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Il futuro è dietro l’angolo, basta voltare

A volte accadono situazioni incomprensibili, che in parte ci disorientano, in parte ci indignano. Da un lato le Istituzioni, dall’altro una società presunta civile

26 gennaio 2008 | Luigi Caricato

Due riflessioni un po’ amare ma vere.

La prima: l’indignazione all’ennesima potenza.
Non leggo da nessuna parte del fallimento di Italia.it, nessuno ne da’ notizia, e chi in qualche modo lo fa cerca comunque di non darne risalto. La notizia però c’è, ed è terribile: uno stanziamento di 45 milioni di euro andati a fumo. A scriverne sono soprattutto i bloggers. La vera informazione ormai passa da Internet, il silenzio dei grandi e potenti media tuttavia preoccupa. L’odiato Benedetto XVI ha visto giusto, rimproverando gli organi di informazione di piegarsi al relativismo morale. C’è ormai un’adesione a un disegno strategico che disorienta e lascia stupefatti.

Italia.it doveva essere un portale che, nella mente gravida di chi lo aveva concepito e poi realizzato, avrebbe onoratamente contribuito a rilanciare l’immagine del Paese nel mondo. Poi niente, come accade spesso in Italia, e ciò nonostante lo stanziamento di ben 45 milioni di euro!

Il Codacons, nella persona del suo presidente Carlo Rienzi denuncia: "Apprendiamo che il portale il cui scopo era di pubblicizzare e valorizzare il turismo non è più visitabile sul web". Bella storia.
C’è poco da restare sereni. Rutelli aveva inaugurato con toni entusiastici il grande bluff. Lo aveva fatto lo scorso anno a Milano, in occasione della Borsa internazionale del turismo. Straordinaria e memorabile intrapresa quella di Italia.it. In fondo si tratta di soldi pubblici, di denaro della collettività che si traduce in gioiose tasse, con il massimo godimento di Padoa Schiooopppa. Il denaro stanziato, e quantomeno quei 7 milioni sicuramente spesi male, ha prodotto alla fine un portale inconsistente che ora è anche inutilizzabile. Bella storia all'italiana. Con fondi pubblici che appartengono alla comunità.

Nessuno ne parla, silenzio assoluto da parte dei Tg, troppo impegnati sul gossip e sul meteo. Ma c'è chi non ci sta. "Chiediamo alla Corte dei Conti di aprire una indagine" tuona il Codacons. Si tratta di capire – aggiunge Rienzi - "quali vantaggi concreti il portale abbia portato al turismo italiano, verificando eventuali sprechi di denaro pubblico a danno della collettività".
L'attesa sarà vana, e comunqure non si giungerà a nulla. Le responsabilità pubbliche restano sempre lettera morta.

Il futuro è dietro l’angolo, basta voltare. E poi?

Altra riflessione. Il bravo Giovanni Floris ha confezionato una straordinaria puntata di "Ballarò", il 23 gennaio scorso, con uno speciale dedicato alle buie vicende dell’Italia degli anni Settanta. Ci voleva un giornalista quarantenne perché si affrontasse l'argomento in maniera oggettiva, senza reticenze; e senza, soprattutto, zavorre ideologiche. Nel nome della verità.

Sono stati letti brani tratti dal libro Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo scritto con lucida onestà intellettuale dal bravo ed equilibrato Mario Calabresi, il giornalista figlio del commissario di polizia assassinato il 17 maggio 1972 a Milano. Assassinato nel nome di una bieca ideologia, di una sporca e vile ideologia che le generazioni di quegli anni non hanno del tutto cancellato, e in fondo nemmeno si curano di riconoscere non dico i propri errori, ma almeno le efferatezze più raccapriccianti.

Floris ha rotto un tabù e ha guidato con perfetta maestria la puntata, riservando il giusto spazio agli ospiti che altrove, con altri giornalisti, non trovano spazi.

Nel corso della serata Floris ha permesso di far luce su verità scomode, lasciando spazio a voci che per troppo tempo sono state ignorate. I figli delle vittime del bieco terrorismo di stampo ideologico, dimenticati dalla Repubblica Italiana, nonché dalla classe di intellettuali-senza coscienza e senza rimorsi, nonché dalla presunta "società civile", hanno potuito esprimere le proprie emozioni, i propri pensieri, costantemente censurati fino all'altro ieri, provocando così un delicato quanto dolente scambio di opinioni, con testimonianze drammatiche sui terribili eventi dei cosiddetti anni di piombo.

