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GLI ITALIANI MANGIANO SEMPRE PIU’ FUORI CASA E SCELGONO SEMPRE MENO CIBI CINESI
Il pasto fuori casa sfonda il muro dei 60 miliardi, pari a un terzo dei consumi alimentari in Italia. Crollano intanto le importazioni di derrate alimentari cinesi il cui flusso tornerà ai minimi da inizio decennio, riducendosi di circa due terzi rispetto ai picchi del 2004
17 febbraio 2007 | Graziano Alderighi
Al Mia di Rimini, come consuetudine è stato presentato, il Rapporto annuale di Nomisma sui consumi alimentari, commissionato dalla Fiera di Rimini.
Tra le novità messe in evidenza dalla ricerca,la nuova frontiera rappresentata dai piatti pronti confezionati acquistati in supermercati e iper. Si tratta di prodotti cotti e conditi in vaschette già confezionate (insalate di riso e di farro, verdure lessate e grigliate, insalate con il condimento pronto all'uso,macedonie) che vengono venduti al banco senza assistenza alla clientela, si consumano freddi o velocemente riscaldati al microonde, elettrodomestico di cui le aziende sono in gran parte dotate. Prodotti veloci che per il 32,8% del campione esaminato (6,6 milioni di italiani) rappresentano una ottima alternativa per il pasto fuori casa.
La pausa pranzo viene utilizzata sempre più come momento di svago o attenzione agli interessi della persona (shopping, fitness, internet, salutismo riferito alla freschezza dei cibi) piuttosto che come momento di socializzazione tra i colleghi e quindi di pasti conviviali.
La spesa media mensile di una famiglia per il pasto fuori casa è stata di circa 70 euro, ripartiti tra ristoranti e trattorie (45,7 euro), bar e pasticcerie (22,7 euro), mense aziendali e scolastiche (3,4 euro).
Mentre Nomisma ha sottolineato come gli italiani mangino sempre più fuori casa, Ismea rileva che esiste sempre meno spazio per il made in China sulle tavole degli italiani. Non per pesci e crostacei che arrivano ancora in grandi quantità ma per prodotti che in passato avevano messo in allarme il mondo agricolo e alimentare come la passata di pomodoro cinese. Le importazioni di concentrati di pomodoro si sono di fatto dimezzate nei primi dieci mesi del 2006. A fine anno si può stimare che il flusso quantitativo tornerà ai minimi da inizio decennio, riducendosi di circa due terzi rispetto ai picchi del 2004, quando le spedizioni dal Paese della Grande muraglia sfiorarono 160.000 tonnellate. Ancora più netto il calo delle importazioni di mele cinesi, crollate nel 2006 di oltre l 80% in dieci mesi.
Il food comunque, in quanto a volumi importati, si mantiene a molta distanza da capitoli di peso come acciaio, combustibili, abbigliamento, giocattoli e calzature. Nel settore alimentare sono gli ortaggi freschi e trasformati a fare la parte del leone, seguiti da bevande, frutti, prodotti ittici, preparazioni a base di cereali e produzioni florovivaistiche.
Per l'insieme delle merci del capitolo agricolo-alimentare (bevande incluse, ma al netto dei tabacchi) l interscambio Italia-Cina ha generato nei primi dieci mesi del 2006 un disavanzo di 300 milioni di euro, in calo di oltre il 7% rispetto allo stesso periodo del 2005.
Fonti: Nomisma, Ismea, Mia Rimini
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