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UN’INCHIESTA DEL SETTIMANALE “L’ESPRESSO” FA LUCE SU UN LOSCO TRAFFICO DI BRACCIANTI STRANIERI IN PUGLIA. SI TRATTA DI GIORNALISMO SENSAZIONALISTA O DI UNA CORAGGIOSA DENUNCIA?

Ha scatenato una serie di reazioni il servizio di Fabrizio Gatti sulla “industria criminale che prospera grazie a sfruttamento, violenza e omertà”. Unanime la condanna, ma al solito i problemi che affliggono l’agricoltura restano accantonati perché non fanno notizia. Ciò che emerge è solo la “questione immigrati”

09 settembre 2006 | Luigi Caricato

Andare controcorrente non premia, ma a me poco importa.
Voglio partire dall’inchiesta di Fabrizio Gatti, per il settimanale “L’Espresso” del 7 settembre scorso, per formulare alcune doverose considerazioni.



Punto primo: la denuncia di sfruttamento e schiavizzazione degli uomini è cosa ben fatta, e di conseguenza plaudo alla generosa attenzione che Gatti ha voluto riservare (e non è oltretutto la prima volta) a tanta gente indifesa sulla cui pelle in tanti hanno abusato e continuano purtroppo ad abusare, nel silenzio generale degli organi competenti e della stessa società.

Il rilievo dato alla notizia mi sembra dunque, oltre che giusto, doveroso. Tuttavia, qualche dubbio mi sembra legittimo avanzarlo. E cioè: si tratta davvero di giornalismo di denuncia o è piuttosto un puro sensazionalismo finalizzato alla sola problematizzazione del fenomeno immigrazione?

Cerco di essere più diretto, ma a scanso di equivoci premetto che non voglio assolutamente scendere in una chiave di lettura di tipo ideologico: viste le reazioni che si sono registrate da più parti, sorge altrettanto legittimo il dubbio che il fine dell’inchiesta sia soprattutto quello di dare una spallata a una spinosa e mal digerita questione, lasciata aperta con la legge Bossi-Fini.

Intanto, per chi ha non ha avuto l’occasione di leggere l’inchiesta, ecco il link per prenderne visione:
link esterno
Nulla da eccepire, intendiamoci: concordo senza riserve su quanto viene riportato su “L’Espresso”; gli episodi narrati sono gravi e inqualificabili, per barbarie e crudeltà, e nulla – sia certo – è stato ingigantito di proposito, tranne quel tanto che serve per dare corpo alla narrazione e renderla più attraente ed emotivamente intensa. Ciò che si legge è una realtà tragica di cui si tace per codardia o per connivenza, con colpevoli che riescono comunque a farla franca.

Il fenomeno del capolarato è una questione ancora aperta, di cui non si comprende nemmeno la portata, nonostante la forte incidenza su un’area storicamente suscettibile allo sfruttamento dei braccianti.
Lo stesso settimanale, nel suo sito internet, rilancia l’eco dell’inchiesta proprio nella regione incriminata, in Puglia – terra, peraltro, alla cui guida c’è Nichi Vendola e che, nella memoria collettiva, ancora resta vivo il ricordo del sindacalista Cgil Giuseppe Di Vittorio. Lo fa rimandando a ciò che il quotidiano “La Repubblica”, della medesima casa editrice del Gruppo “L’Espresso”, riporta nell’edizione di Bari.
Onore al merito per Fabrizio Gatti, dunque; tant’è che un gran numero di lettori ne ha riconosciuto il coraggio intellettuale e morale, visto che oltrettutto il rischio che ha corso era piuttosto alto.

Tuttavia, a parte tali evidenze, nell’inchiesta permane una macchia: perché, infatti, non si riferisce nulla su uno stato della realtà ben più complesso della semplificazione che ne è stata fatta?
L’agricoltura, in certe aree del Paese, è vittima in senso assoluto della criminalità.
A denunciarne gli esiti tragici, è stata soprattutto la Cia, la Confederazione italiana degli agricoltori, in più occasioni, ma, nonostante tutto, nonostante le molte denunce, nulla è stato fatto. Lavorare in campagna sembra essere una dura condanna.
Dallo sguardo poco lucido di Gatti, ciò che emerge è una campagna dal cuore cattivo, dove vige l’omertà e l’abuso: “Per proteggere i loro affari, agricoltori e proprietari terrieri hanno coltivato una rete di caporali spietati”, scrive l’inviato del settimnale.