Furono anni terribili in cui molti intellettuali infangarono il buon senso oltre che la propria coscienza firmando manifesti ignobili e prendendo ferma posizione contro tante persone perbene poi divenute vittime e capri espiatori di quella diozia allo stato puro che ancora avvelenza a distanza di anni il Paese.

L’attore Luca Zingaretti lo scorso 6 dicembre aveva realizzato un lavoro teatrale proprio a partire dalla testimonianza di Mario Calabresi.
“Sono rimasto ammirato e commosso” è stato il commento di Zingaretti. Commosso, ha precisato, per “la serenità e la pacatezza - e sarei tentato di dire: la dolcezza - con cui Mario Calabresi ha parlato di temi che non sono sicuramente nuovi, ma che assumono un significato e una potenza finora sconosciuta”.

Per capirci: io non ho, per mia natura, quella dolcezza d’animo di Calabresi. Ho, dentro di me,. una cattiveria esplosiva verso certe espressioni di mala umanità. Di fronte al male e ai malfattori non conosco sentimenti di pietà, almeno a parole. Poi non lo so. Sono facile al giudizio definitivo, di condanna senza appello. Per me quei terroristi sono assassini che non meritano alcuna considerazione, sono del non-persone, anche se hanno scontato anni di galera, per me restano assassini.

Non voglio infierire, magari saranno pure cambiati, forse, chissà, ma resta il fatto che alle vittime non viene accordata la stessa attenzione, la stessa pietà e considerazione che viene accordata ai carnefici.

Esiste perfino una associazione denominata "Nessuno tocchi Caino", che non presuppone tuttavia il medesimo sentimento nei confronti delle vittime, o dei familiari delle vittime, o comunque verso coloro che Caino non sono e neppure vogliono esserlo, semplicemente perché rispettano l'alterità, come pure il corpo e l'anima di chi è diverso da loro e non vuole nuocere al prossimo, depredandone in alcuni casi anche la vita.

Per me gli assassini sono assassini e non ho alcuna stima, sul piano umano, verso quei personaggi come Fanny Ardant, per esempio, che qualche mese fa ha indicato in Renato Curcio la figura dell'eroe romantico che combatte per degli ideali e, da anarchico, contro lo Stato.

In me non c'è dolcezza. Non solo. La mia ruvidezza si nutre pure di tanta rabbia, pur non essendo stato vittima di quell’oltraggio demente che ha avuto per padrini tanti sedicenti intellettuali.

Chi è l'intellettuale? Colui che semplicemente ha studiato, dimostrando di possedere un sapere? Non c'è allora necessità di tali figure se poi non dimostrano di avere un'etica in grado di non nuocere al prossimo.

Il terrorismo in Italia è stato purtroppo premiato al punto da assicurare piena solidarietà ai carnefici, lasciando loro un ruolo di primo piano in quella (solo presunta) società civile.

Le vittime intanto restano vittime, isolate e abbandonate a se stesse.
Mentre i carnefici si sono guadagnati per le loro nefandezze il ruolo di pensatori fini e profondi, e solo per questo elevati al rango di persone perbene, ai quali sono derivati all'occorrenza incarichi istituzionali di alto prestigio.

L'assurdità e il grottesco. Gli intellettuali di quegli anni, nonostante gli obbrobri commessi da tanti esagitati, rimangono tuttora orgogliosi del proprio status di maestri, andandone fieri, senza però nemmeno lontanamente pensare agli esiti disastrosi che hanno condotto le loro dichiarazioni, con quelle spazzatura di manifesti di intenti in più occasioni da loro firmati.

Il futuro è dietro l’angolo, basta voltare. E poi?

Poi ci ritroviamo in questa Italia che non ha saputo ancora fare i conti con se stessa, con le responsabilità irrisolte del passato. Nel nome dell'ideologia e dell'inspienza tutto resta nel magma dell'incertezza.





TESTI CORRELATI
La memoria degli anni di piombo negli occhi e nelle toccanti parole dei parenti delle vittime
Un libro di Mario Calabresi che racconta una storia vera, fatta di sentimenti, paure ed emozioni. "I giornali e le televisioni - scrive - non si fanno troppi scrupoli ad accendere un faro sui terroristi, a dar loro la scena anche quando inopportuni”
Una recensione di Antonella Casilli
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