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UN SUCCESSO CORALE E SENZA OMBRE PER “TERRA MADRE” E “SALONE DEL GUSTO”, MA E’ GIUSTO RIFLETTERE SUL FUTURO

Pur se ancorate nella formula tradizionale dell’evento fieristico, Le due manifestazioni sono riuscite a coniugare esigenze di mercato e cultura della terra. I rischi e le insidie si moltiplicano, sarebbe un peccato perderne l'identità originaria

04 novembre 2006 | Luigi Caricato

Giudizio lusinghiero. La scorsa edizione del “Salone del gusto” avevamo registrato il dubbio sul futuro dell’evento, e ci chiedevamo se il grande consenso – soprattutto quello espresso da parte dei media, ch’è il più difficile da ottenere e mantenere – sia il segno di un reale successo o l’inizio, invece, di una involuzione – nel senso che dopo un exploit, il meccanismo poi tenda inevitabilmente a sgonfiarsi. Ebbene, ora, a distanza di tempo, e a conclusione dunque dell’ultima edizione, possiamo dire che anche questa volta il giudizio è pienamente lusinghiero.

Sia chiaro: tutto è relativo. Il nostro giudizio conta ben poco, quando soprattutto a parlare sono i fatti. L’interesse corale manifestato dal pubblico era evidente agli occhi di tutti, e nessuno può negarlo. Si può essere invidiosi di tale successo, ma, ripeto, è un successo reale, e perfino stupisce per quanto siano bravi gli organizzatori. Quindi onore al merito, anche perché la struttura organizzativa mi pare abbia retto molto bene, e mi pare sia migliorata rispetto alle precedenti edizioni.

Spettacolarizzazione? Sempre nel nostro articolo di due anni fa, accennavamo al rischio spettacolarizzazione in cui si stava inoltrando l’evento:
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Nessun giudizio negativo, sia ben chiaro; ma il rischio permane. D’altronde, là dove vi è un successo mediatico, per ovvie ragioni il rischio resta piuttosto alto, per cui occorre sempre vigilare e prendere le dovute contromisure. Ascoltando comunque gli umori di chi ha vissuto i cinque giorni di manifestazione, questa sensazione non è stata percepita. Forse perché tutto oggi è spettacolo?

Le insidie Quello della spettacolarizzazione – mi spiace se insisto – è un rischio possibile ancora oggi; anche perché, quando una manifestazione regge così bene, vuol dire che sa senz’altro fronteggiare molto abilmente tutte le insidie, e fin qui siamo al sicuro, ma nel medesimo tempo crescono e si rendono più temibili pure i possibili rischi nel fare scivoloni. Le insidie purtroppo sono tante e sono sempre possibili, anche in ragione del fatto che nonostante vi sia un successo oggettivo, direi anche senza precedenti, per il Salone del gusto e per la grande intuizione di Terra Madre, lo stato della realtà, fuori, cambia ben poco. E mi spiego meglio, la forte spinta culturale che il movimento Slow Food ha saputo imprimere con forza e tenacia, negli ultimi anni, non coincide purtroppo con ciò che giorno dopo giorno registriamo nella realtà quotidiana. Un esempio: il fatto che tutti i media erano presenti, e con grande enfasi ed euforia, ci fa senza dubbio molto piacere, ma non ci esime dal chiederci come mai, proprio gli stessi media, a partire dai giorni successivi all’evento, trascurino poi in modo eclatante ciò ch’è da considerare l’elemento fondante del Salone del gusto e di Terra Madre: ovvero, la cultura della terra.
Come è possibile, mi chiedo, che da una parte ci sia una mobilitazione generale – tutti ne parlano e ne scrivono, le telecamere invadono ogni angolo dei padiglioni – e poi, terminata l’esibizione nei giorni della manifestazione, non resta più nulla di tutta quella pur estasiante traccia di attenzioni?
Preciso ancora meglio: il fatto che il più importante quotidiano d’Italia, il Corriere della Sera, non abbia più uno spazio dedicato all’agricoltura; il fatto che in televisione – anche in quella pubblica – non ci sia alcuno spazio di qualità riservato all’agricoltura, quella vera, non quella idilliaca che non esiste – e non ha senso che esita – nella realtà, mi lascia piuttosto perplesso. Tutto si riconduce allo spettacolo, ma la sostanza non viene percepita. Ebbene lo sforzo che Slow Food dovrebbe fare, a partire dal prossimo appuntamento a Torino, è di scalfire quel velo di superficialità che coinvolge i nostri media, dimostrando così il coraggio di fronteggiare quel rischio spettacolarizzazione ch’è sempre una minaccia capace di svuotare l’anima di tutto, anche quella che nutre e feconda le migliori e più nobili manifestazioni di pubblico interesse quali sono appunto il Salone del Gusto e la straordinaria invenzione di Terra Madre.

Un appunto finale. Non è una critica all’organizzazione, perché non ha colpa, ma evidenzio con grande amarezza come, nonostante le Olimpiadi, la città di Torino non sia ancora pienamente all’altezza nell’accogliere i grossi flussi di visitatori. Le strutture di ricezione dimostrano di forzare un po’ la mano, alzando il tiro con i prezzi proprio in coincidenza dell’evento. Gli albergatori non ci fanno una bella figura, e nemmeno la città. Proprio in questi giorni mi giungono mail di albergatori bolognesi in grado di offrire prezzi onesti in cambio di soggiorni splendidi e lussuosi in occasione di una fiera di grande successo come l’Eima. A Torino è diverso, e questo non è bello; non è la prima volta che si va registrando una situazione così poco edificante. Perché, allora, non si muovono le autorità per controllare gli abusi?

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