dei programmi culturali-gastronomici del canale televisivo Rai Sat âGambero Rosso, è anche collaboratore della Radio Televisione Svizzera. I suoi romanzi sono stati tradotti in tedesco e spagnolo. In Italia i suoi libri sono stati pubblicati da Feltrinelli, Pendragon, Theoria, Jaca Book, Ars Libri e EnnErre. Tra i vari titoli ricordiamo Tornare a Carobel, Feltrinelli, 1984; Maho: storia di cinema e petrolio, Feltrinelli, 1987; Per Sarah, Feltrinelli, 1989; Moto a luogo. L'ultimo Grand tour, Pendragon, 1994; I Romagnoli, la tribù di Fellini, Sonda, 1997; Viaggi, Theoria, 1998; Emilia Romagna, Guida Gastronomica e turistica,Gambero Rosso 1999.
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