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Nel nome delle donne che agiscono e del buon vino

Dedicato alle donne, in occasione della giornata dell'8 marzo. Quelle che non hanno bisogno di mettersi in competizione con gli uomini perché uomini sono i loro padri, i loro compagni e, spesso, i loro figli. Un ritratto limpido e veritiero

08 marzo 2008 | Monica Sommacampagna

Nel 1999 ho avuto occasione di intervistare Marta Galli, poi scomparsa di lì a qualche anno e tra le prime socie di "Le Donne del Vino", associazione che quest’anno festeggia il ventennale al Vinitaly.
Ricordo che con un tono di voce energico e caldo questa signora di grande spessore ha subito bloccato ogni mia domanda nostalgica sul suo passato o celebrativa sul ruolo che lei aveva rivestito nel mondo del vino per dirmi: “ho 64 anni, ora sono solo una nonna felice”.

Rammento anche la fatica fatta per intervistarla. Lei non mi avrebbe certo raccontato la sua storia se non l’avessi gentilmente spinta a farlo. A 33 anni, moglie e mamma di 4 figli, ha acquistato con il marito enologo un podere incolto ad Arbizzano (Vr) e, insieme alla sua famiglia l’ha trasformato in un’azienda vitivinicola apprezzata, Le Ragose.

Marta Galli nel corso dell’intervista mi disse che agli inizi “curava il lato economico dell’azienda” ma chi l’ha conosciuta sa che non è stata mai solo e semplicemente questo: è stata un potente motore di energia e di determinazione per fare decollare una produzione di Valpolicella rispettosa del terroir e dei vitigni rossi, in un periodo, gli Anni Settanta, in cui si brindava a bianco.

Un’avventura iniziata “da zero” e “da incosciente”, “mi occupavo un po’di tutto” “eravamo gran testardi: o il nostro vino o niente”. Questa donna non si è mai mascherata da uomo per emergere in un mondo prettamente maschile ma alla domanda su come si fosse fatta strada nel settore rispondeva delicatamente: “ho incontrato anche tanti gentiluomini, che capivano le mie difficoltà… Avvertivo un certo rispetto, se fosse stato diverso ne avrei sofferto non poco. Bisognava farsi valere”. E poi raccontava che “occorreva darsi da fare. Per la VIDE, Vitivinicoltori Italiani d’Eccellenza, per esempio, organizzavo lo stand al Vinitaly”.

Una donna che, a modo suo, ha lasciato il segno. Senza tanti giri di parole, senza usare campagne pubblicitarie, senza ricorrere a un concetto di femminilità che è più di immagine che di sostanza.

Nel giorno della festa delle donne 2008, mi piace pensare a lei. A tutte le “donne che sono”. Donne che, forti delle loro convinzioni pionieristiche o semplicemente di uno spiccato senso di responsabilità verso se stesse e verso gli altri privilegiano il fare coerente con un essere orientato al bene, invece di limitarsi a mostrare quello che hanno o a comportarsi in modo da spiccare a tutti i costi e a qualunque prezzo in un mondo trendy.

Mi riferisco a donne generose magari riservate, che non amano il plauso delle folle ma che agiscono. Che incoraggiano altre donne e altri uomini. Che tirano fuori la loro voce per difendere valori anche quando sentimenti o credi vengono reputati alla stregua di carta straccia. Donne che non si tirano indietro quando c’è da lavorare sodo. Ma che per fare questo non hanno bisogno di mettersi in competizione con gli uomini perché uomini sono i loro padri, i loro compagni, spesso i loro figli.

Il movimento femminista ha certo rivestito grande importanza come motore e bandiera nel mondo per non penalizzare ingiustamente le donne, per rivendicare il loro ruolo nel lavoro e in famiglia, per incoraggiarle a non subire atti di recriminazione gratuita meritevoli di disprezzo. Pur tuttavia, bando alle facili definizioni di femminilità come forza che per affermarsi deve essere necessariamente contrapposta alla maschilità. Femminismo e maschilismo sono frutto di una stessa esasperazione di concetto.

Prendendo come spunto la Festa delle donne, guardiamo ai valori spesso silenziosi delle donne che sono e che vanno comunicati. Più in generale, i valori di coloro che sanno vedere nelle altre donne e negli uomini non rivali ma semplicemente compagni di un pezzo di cammino di vita.
Ciascuno di noi ha ogni giorno l’opportunità di lasciare un segno generoso. Quello che rende preziosa, al di là della nazionalità o del sesso, la storia di ogni piccola grande goccia di umanità.


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