Ma è proprio così? Certo, è evidente che il fenomeno esiste, ma ha senso ricondurlo indistintamente agli agricoltori e ai proprietari terrieri tutti, senza alcuna precisazione?
Gatti semplifica a suo modo: “Gli imprenditori fanno finta di non sapere. E a fine raccolto si mettono in coda per incassare le sovvenzioni da Bruxelles”.
Ora, che le sovvenzioni abbiano dato luogo a una serie di abusi è un dato certo, non è una novità, ma – mi chiedo – siamo davvero sicuri che la gente per bene abbia poi beneficiato di tali sovvenzioni? Non sorge per esempio il dubbio, a Fabrizio Gatti e ai suoi sodali, che la criminalità abbia preso il sopravvento sulla società sana, complice una classe politica che lo ha permesso?

Gatti Fabrizio, inviato de “L’Espresso”, conosce i drammi che si consumano in agricoltura? Conosce quanto sia difficile operare, da imprenditori, in una terra di nessuno, travolti dalla burocrazia da una parte, dalla criminalità che taglieggia dall’altra, dall’avidità del mondo politico dall’altra ancora e da un mercato viziato anch’esso dal crimine a corollario di ogni aspetto della vita?
Non credo, perché il silenzio della stampa italiana sul comparto agricolo è un elemento che non gioca a favore del giornalismo nostrano.

Ciò che importa, al giornalista del settimanale “L’Espresso”, è sostenere la sua tesi: l’immigrato-vittima e gli agricoltori-carnefici. Ma non è così. Con il suo approccio, pur lodevole per quanto fa emergere, condanna nel medesimo tempo una categoria di lavoratori lasciatio a se stessi, senza alcuna difesa. Con il suo approccio sensazionalista, si liquida troppo sveltamente una regione di gente onesta e laboriosa, senza rendere giustizia delle tante fatiche che taluni ancora debbono sopportare nel far quadrare i conti nonostante tutto, nonostante il fiato della criminalità sempre addosso e nonostante la pessima classe politica senza traguardi.

Perché allora non si fa una inchiesta seria, di grande respiro, da cui emerga lo stato della realtà nel mondo agricolo in tutta la sua evidenza, senza tuttavia soffermarsi ssu di un solo particolare?
Certo, denunciare lo stato dell’agricoltura in Italia non tira, meglio puntare su temi più appetibili, perché no? Il guaio è che l’agricoltura consuma i suoi drammi nel privato senza che nessuno se ne renda conto dello stato in cui versa. Nessun giornale, in Italia, si va mai occupando del settore al di là dei soliti luoghi comuni, o delle banalità sui prodotti tipici o nell’ambito delle solite emergenze periodiche.

Credo che il contenuto di molte mail del forum dei lettori del settimanale “L’Espresso” siano indicative di quanta scarsa considerazione abbiano gli agricoltori.

Ecco qualche perla:

“…gli imprenditori schiavisti sono rispettati e anche ben finanziati da fondi europei a fronte dei quali nessun controllo sulle condizioni di lavoro viene effettuato. qualcosa cambierà? grazie Gatti”

“…a volte le attività mafiose, non sono solo svolte da persone povere o bisognose, anzi è il contrario, sono svolte da quella parte oligarchica-ricca (IMPRENDITORI)”

“…Dicono che gli italiani non vogliono fare certi lavori. Ma se c'è la concorrenza di immigrati irregolari trattati come bestie, chi vuoi che assuma italiani?”

“…guadagnano sulla salute della gente e sulla testa degli schiavi??: ma nemmeno nel Medioevo si arrivava a questo punto. Che schifo l'Italia!”

“…grazie alla grande trovata di Mastella, quegli agricoltori saranno già usciti di galera per buona condotta, con quella formidabile ideona dell'indulto...perchè non li mangia lui, assieme a tutti i suoi seguaci, i pomodorini ciliegini tossici dei suoi soci?”

“…in Campania ed in Puglia, i carabinieri hanno beccato bande di "agricoltori" (che non sanno nemmeno cosa significhi essere uomini, figuriamoci agricoltori) che compravano la terra in discariche abusive per i loro campi…”

“…provate a vedere quanti padroni di terreni sono in regola (il 90% dei proprietari terrieri sono tutti braccianti agricoli) In questa terra la legge non esiste…”

“…Oggi tutto tranquillo nelle campagne: gli schiavi sono al lavoro, i negrieri fanno i negrieri…”

“…NON COMPRATE PELATI IN SCATOLA PRODOTTI IN ITALIA SONO PIENI DI PESTICIDI E CONGONO SANGUE DI POVERI CRISTI.”


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