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"Olio Capitale" atto secondo. La strada per la svolta

E’ davvero uno strano Paese il nostro. Da una parte le battaglie in difesa dell’italianità delle produzioni autoctone. Dall'altra i vani sforzi di alcuni coraggiosi imprenditori agricoli lasciati allo sbaraglio

08 marzo 2008 | Luigi Caricato

“Olio Capitale” atto secondo. Si riaffaccia a Trieste l’appuntamento con gli extra vergini tipici e di qualità. Gli eventi dedicati a questo prodotto simbolo della civiltà mediterranea si moltiplicano e forse saranno anche eccessivi, nonostante la grande necessità e urgenza di spazi, segno comunque del frazionamento e della parcellizzazione della nostra stessa olivicoltura.

Eppure l’obiettivo resta quello di unire il comparto, di renderlo coeso anziché sfilacciato com’è oggi. Soprattutto ora, con la Spagna trionfante e dominatrice del mercato mondiale. Sono gli iberici infatti a dettare i prezzi nelle varie borse merci, e gli italiani si devono adeguare, con grandi difficoltà, senza nemmeno avere una giusta remunerazione per il proprio lavoro.

A Trieste, dunque, oltre alla manifestazione fieristica che vede l’esposizione di numerose aziende italiane ed estere, per contatti che si sperano fruttuosi con i buyer, provenienti in prevalenza dai Paesi del Nord e dell’Est europeo, si svolge in realtà un vero e proprio raduno con la possibilità di ragionare intorno alle problematiche più attuali e stringenti. Quelle che finora non hanno fatto incontrare le varie parti in causa, con le esigenze dei produttori che in molti casi non combaciano con quelle dei consumatori. Per esempio, un tema forte di cui si è appena discusso venerdì e che proseguirà nei prossimi mesi sul settimanale “Teatro Naturale”, riguarda proprio il presunto fallimento delle denominazioni di origine. Tante Dop, 39, ed una Igp senza grandi risultati, se non per alcune felici ma rare eccezioni.

Un fallimento già annunciato da tempo per le Dop, anche perché il mercato effettivamente non premia a sufficienza tali prodotti a marchio, visto che preferisce orientarsi piuttosto sull’onda del “primo prezzo”, dove però ci si imbatte con oli indistinti di provenienza non certamente italiana.

E’ davvero uno strano Paese il nostro, dove da una parte si conducono battaglie terribili in difesa dell’italianità delle produzioni autoctone, a tutela non solo degli interessi economici, pur cospicui, ma anche della stessa biodiversità, che va salvaguardata, essendo il nostro, forse, unico punto di forza e di differenziazione; dall’altra, invece, accade che si sconfessi, giorno dopo giorno, ogni minimo e faticoso sforzo intrapreso da alcuni coraggiosi imprenditori agricoli, lasciati soli e allo sbaraglio anche dalle stesse Istituzioni centrali del Paese.

Eppure tali imprenditori – ma aggiungerei anche altre figure parallele, i ricercatori per esempio – che pur credono in ciò che vanno producendo all’insegna della qualità, vengono poi mortificati con la banalizzazioni all’atto dell’acquisto da parte della maggioranza dei consumatori pronti a scegliere solo in funzione del prezzo e neanche della qualità. Tranne eccezioni, evidentemente. E’ per questo motivo, dunque, che i quattro giorni di “Olio Capitale”, dal 7 al 10, si riveleranno in ogni caso utili a far riflettere tutti, consumatori compresi.